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Yemen: non se ne parla ma la guerra continua, e forse conviene a tutti

E’ una delle guerre meno mediatiche degli ultimi anni, quella che dal 2015 insanguina lo Yemen. Una guerra civile atroce, che in tre anni è costata la vita a decine di migliaia di persone, molte delle quali civili, e che ha causato milioni di sfollati, epidemie, crisi alimentari e devastazione.

Da una parte la fazione degli Houti: sciiti, fedeli all’ex presidente Saleh, sostenuti da Hezbollah e (pare) dall’Iran, almeno secondo le accuse di Arabia Saudita e Stati Uniti.

Dall’altra parte i lealisti del presidente Hadi: tendenzialmente sunniti, sostenuti dalle petromonarchie del Golfo – in testa l’Arabia Saudita – e dagli Stati Uniti, oltre a Francia, Regno Unito, Canada, Turchia e qualche altro paese arabo.

Il ruolo principale nelle fila lealiste lo detiene certamente l’Arabia Saudita, che spesso in questi tre anni ha colpito duramente centri abitati e logistici causando molte vittime civili. L’Arabia Saudita è un importante cliente delle aziende italiane che producono armi, e forse questa “cattiva coscienza” è tra le cause del silenzio mediatico che avvolge questa guerra dimenticata.

Che però esiste, e produce drammatici effetti.

E’ notizia di qualche ora fa la morte di circa ottanta miliziani nel corso di violenti scontri nella città di Al-Hudayda, quarto centro per numero di abitanti nello Yemen, che affaccia sul Mar Rosso.

Fonti mediche yemenite riportano dunque la ripresa delle ostilità dopo una debole tregua istituita per permettere una serie di colloqui di pace a Ginevra.

L’incontro, mediato dalle Nazioni Unite, prevedeva un confronto tra i rappresentanti del governo e i ribelli Houti, che avevano posto alcune condizioni non recepite dalla controparte.

Dopo un breve stallo, la delegazione governativa ha abbandonato i colloqui, dando di fatto il via alla ripresa dei combattimenti.

Il timore è che gli scontri tornino ad imperversare senza limiti, producendo una nuova escalation di vittime (solo ad agosto, oltre mille i morti).

A proposito di cattiva coscienza, un ottimo esempio del perchè alla fine disinnescare questo conflitto non convenga a nessuno ce lo regala la Spagna: dopo aver congelato questa estate la fornitura di diverse centinaia di bombe di precisione all’Arabia Saudita, il governo di Madrid pare deciso a tornare indietro. La decisione aveva infatti contrariato il governo saudita, mettendo a rischio una più ampia fornitura di navi militari.

Se confermata, la notizia rafforzerebbe una verità forse banale, retorica, demagogica ma lapalissiana: non c’è numero di morti che possa impedire al treno del capitale di procedere nella sua folle corsa (utilizzando varie scuse, prima fra tutte la ricaduta occupazionale).

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