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Hezbollah. Nasrallah: “Questo è l’inizio di una nuova era di lotta”.

Gli Stati Uniti pagheranno per il loro errore. L’assassinio di Soleimani apre una nuova era nella quale gli Usa non saranno più sicuri in questa regione e saranno costretti ad abbandonare il Medio Oriente”. Parole durissime, quelle del Segretario Generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, rivolte al presidente americano Donald Trump in relazione all’uccisione del generale della brigata iraniana Quds, Qassem Soleimani, e del numero due delle Hashd Shaabi irachene (Unità di Mobilitazione Popolare, Ump), Abu Mahdi Al Mouhandis.

Le prime reazioni al discorso di lunedì 13 gennaio sono arrivate dalla stampa israeliana, che conosce bene la concretezza di Nasrallah e sa che le parole del suo discorso non sono delle semplici minacce, ma si concretizzeranno in azioni militari contro i due principali bersagli: le basi americane in Medio Oriente (Siria, Iraq) e Israele. Il quotidiano Haeretz afferma che “il presidente Trump ha commesso un grave errore strategico, seguendo le indicazioni e gli interessi elettorali suoi e di Benjamin Netanyahu, al di sopra di quelli del suo paese e di quelli israeliani”.

L’uccisione di Soleimani” dichiara il direttore del quotidiano online Rai Al Youm, Abdel Bari Atwan, “apre una nuova fase del conflitto in tutta l’area mediorientale. Fino ad oggi le truppe americane non sono mai state dei target militari, in virtù di un tacito accordo tra Usa e Iran in base anche al concordato sul nucleare firmato durante la presidenza di Barack Obama, ma dal 3 gennaio tutto è cambiato”.

Lo stesso bombardamento con 11 missili iraniani contro la base americana di Ain al-Assad viene considerato non tanto una risposta militare o la vendetta da parte di Teheran per l’uccisione di Soleimani, ma piuttosto una dimostrazione significativa delle capacità militari dell’esercito iraniano, messaggio inviato indirettamente anche a Tel Aviv.

Polemiche, quindi, da parte della stampa israeliana nei confronti dell’alleato americano. Ehud Yaari, esperto militare del canale israeliano Channel 12, in riferimento alle parole di Trump, ha dichiarato che “chi crede che senza Soleimani il mondo sarà migliore si sbaglia, perché adesso tutto è cambiato in peggio, soprattutto per Israele”.

Da parte sua l’analista politico israeliano Moaf Fardi ha affermato: “Ciò che non vogliamo è che l’Iran pensi che siamo stati coinvolti nell’assassinio di Soleimani. Spero che questa fuga di notizie serva solo a scopi elettorali, altrimenti potrebbe mettere a repentaglio il nostro paese”.

Le principali critiche dell’opinione pubblica israeliana riguardano le notizie riportate da alcuni media statunitensi – NBC e New York Times in particolare – relative ad una partecipazione dei servizi segreti di Tel Aviv. Il Mossad avrebbe “fornito informazioni agli americani” e rimane quasi una certezza che l’unico alleato degli Usa ad essere a conoscenza della decisione di Trump di uccidere il generale Soleimani sia stato Netanyahu.

Numerosi analisti israeliani affermano che questa notizia avrebbe conseguenze pericolose per Tel Aviv, che potrebbe diventare un “possibile e legittimo obiettivo dell’Iran”, proprio perché parte attiva nell’omicidio del generale. Appaiono poco convincenti e tardive, anche secondo la stampa nazionale, le dichiarazioni del portavoce di Tsahal (esercito israeliano), Jonathan Conricus, che ha affermato a France 24 che “il governo non ha giocato nessun ruolo nell’uccisione di Soleimani, anche se la considera una cosa positiva”.

Nel suo discorso Nasrallah ha spiegato quale sarà la strategia dicendo che “la risposta al crimine commesso dagli Stati Uniti, non sarà solo un’unica operazione (come il bombardamento di Ain al-Assad), ma un processo a lungo termine che dovrà comportare l’espulsione dei militari americani dalla regione” e chi saranno gli attori.

L’assassinio di Soleimani”, ha chiarito il segretario di Hezbollah, “sarà vendicato da tutto l’asse della Resistenza” (Hashd Shaabi in Iraq, Hezbollah in Libano, Houti in Yemen, le fazioni della resistenza palestinese come Hamas, Jihad Islamico e Fronte Popolare ed il governo siriano di Bashar al-Assad, ndr). “L’Iran non ci ha richiesto nessuna reazione, ma la risposta sarà di tutti perché è stato attaccato tutto l’asse della resistenza alle politiche imperialiste di Washington e Tel Aviv”, ha precisato Nasrallah.

Anche sul versante iracheno, l’incontro dello scorso martedì tra il leader del blocco politico Sairoun, Moqtada al-Sadr e tutti gli esponenti delle principali fazioni sciite irachene delle Hashd Shaabi (Ahl al Haq, Brigate Hezbollah e il movimento Al Nujaba) sembra andare verso una risposta militare. Tutti gli esponenti politici hanno concordato per un’azione unitaria di lotta e resistenza militare contro l’occupazione americana, dopo la richiesta ufficiale di ritiro da parte del parlamento iracheno, e per l’organizzazione di manifestazioni permanenti contro la presenza americana in Iraq.

Il risultato, come già avvenuto in passato dopo la dichiarazione per Gerusalemme capitale di Israele, per le alture del Golan territorio israeliano e per il ritiro dal Rojava in Siria, è sempre opposto a quella voluta da Trump”, conclude Abdel Bari Atwan, “visto che l’omicidio di Qassem Soleimani ha unito ancora di più tutti quei popoli che lottano contro l’egemonia americana nella regione (…) questo è un omicidio che non ha colpito un uomo solo, ma tutta quella umma (comunità, ndr) che Soleimani ha aiutato nella lotta contro lo jihadismo di Daesh e Al Qaida nella regione”.

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