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G8. Prefetto Gabrielli, e se il PM Zucca avesse ragione?

Sei milioni di euro. Questa è la cifra che dovranno restituire allo Stato 28 persone tra personale medico ed appartenenti a polizia, carabinieri e polizia penitenziaria. Motivo? Il danno di natura economica provocato dai risarcimenti pagati a chi fu sottoposto ad abusi nella caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova del 2001.

E’ quanto stabilito qualche giorno fa dalla Corte dei Conti di Genova rispetto ad una serie di soggetti che – a vario titolo – furono responsabili di quanto avvenne in quell’ormai ben nota estate.

Ed è andata persino bene, ai condannati: la procura aveva chiesto infatti sette milioni di euro come ristoro per i risarcimenti, ed altri cinque milioni per danno di immagine.

Tra i 28 coinvolti nel procedimento c’è Alfonso Sabella, che nei giorni del G8 era a capo dell’Ispettorato del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap). Lo ricordiamo anche come “assessore alla legalità” del Comune di Roma durante l’ultima fase dell’Amministrazione Marino, ma negli anni sono diversi gli incarichi anche importanti ricoperti dal magistrato siciliano.

In realtà la posizione di Sabella era stata archiviata in precedenza: ma per i giudici della Corte dei Conti il suo ruolo era tale da doversi assumere la responsabilità di controllare che non avvenisse quello che poi è avvenuto.

Identica motivazione per la condanna del generale Oronzo Doria, anche lui archiviato ai tempi e riesumato in questo procedimento per la posizione apicale e per il conseguente “omesso controllo”.

La notizia, uscita su diversi quotidiani la settimana scorsa, ci ha portato immediatamente a pensare ad un’altro avvenimento, anche questo recente: il “botta e risposta” tra il pm Enrico Zucca ed il capo della Polizia Franco Gabrielli.

Partiamo dalle dichiarazioni di Zucca, attualmente sostituto procuratore presso la Corte d’Appello e tra i magistrati che si sono occupati del processo per i fatti alla scuola Diaz: nel corso di un incontro pubblico sul tema dei diritti internazionali, il pm – parlando del caso di Giulio Regeni – scosse la platea con le seguenti affermazioni: I nostri torturatori sono ai vertici della polizia, come possiamo chiedere all’Egitto di consegnarci i loro torturatori”. Ed ancora: “L’11 settembre 2001 e il G8 hanno segnato una rottura nella tutela dei diritti internazionali. Lo sforzo che chiediamo a un paese dittatoriale è uno sforzo che abbiamo dimostrato di non saper far per vicende meno drammatiche”.

Affermazioni nette ed abbastanza pesanti, anche se inattaccabili dal punto di vista della verità dei contenuti: non è certo un mistero che molti dei protagonisti di quei drammatici giorni abbiamo proseguito la loro carriera all’interno delle forze di polizia dello Stato o abbiano avuto incarichi e consulenze anche prestigiose in strutture pubbliche, a partecipazione pubblica o private. Basta una sommaria ricerca in internet per trovare informazioni a profusione sul tema.

Comunque sia, le dichiarazioni di Zucca hanno sollevato il classico vespaio: indagine da parte del procuratore generale della Cassazione, richiesta al Csm di aprire una pratica, e sopratutto l’intervento forte ed indignato del capo della Polizia, Franco Gabrielli, che nel corso di una commemorazione in Sicilia (in ricordo di Beppe Montana, commissario della squadra mobile di Palermo ucciso dalla mafia – ndr) è intervenuto definendo le parole di Zucca “arditi parallelismi ed accuse infamanti”, chiedendo poi rispetto “in nome di chi ha dato il sangue e la vita”.

Questa la cronaca.

Ora, un po’ di ragionamenti. Proviamo a mettere tutto in fila, e vediamo che effetto fa: un pm che si è occupato dei processi sugli abusi commessi al G8, parlando del caso Regeni e delle doverose pressioni che lo Stato italiano dovrebbe esercitare sull’Egitto per ottenere verità e giustizia, fa notare come le nostre istituzioni partano da una posizione debole e ambigua – secondo lui – avendo in qualche modo “premiato”, o “punito meno del dovuto”, alcuni propri rappresentanti colpevoli di abusi riconosciuti anche con sentenza definitiva. Arriva poi la risposta del capo della Polizia, che in modo esplicito parla di “accuse infamanti”. Infine, dopo circa due settimane, la Corte dei Conti chiede sei milioni di euro di risarcimento per i danni erariali legati ai risarcimenti proprio per gli abusi di cui parla Zucca.

Tra i condannati, un magistrato che negli anni ha ricoperto ruoli importanti: la sua posizione – parliamo di Sabella – era stata archiviata, certo, ma il ruolo e la sua responsabilità, per i giudici contabili, ha comunque un peso.

E comunque, basta andare a guardare i nomi dei funzionari condannati o coinvolti, ed i ruoli che hanno poi ricoperto negli anni: parliamo ad esempio di Gilberto Caldarozzi, condannato a tre anni ed otto mesi per falso (ovviamente per il G8 di Genova) e nominato dirigente apicale della Direzione Investigativa Antimafia. Oppure, sempre citando i più recenti casi, possiamo parlare di Pietro Troiani, il poliziotto che portò le molotov all’interno della Diaz, da poco nominato dirigente del Coa, il Centro Operativo Autostrade del Lazio.

Entrambe, tecnicamente, due “non promozioni”: sia Caldarozzi che Troiani hanno conservato il grado, ma è evidente il prestigio e la apicalità dei nuovi ruoli.

Insomma, tutti i torti – il pm Zucca – non li ha proprio: uscendo dal sottile tecnicismo – promozioni che non sono promozioni, e via dicendo – effettivamente potrebbe apparire un po’ arrogante pretendere trasparenza dagli altri (partendo dall’ovvio presupposto che la verità sul caso di Giulio Regeni è indispensabile), mentre allo stesso tempo continuiamo a non fare i conti sul serio con l’oscura pagina di Genova. Cosa che, tra l’altro, aveva detto lo stesso Gabrielli in una intervista uscita con clamore la scorsa estate, in cui – tra le altre cose – affermò che l’allora capo della Polizia, Gianni De Gennaro, “avrebbe dovuto dimettersi”. Invece divenne presidente di Finmeccanica.

Tecnicamente, è chiaro, non si trattava di una promozione…

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