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I soldati europei resteranno in Mali fino al 2020. Raddoppiati i fondi per l’operazione militare

L’Unione Europea ha prorogato di altri due anni il mandato della missione militare in Mali (EUTM Mali) e lo ha modificato per comprendere tra i propri obiettivi l’addestramento della forza militare multinazionale creata da cinque paesi africani (Mali, Niger, Mauritania, Burkina Faso e Ciad) per combattere le milizie jihadiste. Lo si apprende da un comunicato emanato da Bruxelles, in cui si precisa inoltre che il Consiglio europeo ha anche accettato di quasi raddoppiare il bilancio della missione, che sarà di 59,7 milioni di euro per il periodo dal 19 maggio 2018 al 18 maggio 2020, contro i 33,4 milioni di euro del biennio precedente. Il presidente francese Macron ha già dichiarato che il contingente militare francese rimarrà in Mali fintantoché durerà la lotta contro il terrorismo, senza fornire alcuna indicazione sulla data in cui Parigi ritirerà i propri soldati.

La missione militare EUTM-Mali, conta su circa 600 soldati e riunisce militari europei di 27 paesi (di cui 145 tedeschi), che dal 31 gennaio scorso sono stati posti sotto il comando del generale spagnolo Enrique Millan Martinez.

Ufficialmente i militari europei non parteciperanno a missioni di combattimento, nè accompagneranno unità militari del Mali nelle operazioni.

La missione militare europea in Mali era stata lanciata nel febbraio 2013, a seguito dell’operazione francese contro i jihadisti nel Nord del Mali, ed ha il compito di ricostruire l’esercito maliano, garantendo sostegno logistico, intelligence e addestramento alle unità di combattimento nella base di Koulikoro, situata 60 chilometri a Nord-Est della capitale Bamako. L’attività addestrativa si inquadra in una operazione più ampia denominata CMATT (Combined Advisory Tranining Teams).

In Mali, insieme alla missione militare prettamente europea (EUTM-Mali) agiscono anche i 15 mila militari dell’Onu della missione MINUSMA (che dal2013 ha registrato la morte di un centinaio di caschi blu) tra i quali vi sono oltre 800 militari tedeschi più altri 145 assegnati a Bamako alla missione di addestramento delle forze locali gestita dalla Ue EUTM – Mali.

L’intervento militare europeo in Mali prende pretesto dal colpo di stato che rovesciò il presidente Amadou Toumani Touré (detto ATT) nel marzo 2012.

All’inizio di questa storia, Parigi cercò di cacciare la giunta militare che si era insediata dopo il golpe, costringendo il capitano Sanogo Amadou, che aveva guidato la rivolta, a cedere la sua poltrona ad un governo provvisorio, per altro nominato dalla stessa giunta militare.

Ed è così che nel gennaio 2013 Parigi ha potuto lanciare la propria guerra in Mali come una guerra per “proteggere la democrazia contro l’islamismo”. Ma a complicare lo scenario, come ha ricordato recentemente su Contropiano il giornalista guineano Aïssata Mohamed Kaba, non c’è solo l’iniziativa militare delle milizie jihadiste, c’è anche la competizione tra le varie potenze. Gli Stati Uniti (presenti militarmente in Niger e nel Sahel) si sono sempre dichiarati ostili alla richiesta francese di operazioni in Africa sotto l’egida dell’ONU, riluttanti a finanziare l’esercito francese, ed hanno espresso serie riserve sul G5-Sahel.

(fonti: Afp/Askanews, Difesaonline, Analisi Difesa, Contropiano)

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