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Intervento armato contro il Venezuela: si moltiplicano i “volenterosi”

Un intervento è in preparazione, non c’è più alcun dubbio. Se l’ambasciatore Usa all’Onu, il presidente dell’Osa e il Financial Times battono contemporaneamente sullo stesso tasto vuol dire che il dado è stato tratto e si sta preparando quello che, a parole, si comincia a definire “necessario”. Finito il non breve periodo in cui l’imperialismo Usa pensava di poter risolvere il problema con la tecnica del “golpe suave” (manifestazioni e scontri promossi dall’opposizione interna, foraggiata e armata dagli stati occidentali) ora ci si rassegna a passare all’azione diretta. Servirà mettere in piedi una “coalizione dei volenterosi”, come sappiamo da quasi 30 anni, e quindi comincia il battage mediatico per far abituare le opinioni pubbliche di Usa ed Europa all’idea di un’altra guerra. “Umanitaria”, va da sé, come quelle contro Iraq, Afghanistan, Libia e vedremo chi altro.

Qui di seguito due articoli. Il primo da L’Antidiplomatico, il secondo da Repubblica. Entrambi decisamente espliciti…

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Fabrizio Verde

«Dobbiamo fare qualcosa», l’ennesimo articolo contro il Venezuela confezionato dalla finanza internazionale (Financial Times) riporta le dichiarazioni di Nikki Halley, rappresentante degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite. Tristemente nota anche per lavorare parallelamente ad un’intervento armato contro la Siria, rea di liberare il suo territorio dai terroristi foraggiati dall’occidente. Nell’articolo del Financial Times si indica espressamente come l’opzione militare contro Caracas sia ancora sul tavolo. Dopo quanto trapelato rispetto alle intenzioni di Trump che nello scorso anno aveva chiesto ai propri collaboratori di studiare un’eventuale invasione del Venezuela. La frase della dirigente statunitense risulta davvero inquietante. Perché è vero il contrario. Gli Stati Uniti e i suoi vassalli, interni ed esteri, hanno fatto fin troppo in Venezuela.

A questo proposito è interessante leggere il pensiero di Alfred de Zayas, esperto indipendente nominato dall’ONU, che ha potuto toccare con mano la realtà in Venezuela. Afferma che le sanzioni imposte al paese da Obama e Trump hanno arrecato molti danni al governo di Caracas, impedendogli finanche di acquistare medicinali. Inoltre, secondo l’esperto indipendente delle Nazioni Unite «sanzioni e blocchi economici di oggi sono paragonabili agli assedi medievali delle città con l’intento di costringerle alla resa. Nel XXI secolo, tuttavia, sono destinati a piegare non solo città, ma paesi sovrani». La differenza è che ora nel XXI secolo sono «accompagnati dalla manipolazione dell’opinione pubblica attraverso notizie false, pubbliche relazioni aggressive e una pseudo-retorica dei diritti umani per dare l’impressione che i diritti dell’uomo giustifichino i mezzi criminali». Un esempio perfetto del tentativo di manipolazione dell’opinione pubblica è rappresentato proprio dall’articolo del Financial Times. Il quotidiano economico britannico, infatti, infarcisce il proprio scritto contro il Venezuela con l’opinione dei soliti noti in servizio permanente contro il governo di Caracas.

Ci riferiamo a Ricardo Hausmann e Moses Naim, già esponenti di governo in Venezuela, nel periodo precedente l’avvento del chavismo e della Rivoluzione Bolivariana. Vale la pena ricordare che in quel periodo di certo l’economia di Caracas non viaggiava a gonfie vele. Tutt’altro. L’inflazione era a tre cifre senza guerra economica; la povertà in costante crescita; il popolo costretto a languire nella miseria senza alcun sostegno sociale da parte dello Stato. La rivolta repressa nel sangue, conosciuta come il Caracazo, è il simbolo della ‘larga noche neoliberal’ in Venezuela. Solo grazie al chavismo e alla Rivoluzione Bolivariana la situazione è mutata radicalmente. Un dato su tutti: sono state costruite e consegnate oltre 2 milioni di case popolari già arredate. Riguardo alla narrazione che vuole il Venezuela in crisi umanitaria. Questa è funzionale ai venti di guerra che soffiano da Washington a Caracas. Il pretesto da dare in pasto all’opinione pubblica per scatenare l’invasione.

A tal proposito, il rapporto vergato da Alfred de Zayas ha rimarcato che in Venezuela «c’è una crisi economica che non può essere paragonata alla crisi umanitaria in Yemen, Libia, Siria, Iraq, Haiti, Mali, Repubblica Centrafricana, Sudan, Somalia o Myanmar», secondo i dati della Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi (CEPAL) e l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura. Secondo de Zayas, questa affermazione si basa, inoltre, sul fatto che nei rapporti della FAO di dicembre 2017 e 2018, «il Venezuela non compare nelle 37 crisi alimentari del mondo considerate dall’organismo». In questo contesto, per lui siamo in presenza di una «campagna mediatica che cerca di forzare la percezione che ci sia una crisi umanitaria nel paese», che può essere usata impropriamente come pretesto per l’intervento militare.

Il quotidiano britannico rende conto inoltre della posizione di Marco Rubio. Senatore statunitense sempre schierato contro i governi progressisti e socialisti latinoamericani. Fiancheggiatore delle peggiori destre estreme e fasciste della regione. Per non parlare degli ambienti mafiosi di Miami. Insomma, un estremista guerrafondaio e reazionario. Però puntualmente dipinto come un uomo che ha a cuore la ‘libertà’ dei popoli latinoamericani. Forse si riferisce alla libertà di essere sfruttati come limoni o di venire uccisi se osano alzare la testa come accade sistematicamente in Colombia.

Lo stesso paese da cui repressione violenta e politiche neoliberiste hanno espulso oltre 5 milioni di cittadini, adesso ospitati in Venezuela. Paese dove godono anche di tutte le protezioni sociali negategli dal proprio paese d’origine. Caracas non ha mai strepitato in cerca d’aiuto e fondi per questa generosa accoglienza. Come ricordato in una recente conferenza stampa dal presidente Nicolas Maduro, che ha poi informato come il governo da lui presieduto stia studiando di chiedere un indennizzo al governo colombiano per tutti i migranti accolti in Venezuela negli anni. In conclusione, il vergognoso articolo del Financial Times, si vede costretto ad ammettere che ovunque vi sia stato un intervento armato statunitense adesso regna il caos e la vera emergenza umanitaria. Afghanistan, Libia e Iraq rappresentano esempi lampanti in tal senso.

Ma che importa alla finanza internazionale: i paesi che dicono no all’imperialismo prima si distruggono ma dopo i milioni tra morti e profughi scatta l’ora della speculazione. Vero Financial Times?

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Ma non è soltanto la stampa anglosassone a spingere per l’intervento militare. Anche il segretario dell’Osa (dovrebbe essere l’organizzazione degli stati americani, in realtà è solo un braccio diplomatico degli Usa), Luis Almagro, ha detto di non escludere l’uso della forza per “rovesciare” il governo di Nicolas Maduro, definito “una dittatura” e a suo dire “responsabile della grave crisi economica, umanitaria e migratoria del Paese”.

Qui l’articolo prontamente rilanciato dai servi di Repubblica:

Alberto Custodero

Il Segretario Generale dell’Osa, Luis Almagro, ha detto oggi che “un intervento militare” in Venezuela non dovrebbe essere escluso per “rovesciare” il governo di Nicolas Maduro, responsabile della grave crisi economica, umanitaria e migratoria del Paese sudamericano. In una conferenza stampa nella città colombiana di Cucuta (sul confine tra Colombia e Venezuela), Almagro ha precisato che “per quanto riguarda un intervento militare volto a rovesciare il regime di Maduro, non dovremmo escludere alcuna opzione”.

Il Segretario Generale degli Stati Americani ha detto poi che “un intervento militare” in Venezuela non dovrebbe essere escluso per “rovesciare” il governo di Maduro, responsabile della grave crisi economica, umanitaria e migratoria del paese. Il leader dell’Organizzazione degli Stati americani (Osa), che il presidente Maduro accusa di “ingerenza”, ha sostenuto la sua dichiarazione citando “violazioni dei diritti umani” e “crimini contro l’umanità” commessi “dal governo venezuelano contro il suo popolo”.

 

“Di fronte alla sofferenza della gente – ha argomentato – di fronte all’esodo della popolazione che il governo venezuelano ha provocato, le azioni diplomatiche devono prima essere portate avanti, ma non dobbiamo escludere nessun’altra azione”.

Almagro, che termina venerdì una visita di tre giorni in Colombia per conoscere l’ondata migratoria dei venezuelani, ha messo in dubbio la “dittatura” di Maduro per aver rifiutato di ricevere aiuti umanitari di fronte alla grave crisi economica che colpisce il Paese. Ha poi aggiunto che il potere venezuelano ha usato “miseria, fame, mancanza di medicine e strumenti repressivi per imporre la sua volontà politica alla gente”.
È inaccettabile”, ha dichiarato. I venezuelani, strangolati dalla crisi economica, soffrono di carenze che riguardano i beni di prima necessità, comprese le medicine e il cibo. Secondo le Nazioni Unite, dei 2,3 milioni di venezuelani che vivono all’estero, oltre 1,6 milioni sono fuggiti dal 2015. Undici paesi dell’America Latina si sono incontrati per la prima volta la scorsa settimana sulla crisi dei migranti venezuelani, e hanno invitato Caracas ad accettare aiuti umanitari per arginare questo afflusso che destabilizza la capacità di accoglienza della regione.

Nei giorni scorsi – durante una visita a Cartagena de Indias, in Colombia, dove ha incontrato il presidente Ivan Duque – Almagro aveva sottolineato che le migrazioni di massa dei venezuelani in fuga dalla crisi nel loro Paese potrebbero essere risolte da un governo democratico. “La crisi migratoria venezuelana è risolta dalla democrazia nel Paese”, una necessità molto chiara, altrimenti il regime continuerà a mentirci, continuerà a dirci che non c’è crisi, non ci sono carenze, che il problema non ha dimensione umanitaria”.

Il Venezuela, che detiene le maggiori riserve petrolifere del pianeta, ma si trova nel mezzo di una crisi economica. “La crisi migratoria venezuelana è assolutamente immorale perché dimostra l’indolenza di un governo quando si affrontano i problemi, i bisogni della sua gente”. Almagro ha messo in discussione il “regime” di Nicolas Maduro che ha definito”dittatoriale” per negare le migrazioni di massa e la crisi in Venezuela.
Da parte sua, il presidente venezuelano Maduro accusa l’Osa di “interferenze”. “Ma il tentativo di sostenere questa bugia – ha replicato Almagro – è sicuramente un atto immorale”. Il Segretario generale dell’Osa ha accolto con favore l’accoglienza riservata ai migranti venezuelani in Colombia, che hanno ricevuto più di un milione di persone, di cui oltre 820.000 regolarizzati. La Colombia intende proporre alla prossima Assemblea generale delle Nazioni Unite la nomina di un inviato speciale delle Nazioni Unite per coordinare le misure adottate. Almagro dovrebbe terminare la sua visita sabato a Cucuta, il principale punto di ingresso per i venezuelani in Colombia, dove incontrerà le autorità locali e visiterà i siti di migranti.

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2 Commenti


  • marco

    bhe è ovvio.
    considerando la crisi di consensi di proporzioni bibliche di cui soffrono i governi temer e macrì sponsorizzati come teste di ponte contro l’alzata di testa sud americana, gli USA hanno la necessità di sbrigarsi a risolvere la questione prima di perdere i due importanti appoggi che hanno pagato fior di milioni


  • massimo ceci

    Spero vivamente che non ce la facciano, il continente centro e sud americano ha già sofferto abbastanza dell’ingerenza senza vergogna dell’imperialismo criminale Usa nei decenni passati.

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