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“Nelle mani dello Stato, a volte, è meglio non finirci”

Con queste parole Carlo Lucarelli intercalava causticamente un cambio di scena all’interno di una puntata della sua Blu Notte – guarda caso eclissata dai palinsesti Rai – dedicata alla “malapolizia”.
La frase, cui va riconosciuto un impatto che non lascia addito a repliche, è balzata alla mia memoria leggendo l’esperienza vissuta da Violetta Bellocchio alla stazione di Milano Rogoredo, un’esperienza che ho vissuto più volte anche io e che mi consente di testimoniare che l’atteggiamento intimidatorio e repressivo è la costante nell’azione dei tutori dell’ordine pubblico da ben prima che la democrazia scricchiolasse sotto il peso delle esigenze di valorizzazione del capitale multinazionale.
Praticamente da quando ho iniziato a muovermi in autonomia per la mia città sono stato oggetto di attenzione per tutte le forze di sicurezza esistenti in questo paese ad eccezione della municipale – perché non guido – e dei forestali – perché non vivo in mezzo ai monti.
Per il resto, da Polfer a Carabinieri, da Polizia di Stato a Guardia di Finanza tutti si sono sempre scomodati a controllare i miei documenti, a domandarmi che facessi in un determinato posto (eccezionale quando venni scambiato per un rapinatore praticamente davanti al portone di casa) perché fossi vestito in un determinato modo e soprattutto se fossi in possesso di stupefacenti.
Quest’ultimo caso è stato un po’ l’acme del mio rapporto con le forze dell’ordine allorché un sabato pomeriggio, mentre ero prossimo ad incontrarmi con un amico, nella stazione principale della mia città venni prelevato da quattro agenti che mi portarono in una stanza di 3 metri per 2 ricavata da un disimpegno della stazione stessa in cui, per venti minuti, l’agente più anziano tentò di trovare verifica empirica (o forse spronarmi verso dichiarazioni non esattamente veritiere?) a quella che credeva una certezza: uno come me doveva essere in possesso di stupefacenti. Venni più volte sollecitato a dichiarare autonomamente la cosa e consegnare quanto eventualmente in mio possesso.
A fronte dei miei garbati dinieghi fui avvisato (minacciato? La linea in questi casi è sempre molto sottile) del fatto che mi avrebbero perquisito anche con l’ausilio di un cane antidroga e che nel caso fosse stato rinvenuto quanto si attendevano, la situazione si sarebbe complicata rispetto ad una mia “dichiarazione volontaria”.
Non avendo nulla da nascondere (la frase tanto in voga tra ogni riformisti da aperitivo con cui si giustifica ogni stretta repressiva) e non volendo/potendo spingersi fino ad una perquisizione, mi lasciarono tornare ai miei impegni, ma non prima di essersi raccomandati di prestare attenzione.
Tornando a Lucarelli, posso dire che da queste esperienze ho imparato che nelle mani dello Stato e meglio non finirci MAI, che in questo mondo è molto più sensato avere coscienza in prima persona del concetto di sicurezza (ambientale e quant’altro) senza demandarla in toto ad apparati che anche nelle modalità di azione si rivelano piuttosto inconsistenti.
In questo senso, ditemi voi quale ridicolo deterrente a favore della sicurezza comune possa costituire, nel centro di Roma, piuttosto che Bologna o Torino, un carabiniere bardato in divisa da parata e PM12 in mano o un alpino equipaggiato come se dovesse dare battaglia all’Austria-Ungheria del 1916… Per tacere di come sia possibile che, con quel che ci costa questa “sicurezza”, un documento d’identità debba essere controllato mediante telefonata al commissariato piuttosto che direttamente in volante attraverso un sistema informatizzato.
Il fatto che a fronte di situazioni del genere (più diffuse di quanto si pensi) esista una fetta maggioritaria nel paese di persone che ripongono fiducia incondizionata nei tutori della legge, la dice lunga sui danni culturali che ha prodotto un ventennio abbondante di mitizzazione di polizia e toghe, assurti nostro malgrado all’immeritato rango di salvatori e regolatori politici degli interessi dei “cittadini”.
Anche questa è una disfunzione che, quanto meno a livello di classe, va corretta e per fortuna i passi in tal senso fanno ben sperare (anche perché le forze di sicurezza ce la mettono proprio tutta per darsi la zappa sui piedi da sole).

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