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Kurdistan nel limbo, Barzani rinuncia alla presidenza

Proseguirà – così ha scritto in una lettera inviata al Parlamento regionale – a rincorrere, assieme agli amati peshmerga, il diritto di ottenere una nazione kurda, ma per ora Masoud Barzani rinuncia a rivestire l’incarico di presidente del Krg che scade il 1° novembre.

Una decisione controversa ma realistica, seguita alla fase del successo del referendum da lui fortemente voluto e vinto il mese scorso con un consenso del 93%, cui è seguita la minacciosa reazione del governo iracheno. E la minaccia s’è concretizzata in quel movimento di truppe e carri armati giunti sin nel cuore di Kirkuk. Così capitale del petrolio, ripulita dall’Isis a opera dei guerriglieri kurdi, veniva occupata dalle truppe spedite da Baghdad che l’hanno riconquistata senza combattere.

I peshmerga, per non cadere in un conflitto fratricida, si ritiravano anche in virtù delle grandi manovre diplomatiche compiute da potenze locali (Arabia Saudita, Turchia e pure Iran) schierate col governo di Abadi. Visto l’abbandono statunitense al suo piano di consolidare il ruolo autonomo della regione del Kurdistan tramite una ratifica dell’indipendenza, Barzani aveva fatto ripiegare le sue milizie. Le elezioni previste per l’inizio di novembre sono state posticipate di otto mesi e ora c’è bisogno di riempire il vuoto d’incarico e di potere.

La richiesta viene da Barzani in persona, l’ha girata al Parlamento del Kurdistan ben conoscendo le difficoltà che essa suscita, in una struttura rimasta bloccata per due anni. Lui, navigato e astuto politico, resta alla guida del Partito Democratico del Kurdistan, forza maggioritaria nei confronti dell’Unione patriottica (che il 3 Ottobre scorso ha perso il vecchio leader Talabani) e del Gorran, formazione d’ispirazione nazional-liberale che ha fortemente contestato il clanismo e la corruzione presenti nella politica kurdo-irachena.

Si vocifera che nelle manovre di Barzani senior alberghi il piano di aprire la strada per incarichi superiori a suo nipote, Nechirvan, il cacciatore in doppiopetto, già investito del ruolo di premier del Krg. Il nome in kurdo ha questo significato, mentre la descrizione dell’eleganza riguarda la funzione dei contati diplomatici finora svolti, assai attivi per perorare la causa della regione autonoma.

Tale nepotismo è proprio ciò che l’opposizione del Gorran vorrebbe evitare offrendo segnali di discontinuità alla gestione familistica della rappresentanza e del potere. Ma le ramificazioni tribali dei Barzani sembrano avere gioco facile nei territori di Duhok, Erbil, Sulaimaniya, Halabja, le aree del Krg che hanno offerto un riscontro anche nell’urna alle posizioni del Pdk. Ma è il corto circuito creato sulla scena geopolitica a caratterizzare una situazione che rischia di restare congelata per un periodo indefinito.

 

articolo pubblicato su http://enricocampofreda.blogspot.it

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