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Un bilancio del governo Syriza. Cosa Tsipras si lascia alle spalle

Con l’avvicinarsi delle elezioni europee, la prima prova elettorale dopo le elezioni legislative del settembre 2015, è sempre più necessario fare un bilancio del mandato di Tsipras e del suo governo. Coloro che persistono nel vedere nella sinistra l’espressione politica organizzata dei lavoratori e delle classi lavoratrici non dovrebbero sentire la minima difficoltà a cogliere l’entità dei danni.

Nei luoghi di lavoro e nei quartieri popolari, il clima di frustrazione e pessimismo è esattamente l’opposto delle speranze suscitate dall’OXI (No) sul piano Juncker durante il referendum del luglio 2015. Questa inversione di tendenza è il risultato della politica attuata dal governo Syriza negli anni successivi. Il calo della quota dei salari e delle pensioni in rapporto alla quota dei profitti sul PIL, la continua riduzione della spesa sociale (di cui una delle conseguenze sono state le decine di morti negli ospedali pubblici abbandonati a causa di una comune epidemia di influenza), la continuazione delle privatizzazioni (come quelle dei porti del Pireo e di Salonicco, degli aeroporti venduti a Fraport, della società elettrica DEH e delle raffinerie ELPE) è il vero volto del programma di Tsipras, che sostiene di “resistere al neoliberismo”.

Sulla base di questo bilancio, il governo è riuscito ad ottenere alcuni “piccoli regali” dai creditori, come il recente accordo sul rimborso anticipato di parte del debito al FMI. L’impatto economico reale di questo accordo di alto profilo è limitato ad un “risparmio” di circa 150 milioni di euro sugli interessi dovuti, ma il suo utilizzo simbolico da parte di Tsipras sarà certamente sproporzionato rispetto a questo guadagno.

Il problema è che tali “successi” sono impegni in programmi e politiche specifiche, e portano alla luce l’esigenza di vedere degli autentici neoliberali ritornare al potere. Citiamo alcuni esempi recenti.

Poul Thomsen, rappresentante del FMI nella Troika, ha accolto con favore l’intenzione del governo greco di anticipare parte del debito nei confronti del FMI. Tuttavia, egli è stato veloce a sottolineare l’obbligo dello stesso governo di rispettare gli altri impegni, vale a dire di abbassare la soglia d’imposizione fiscale e di effettuare ulteriori tagli alle pensioni nel 2020, come condizione per ridurre l’imposta sul reddito delle società, una misura che, secondo lui, è necessaria per “sostenere gli investimenti”.

Allo stesso tempo, Miltiadis Nektarios (ex direttore della Previdenza Sociale del governo “modernizzatore” di Costas Simitis e membro del “Comitato dei saggi” incaricato di studiare la riforma del sistema assicurativo) ha detto che nei primi sei mesi di un nuovo governo, sarebbero stati necessari aggiustamenti draconiani, come la creazione di un “nuovo sistema sanitario pubblico”, che avrebbe trasformato tutti gli ospedali pubblici in organismi di diritto privato, e una nuova regolamentazione generale delle assicurazioni sociali basata sul ruolo guida delle compagnie di assicurazione private.

Sono quindi i “successi” di Tsipras nell’attuazione della politica neoliberale del terzo memorandum che aprono la strada al ritorno al potere della destra e del suo leader Kyriakos Mitsotakis. Questi “successi” non fanno che incoraggiare la voracità della classe dirigente, che richiede contro-riforme sempre più “audaci”, che la destra di Mitsotakis realizzerà come ha fatto in passato.

In questo contesto, l’identificazione di Syriza con la social-democrazia europea – questo è il messaggio che Tsipras ha scelto di inviare da Galatsi il 9 aprile – non è un ritiro difensivo [1]. Le dure esperienze ci hanno infatti insegnato che, al momento della sua degenerazione, la socialdemocrazia è diventata un veicolo per l’imposizione del neoliberismo. Il tentativo di Tsipras di aprirsi al “centro-sinistra” è un’ulteriore svolta a destra, che porta alla dura politica e alla sconfitta elettorale contro la destra autenticamente neoliberale guidata da Mitsotakis.

L’allineamento atlantista

Purtroppo, i crimini politici commessi dai leader di Syriza non si limitano ai settori dell’economia e della politica sociale. Il disgustoso allineamento con la politica americana – e questo ai tempi di Donald Trump! – e il rafforzamento dell’“asse” militare e diplomatico con lo Stato sionista israeliano costituiscono una delle eredità più pericolose della “sinistra del governo”.

Ciò che Tsipras e i suoi ex ministri degli Esteri e della Difesa, Nicos Kotzias e Panos Kammenos, hanno messo in atto, o tollerato, nella regione è condensato nell’ultima iniziativa promossa dalla presidenza Trump: il disegno di legge bipartisan dei senatori Bob Mendes e Marco Rubio, rispettivamente democratico e repubblicano, intitolato “Progetto di legge sulla cooperazione in materia di sicurezza e d’energia nel Mediterraneo orientale” [2]. Questo progetto deve essere considerato una grande sfida per la sinistra e per le forze di un vero anti-imperialismo in Grecia.

Il progetto di legge prevede la revoca dell’embargo sulle armi nei confronti di Cipro, l’assistenza militare supplementare alla Grecia e il sostegno alla cooperazione trilaterale Grecia-Cipro-Israele nei settori dell’energia e della difesa. Questa legislazione riorienterebbe la politica degli Stati Uniti nella regione all’interno di un quadro strategico globale. Essa impone agli Stati Uniti di fornire protezione militare e diplomatica alla Exxon Mobil e ad altre compagnie petrolifere del Mediterraneo orientale, pur rilevando che gli Stati Uniti considerano le opinioni di Israele, Cipro, della Grecia e dell’Egitto sulla “Zona economica esclusiva” (ZEE) equivalenti al “diritto internazionale” di quella regione.

Il progetto di legge annuncia anche importanti programmi di armamento per i paesi in questione, aprendo la strada alla vendita di aerei F35 e fregate alla Grecia. Avverte la Turchia che qualsiasi “violazione” della “sovranità” della ZEE dei paesi citati, un’area che supera di gran lunga le acque territoriali e lo spazio aereo nazionale dei paesi interessati, sarà ora oggetto di una risposta da parte delle forze armate statunitensi e della NATO. Allo stesso tempo, la marina francese sta inaugurando una base navale permanente a Cipro, mentre la Gran Bretagna ha annunciato l’intenzione di trasferire il suo F35 da Norfolk alle sue basi di Cipro.

L’intervento è così crudo che anche i giornalisti che di solito difendono la linea tradizionale non osano (ancora) rallegrarsi. Molti ricordano il destino della “Grande Idea” nel 1922. Nel tentativo di distruggere l’impero ottomano, le forze imperialiste vittoriose della prima guerra mondiale incoraggiarono i leader greci di allora, il primo ministro Venizelos e il re, nelle campagne dell’Asia Minore. Una volta garantiti i propri interessi, si disimpegnarono, lasciando greci e turchi a uccidersi a vicenda felicemente.

Questa politica, la politica del militarismo e della corsa agli armamenti, la politica della NATO e degli Stati Uniti, la politica che espone il nostro popolo ai piani di guerra più pericolosi, una politica che incoraggia obiettivamente il nazionalismo, è certamente uno degli aspetti più tossici di ciò che il governo Syriza si lascia alle spalle.

Recentemente, il quotidiano greco della diaspora negli Stati Uniti The National Herald, un giornale identificato con la dura destra greca e americana, ha chiesto il licenziamento di Geoffrey Pyatt dalla sua posizione di ambasciatore statunitense ad Atene, accusandolo di sostenere oltraggiosamente Alexis Tsipras [3]. L’ambasciata ateniese ha risposto in maniera molto decisa, spiegando che il sostegno al governo di Tsipras rifletteva la “politica degli Stati Uniti” (“It is a matter of U.S. government policy”) e non le preferenze personali del signor Pyatt. Questa risposta dovrebbe essere un vero motivo di vergogna per Syriza.

E l’estrema destra?

Data la politica neoliberale che ha attuato e la sua inflessibile adesione alle scelte degli Stati Uniti e della NATO, l’invito di Tsipras ad impegnarsi in una “resistenza all’estrema destra” suona come un brutto scherzo.

Il governo Syriza ha trattato rifugiati e migranti attraverso le pattuglie di Frontex, creando “campi” chiusi lungo il confine, rifiutando di fornire loro documenti che permettessero loro di vivere e muoversi legalmente, all’interno del paese o di continuare il loro viaggio altrove. Questa politica non fa che portare acqua al mulino dell’estrema destra razzista.

Anche il governo di Tsipras ha avuto quattro anni interi per completare il processo ai leader di Alba Dorata e fornire all’opinione pubblica prove inconfutabili della sua azione omicida. Mentre come partito Syriza cerca di darsi un profilo “antifascista”, rafforzando alcune alleanze con le reti antifasciste, il governo ha fatto in modo che il processo Alba Dorata si concluda solo dopo le prossime elezioni legislative. Si corre quindi il rischio che una decisione venga presa sotto un governo di destra, in un contesto in cui le varie reti vicine all’estrema destra si sentiranno molto più a loro agio e non esiteranno ad entrare in conflitto con l’opinione pubblica.

Dal punto di vista degli interessi dei lavoratori e delle classi lavoratrici, è quindi strettamente impossibile difendere questa patetica politica, questo patetico governo. La questione cruciale è uscire dal dilemma Tsipras–Mitsotakis, consapevole del pericolo del suo ritorno al potere. L’unica via d’uscita è iniziare a ricostruire una politica di massa in contrasto con il neoliberismo, il nazionalismo e il razzismo.

Note:

[1] In una riunione nel sobborgo ateniese di Galatsi, Alexis Tsipras ha formalizzato l’apertura di Syriza al “centro-sinistra” e ha chiesto la creazione di una “alleanza progressista” a livello nazionale ed europeo. Tra i candidati e sostenitori di Syriza in Europa ci sono molte “personalità” del PASOK. Le liste di Syriza includevano anche la “Sinistra Democratica” (DIMAR), una separazione di destra da Syriza nel 2010, che aveva partecipato a una coalizione di governo a fianco della destra e del PASOK tra il 2012 e il 2013. In precedenza faceva parte della coalizione di centro-sinistra KINAL (Movimento per il Cambiamento) creata dai detriti del PASOK e delle formazioni centriste e che Tsipras corteggia costantemente. Vedi: http://www.ekathimerini.com/239367/article/ekathimerini/news/tsipras-tries-to-rebrand-syriza-party

[2] Vedi: https://www.tovima.gr/2019/04/10/international/bi-partisan-us-senate-act-to-end-arms-cyprus-embargo-offers-aid-to-greece

[3] Vedi: http://www.thenationalherald.com/241071/us-ambassador-rejects-tnh-publishers-call-for-transfer-denies-meddling

 * Antonis Davanelos, ex membro del segretariato Syriza, è membro della direzione della DEA (Sinistra internazionalista dei lavoratori) e del segretariato dell’Unità Popolare. Nel 2004, la DEA è stata una componente fondante di Syriza, poi lasciata nell’estate del 2015 per creare, insieme alle altre componenti della Piattaforma di sinistra, cui si sono aggiunte altre organizzazioni di sinistra radicale, Unita Popolare.

Si ringrazia Stathis Kouvélakis per la diffusione in francese dell’articolo, pubblicato su Contretemps. Traduzione in italiano a cura di Andrea Mencarelli (Potere al Popolo).

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