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Algeria. Tebboune presidente della discordia

Giovedì 24 milioni di elettori algerini sono stati chiamati alle urne per eleggere un nuovo presidente all’uscente Abdelaziz Bouteflika (aprile 2019). Un paese più diviso che mai tra quelli, la stragrande maggioranza, che considerano queste elezioni illegittime ed una minoranza che le ha viste come l’unica via d’uscita da questa impasse politica.

Mohammed Charfi, presidente dell’Anie (Autorità Nazionale Indipendente delle Elezioni) – ieri aveva etichettato queste elezioni come «le prime veramente democratiche nella storia del paese» – ha annunciato che il tasso di partecipazione nazionale è stato del 39,9%. Una bassa affluenza anche in confronto alle precedenti presidenziali del 2014, quelle del quarto mandato di Bouteflika, che avevano avuto il 50,7%.

Il nuovo presidente della repubblica sarà Abdelmajid Tebboune, diverse volte ministro e premier nel 2017 sotto la presidenza Bouteflika, che ha ottenuto il 58% dei suffragi, senza dover andare al secondo turno. Poco importa per i manifestanti ed il movimento Hirak visto che il profilo dei candidati – tutti collegati all’era Bouteflika e etichettati come issaba (banda mafiosa) – ha ulteriormente cristallizzato il rifiuto di queste elezioni come un tentativo del “sistema”, considerato monolitico, obsoleto e resistente a qualsiasi cambiamento.

Manifestazioni oceaniche giovedì e ieri – 43° venerdì di protesta – contro il risultato del voto in tutte le principali città algerine, nonostante l’ingente apparato di sicurezza che in molti casi, come ad Algeri e Costantine, ha caricato e arrestato i manifestanti. Alcune sedi dell’Anie, a Bouira ed Algeri, sono state distrutte dalla popolazione.

Appelli da parte delle opposizioni democratiche – con i principali partiti della sinistra Ffs, Pt, Rcd – di mantenere la protesta pacifica come «dimostrato dall’hirak in questi nove mesi, anche per evitare una maggiore militarizzazione del paese».

Il nuovo presidente Tebboune,74 anni, subisce un grave deficit di legittimità popolare e dovrà affrontare una protesta popolare probabilmente ancora più forte e determinata nei suoi confronti. Come «irregolari» sono considerate queste elezioni e l’attuale situazione politica con Bouteflika dimessosi ad aprile, temporaneamente sostituito da Abdelkader Bensalah per tre mesi e con l’ascesa del potere militare e del vero uomo forte del regime, Ahmed Gaïd Salah, che ha rivendicato il «successo di queste elezioni ed ha confermato che le forze armate hanno mantenuto la loro neutralità nei confronti dei 5 candidati».

Al contrario, secondo la stampa algerina, Abdelmajid Tebboune è considerato il candidato più vicino alle posizioni di Salah. Appena formalizzata la sua elezioni Tebboune ha dichiarato di essere la persona giusta per aiutare la nazione, visto che «con cinquant’anni di esperienza, credo di avere gli argomenti e i mezzi per porre rimedio alla crisi morale, economica, politica, culturale e generazionale».

Riguardo al movimento dell’hirak ha affermato che «le proteste pacifiche sono state una benedizione per un vero cambiamento nel paese, dopo anni oscuri di corruzione e difficoltà economiche legate anche alla presenza di un presidente che non poteva più svolgere le sue funzioni e ancor meno candidarsi per un quinto mandato».

Bisognerà vedere, in realtà, quanto riuscirà ad attuare il suo programma di riforme costituzionali ed economiche e soprattutto «se aprirà ad una costituente per la creazione di una nuova repubblica» come richiesto in questi mesi dai partiti dell’opposizione democratica. L’unica certezza, per il momento, è che l’hirak non lo riconosce come presidente e lo contesta.

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