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E ora parte il negazionismo sul Vietnam

Fateci caso: dopo mesi di battaglie contro Trump il fascista, la distruzione di statue confederate, la balla delle manipolazioni russe sulle elezioni, le polemiche astiose e continue su qualsiasi cosa facesse il neo presidente, quando quest’ultimo è andato all’Onu a fare apertamente il nazista e a minacciare la Corea del Nord di genocidio, non c’è stata alcuna reazione, non si è alzato un fiato. Anzi, questa manifestazione di estremismo e di imperialismo assoluto deve essere sembrata quasi ovvia alle tante anime belle che ogni giorno, dopo ogni guerra ingiusta e ogni massacro tentano di riverginare gli Usa agli occhi del mondo.

Del resto si tratta in gran parte di quell’ “america di sinistra” che avrebbe votato la Clinton, la quale a sua volta aveva espresso l’intenzione di “annientare totalmente” l’Iran. Quindi non stiamo parlando in un presidente rozzo e al limite della caricatura, di un presidente di destra, ma di un’anima americana di fondo che valica ogni distinzione politica, tanto che proprio sotto Obama – premio Nobel per la pace e nello stesso tempo detentore del record assoluto di sette guerre contemporanee – si è assistito allo sdoganamento nel governo istituzionale del Paese del Pentagono e dei servizi.

Cosa possa significare questo ingresso nel basso impero lo diranno gli anni a venire, sta di fatto che la teoria dell’eccezionalità mischiata al neoliberismo ha formato una miscela esplosiva che adesso non risparmia nemmeno il passato. Con la guerra del Vietnam e l’immensa strage di 4 milioni di vietnamiti e di oltre un milione e mezzo tra cambogiani e laotiani del tutto estranei al conflitto, aveva fatto capolino ciò che sembrava una sorta di “pentimento” e di cambiamento del paradigma di base.

Ma si trattava in gran parte di un’illusione, di una ribellione dovuta al timore della media e alta borghesia di essere personalmente coinvolta nel carnaio, di dover lasciare il dorato college per la giungla o di trovarsi davanti a una bara coperta con la bandiera.

Man mano però quello spirito e quella larvata consapevolezza che si trattasse di una guerra ingiustificata e persino ingiusta anche per gli eccezionali, si è persa per strada e adesso abbiamo una totale revisione della storia.

Per la felicità e l’educazione delle plebi televisive è stata confezionata una nuova serie che probabilmente sarà ammannita anche a noi, intitolata The Vietnam War, in cui tutto viene ribaltato e che pare venire direttamente dalla voglia di riscatto morale dei servizi e del complesso industrial–militare.

Uno dei due autori, Ken Burns, acclamato documentarista della storia nella sua forma più elementare e auroreferenziale, autore di lungometraggi sulla guerra di secessione, sulla grande depressione e sulla storia del jazz, ci offre il significato di quest’ultima fatica: “incoraggiare il Paese a discutere e a riflettere sulla guerra del Vietnam in maniera totalmente nuova”.

E di cosa si tratti lo dice fin da subito la costosissima campagna pubblicitaria che promuove a pieni voti Bank of America, l’istituto di credito che diede il massimo sostegno finanziario al conflitto e che proprio per questo venne dato alle fiamme nel ’71 dagli studenti di Santa Barbara, in California. Invece ora Mr Burns (nomen omen) ringrazia questa banca “per aver sostenuto i combattenti del nostro Paese”.

Naturalmente nemmeno una parola sui milioni di morti provocati dal conflitto che viene definito come frutto di malintesi della guerra fredda, oltreché dell’eccessiva fiducia degli americani nei loro mezzi e dunque nella loro capacità di prepotenza. L’intenzione di offrire una serie che cancelli ogni residuo di cattiva coscienza è evidente non solo da queste parole, ma anche dal primo episodio in cui si spaccia per vero l’episodio del golfo del Tonchino, il false flag che diede avvio all’escalation americana, quando ormai la stessa storia ufficiale lo riconosce come pura invenzione, così come d’altro canto è scritto nero su bianco nei Pentagon Papers.

Chissà, magari in futuro Burns ci dirà che effettivamente Saddam aveva le armi di distruzione di massa, ma insomma la mala fede di allora scavalca quarant’anni e torna a mostrarsi tale e quale, impudente e tracotante. Come in fondo è naturale che sia visto che tutte le guerre americane, a cominciare dalla conquista di Cuba e delle Filippine a fine Ottocento, nascono regolarmente da pretesti inventati o preparati, costituiscono insomma una costante della storia Usa, a cui l’eccezionalità fornisce una costante assoluzione.

Cosi la storia viene ancora una volta uccisa dai “ministeri della verità” che sorgono dentro il mondo dell’identitario ideologico neo liberista, il quale per nascondere se stesso ha lanciato la diversità come oggetto di mercato e nuovo marchio del progressismo depauperato da ogni appartenza di classe e di ceto, in una sorta di finzione dell’uguaglianza su piani generici che ovviamente oblitera il senso di responsabilità anche per ciò che riguarda la barbarie della guerra. Parole di una grande intellettuale americana che sembrano cucirsi addosso con naturale eleganza e repugnanza attorno a certe ambigue figure nostrane il cui impegno non riguarda la società, ma il vocabolario.

In ogni caso il revisionismo vietnamita (che al tempo stesso una sorta di negazionismo della strage) è il segno che la situazione diviene sempre più irrecuparabile anche perché non c’è modo di ribaltare una situazione che si è creata dopo decenni di supina ubbidienza dell’occidente meno estremo: dopo la pubblicazione sulla Suddeutsche Zetung di alcuni documenti segreti della Nato, che svelano come l’opzione nucleare sia la prima ad essere presa in considerazione, il ministro degli esteri tedesco Sigmar Gabriel ha sconsolatamente detto: ”tutti i trattati sul disarmo sono in pericolo e l’Europa ancora una volta rischia di diventare un terreno di scontro militare militare con armi atomiche. Dobbiamo sollevare le nostre voci contro questo.”

Ma mi chiedo quali voci dopo aver partecipato attivamente alla follia ucraina, siriana, libica, irachena, afgana, venezuelana, africana, yemenita, russa, iraniana. Troppo tardi per parlare: accomodatevi in poltrona e guardate come è stata santa e giusta la guerra del Vietnam in attesa che capiti anche qui.

 

da https://ilsimplicissimus2.com.

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1 Commento


  • Francisco

    E’ pur sempre il centenario della Rivoluzione d’Ottobre… stanno mettendo le mani avanti nel caso che a qualcuno venga in mente di celebrarla.

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