Menu

Terrorismo ucraino: in Donbass come in Siria

Per rimpolpare le file dopo le perdite subite a maggio nella loro offensiva su Hama, le bande jihadiste stanno conducendo una forsennata campagna di reclutamento in giro per il mondo, comprese alcune regioni dello spazio post-sovietico.

Secondo riafan.ru, dopo l’uccisione – sembra, a opera dei cosiddetti “ribelli moderati” siriani – di uno dei capi di “Hay’at Tahrir al-Sham”, il crimeano Abdul-Ilgiz al-Kerim, in Siria dal 2016 e in precedenza inquadrato nel battaglione “Crimea” aggregato a “Pravyj Sektor”, è arrivato in Crimea il suo conterraneo Abu Cengiz. Scopo ufficiale del viaggio, sarebbe stato quello di consegnare gli effetti di Kerim ai familiari. Ma le fonti su cui si basa riafan.ru parlano di incontri di Cengis, oltre che in Crimea, anche in varie zone della regione di Kherson e nella stessa Kiev, per reclutare nuovi combattenti per le formazioni islamiste.

Non sarebbe casuale la scelta di Kherson, in cui agiscono apertamente il gruppo “Asker” e il cosiddetto “battaglione Noman Čelebidžikhan”, formazioni nazionaliste dei tatari di Crimea, che controllano gli affari criminali nella regione di Kherson (al confine con la Crimea) e hanno da sempre ampi contatti con gruppi islamisti legati a al-Qaeda.

A Kiev, Cengis trova terreno fertile negli ex combattenti del battaglione tataro “Crimea”, tuttora protetti dal Medžlis e dai Servizi ucraini, nonostante il battaglione sia stato sciolto nel 2015, dopo la disfatta a Ilovajsk e il susseguente passaggio dei suoi componenti alla criminalità comune nelle zone del Donbass controllate da Kiev. Lo stesso capo del Medžlis, Mustafa Džemilev, ha più volte parlato del ruolo dei tatari crimeani in Siria, nei raggruppamenti del “Jamaat di Crimea”.

Tra le bande islamiste in Siria si conterebbero oltre duemila uomini provenienti da diverse regioni della Russia; in Crimea, i reclutamenti sarebbero iniziati diversi anni fa: già prima del 2014, scrive news-front.info, almeno un centinaio di crimeani, per lo più originari di Simferopoli, erano partiti per la Siria. Sembra che l’attacco terroristico a Aleppo dell’aprile 2013, sia stato portato a termine da “Ramazan” (Ramazan Mukhtarov: originario di Simferopoli) membro della “Casa di Crimea” che, su un camion carico di tritolo, si era fatto esplodere contro un ospedale, causando 70 morti e oltre 100 feriti.

D’altronde, quella delle formazioni jihadiste, non è che una delle varianti dei raggruppamenti terroristici agli ordini di Kiev, sia che combattano in Donbass, che fuori dei confini ex sovietici: al pari degli islamisti, anche i “puri ariani” non mancano mai di far sfoggio delle proprie “credenze”. Agli inizi di maggio, le milizie della DNR hanno filmato nei pressi di Marjnka, a ovest di Donetsk, come i nazisti del battaglione “Azov”, giunti in rinforzo alla 24° Brigata meccanizzata dell’esercito, avessero marcato il territorio con la bandiera della Wehrmacht nazista.

Quegli stessi nazisti di “Azov”, alcuni reparti del quale erano stati messi in fuga dai miliziani della DNR, mentre cercavano di penetrare le linee difensive della Repubblica nella zona di Gorlovka: andati a finire su un campo minato, gli attaccanti hanno lasciato sul terreno due morti e nove feriti. Che le milizie non lascino comunque spazio al terrorismo ucraino, lo mostrano anche alcuni brevi video, che si riferiscono a come gli esploratori delle milizie reagiscano a ogni tentativo di infiltrazione dei reparti di Kiev.

A quanto pare, con l’entrata in carica del nuovo Presidente dell’Ucraina golpista, Vladimir Zelenskij, che tanto aveva parlato, durante la campagna elettorale, di voler “por fine alla guerra a qualsiasi costo”, di fatto poco è cambiato per il Donbass. E anche se quelle di Zelenskij sono al momento solo parole, i neonazisti al fronte se ne infischiano anche di quelle e mandano a dire a “Zela” che loro continueranno tranquillamente a bombardare.

Ancora nella notte tra 8 e 9 giugno, le forze ucraine hanno martellato per ore l’area di Gorlovka, con l’impiego di mortai pesanti e obici da 152 mm: bersagliate Zajtsevo, Mikhajlovka, Golmovskij; feriti alcuni civili, le cui abitazioni sono finite sotto il fuoco ucraino. Il giorno precedente, una colonna di mezzi pesanti ucraini – obici semoventi, batterie razzi “Grad”, carri e autoblindo – era stata avvistata in movimento sulla direttrice Artëmovsk-Popasna, verso la LNR. Il 6 giugno era invece toccato all’area di Jasinovataja a esser bersagliata da mortai e razzi ucraini posizionati nella zona di Avdeevka: danneggiate alcune abitazioni, altre sono andate a fuoco.

In ogni caso, le mosse di Zelenskij sono quantomeno ambigue. Le milizie puntano a mettere in risalto le contraddizioni tra il neo Presidente e le forze più oltranziste al fronte; ma non mancano nemmeno di mostrare come, anche sul piano “puramente diplomatico”, Kiev non vada nella direzione sperata. Come ha dichiarato Andrej Kočetov, del presidium dei Sindacati di Lugansk, il fatto che Zelenskij abbia confermato il ritorno dell’ex Presidente ucraino Leonid Kučma a rappresentare Kiev ai colloqui di Minsk, testimonia del fatto che Kiev non ha intenzione di mutare la situazione in Donbass.

Ho la concreta impressione che, da majdan in poi, le elezioni in Ucraina si siano trasformate in una serie assurda di slogan imbevuti di menzogne”, ha detto Kočetov, e “la campagna elettorale di Zelenskij non ha fatto eccezione. Le promesse del ritorno di Crimea e Donbass” nella compagine ucraina “per via pacifica, si sono dissolte una settimana dopo le elezioni: i bombardamenti si intensificano e non c’è il minimo accenno di desiderio del nuovo Presidente a cessare il fuoco e avviare il dialogo con il Donbass”. Non si debbono nutrire “illusioni sui rapporti con l’Ucraina. Il Donbass ha pagato col sangue la scelta e il diritto a vivere secondo le proprie tradizioni, a essere parte integrante del mondo russo, integrarsi al massimo nella Federazione Russa e non avere nulla in comune con lo stato nazista ucraino” ha concluso Kočetov.

Quanto la continuità golpista si manifesti anche all’interno dell’Ucraina, lo dice la dichiarazione rilasciata da “Piattaforma di opposizione – Per la vita“, che fa capo all’ex candidato alle presidenziali Jurij Bojko e al suo consigliere Viktor Medvedčuk, in cui si accusano Zelenskij e Servizi di sicurezza ucraini di persecuzioni politiche, pari pari come sotto l’ex primo presidente golpista: “Arbitrii, azioni criminali su commissione e repressione politica, utilizzati dal sistema criminale di Porošenko, non solo non sono stati eliminati con l’arrivo di Zelenskij, ma continuano a essere attivamente utilizzati”.

E’ così che, secondo i sondaggi, Jurij Bojko – un paio di giorni fa, come lo scorso 22 marzo, lui e Medvedčuk si sono incontrati a Piter con il capo di “Gazprom” Aleksej Miller, per discutere delle forniture di gas russo all’Ucraina a prezzo scontato – sarebbe in testa alle preferenze per la carica di Primo ministro (12,9%), davanti a Julija Timošenko (11,3%), l’attuale premier Vladimir Grojsman (4%) e Petro Porošenko (2,6%) che, appena pochi giorni fa, aveva dichiarato di vedersi bene nel ruolo di premier, non foss’altro che per non lasciare a metà il lavoro iniziato da presidente golpista.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *