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L’America reazionaria cancella anche il diritto all’aborto

Gli Stati Uniti sono diventati la fogna della reazione. Decenni di neoliberismo trionfante hanno distrutto istituzioni, relazioni sociali, culture, oltre ad impoverire drasticamente le classi sociali dal “ceto medio” in giù.

In questo deserto si sono lentamente ma inarrestabilmente affermate teorie complottistiche, radicalismi religiosi, istanze razziste (“i bianchi” non ci stanno a diventare “poveri come un negro o un chicano”…) e via elencando. Un mix di follie e rancori che ha prodotto il successo di Donald Trump e l’assalto a Capitol Hill, ma che non sembra affatto superato. Anzi.

L’ennesima riprova arriva a proposito dell’aborto, che sembrava un diritto acquisito per le donne, tanto da essere presentato come una delle (poche) prove sul carattere liberale e progressista del regime statunitense.

Lunedì la testata online Politico ha pubblicato la bozza di una decisione che sta per essere presa dalla Corte Suprema che ribalta la sentenza che dal 1973 garantisce l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza a livello federale negli Stati Uniti.

Lo stesso presidente della Corte, John Roberts, ha poi confermato l’autenticità della bozza.

Il rovesciamento è totale e appare come il frutto delle nomine fatte da Trump (i giudici della Corte Suprema vengono nominati a vita dal presidente Usa ogni qualvolta un membro muore o si ritira spontaneamente), che hanno cambiato la composizione “culturale” dell’organismo, imbottendolo di reazionari.

La sentenza, se resterà quella abbozzata nel testo reso pubblico, ha di fatto il valore di legge.

Negli Stati Uniti, infatti, l’aborto è legale a livello federale grazie alla storica sentenza “Roe v. Wade” del 1973, ma non c’è una legge federale unica che ne stabilisca l’applicazione. Ciascuno Stato si regola come vuole (a secondo delle maggioranze politiche), nei limiti della sentenza. Di fatto, da anni l’aborto è teoricamente legale ma quasi impossibile da praticare negli stati governati dai Repubblicani.

Immediatamente sono partite le manifestazioni, non solo da parte delle donne, perché il Congresso e il Senato “facciano qualcosa”. E teoricamente i democratici – che controllano, oltre alla Casa Bianca, anche i due rami del Parlamento, sia pure con una strettissima maggioranza – potrebbero approvare una legge federale.

Ma non lo faranno. Sul piano numerico perché al Senato – dove teoricamente sono alla pari con i repubblicani (50 contro 50), tanto che per far passare le decisioni presidenziali è necessario che voti anche la vice-presidente, Kamala Harris – hanno in seno la serpe, Joe Manchin, furiosamente anti-abortista.

Ma è sul piano politico che anche i democratici si rivelano dei pezzenti. Invece di dare battaglia subito per far passare una legge, stanno facendo dei luridi calcoli elettorali in vista del voto di midterm, a novembre.

Lì, è ormai sicuro, dovrebbero trionfare in trumpiani, più reazionari e imbufaliti di prima. E quindi i democrats pensano di poter portare il tema del diritto all’aborto come leva per riequilibrare il voto a proprio favore.

Della guerra in Ucraina, a quanto pare, non gliene frega niente a nessuno, laggiù. In fondo a morire sono gli ucraini (e i russi), e ad impoverirsi sono gli europei, costretti a praticare sanzioni suicide.

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