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Arrestati i boss delle slot. Si apre un verminaio

Il boss delle slot machine Francesco Corallo e l'ex parlamentare del Pdl Amedeo Labocetta sono stati arrestati. L'accusa è di aver riciclato in tutto il mondo il mancato pagamento delle imposte sul gioco d'azzardo legalizzato, per un giro d'affari stimato di oltre 200 milioni di euro. L'accusa della Procura di Roma è quella di una associazione per delinquere transnazionale. L'operazione ha portato a diverse perquisizioni e sequestri da parte della Guardia di Finanza di numerosi beni e conti correnti in diversi Stati tra cui Antille, Olanda, Regno Unito, Canada e Francia. Nell'ambito dell'inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma sono stati indagati anche Sergio e Giancarlo Tulliani, suocero e cognato dell'ex presidente della Camera, Gianfranco Fini.

Nell'inchiesta rientra infatti anche la famosa vicenda della casa di Montecarlo, già al centro di una indagine che nel 2010 coinvolse Gianfranco Fini. Secondo quanto accertato dai pm di Roma, Giancarlo Tulliani avrebbe messo a disposizione di uno degli arrestati, Rudolf Baetsen, legato all'imprenditore Corallo, due società offshore per poter far transitare i soldi destinati alle Antille. In base all'impianto accusatorio Baetsen si sarebbe mosso per finanziare l'acquisto dell'appartamento di Montecarlo che era stata di proprietà di Alleanza Nazionale attraverso tre società offshore riconducibili a Giancarlo Tulliani.

Il commento più significativo su questa videnda, è indubbiamente quello di Guido Rapetto, l'ex ufficiale della Guardia di Finanza che rassegnò le dimissioni proprio per gli ostacoli che gli venivano frapposti nelle indagini sul business del gioco d'azzardo. Rapetto ricorda gli inviti a “desistere dall’occuparmi delle investigazioni sulle slot machine. La mia squadra – sola contro tutti – arrivò a ricostruire uno scenario sconfortante sul gioco d’azzardo nel nostro Paese”. Con l'arresto di Corallo e Labocetta le indagini seguite da Rapetto si confermano come lungimiranti. “A distanza di quattro anni e mezzo gli stessi personaggi che hanno animato quella straordinaria indagine saltano di nuovo fuori”. Rapetto come più della gioia sia più forte “il ricordo delle mortificazioni del mio reparto e mie personali nel vedere il signor Amedeo Laboccetta diventare deputato della Repubblica, sedere quindi in Commissione Finanze e poi diventare membro di quella parlamentare Antimafia, dove si portò come assistente Francesco Corallo. Lo stesso Francesco Corallo che alla fine del 2013 mi denunciò per diffamazione e non si presentò all’udienza”.

Ma il verminaio politico e finanziario intorno al gioco d'azzardo legalizzato dallo Stato, è indubbiamente più ampio di quello per ora emerso con gli arresti.

Quattro anni fa, sempre Laboccetta e Corallo, furono protagonisti di un'altra vicenda giudiziaria. Figuravano infatti nelle oltre 60 pagine dell'ordinanza con la quale i giudici del Tribunale di Milano avevano messo agli arresti domiciliari – per tangenti e corruzione – l'ex presidente della Banca Popolare di Milano (ed ex presidente di Impregilo), Massimo Ponzellini e il suo collaboratore Antonio Cannalire. La vicenda di Amedeo Laboccetta deputato del Pdl, riguarda la perquisizione nell'appartamento di piazza di Spagna a Roma dell'imprenditore Francesco Corallo avvenuta il 10 novembre del 2011. La Guardia di Finanza quel giorno si presentò nell'abitazione per conto dei magistrati che indagavano sul finanziamento di 148 milioni di euro dalla Bpm ad Atlantis, ossia la società di Francesco Corallo che si occupa di macchine per il gioco d'azzardo legale. I finanzieri però furono lasciati fuori dalla porta per molto tempo con la scusa che l'imprenditore godeva di immunità diplomatica. Contestualmente furono fatti entrare nella casa quattro avvocati e, appunto, Amedeo Laboccetta. Il parlamentare impedì il sequestro di un computer portatile sostenendo di esserne il proprietario e se lo portò via senza nemmeno dare il tempo di segnare il codice identificativo. Ma sulla proprietà di quel computer furono date tre versioni diverse: la prima fornita da Corallo fu che il pc era della sua collaboratrice. Ma la stessa aveva invece raccontato che era di un'assistente di Amedeo Laboccetta. Alla fine però il parlamentare ammise che il computer era suo. Una vicenda emblematica per la quale la procura di Milano iscrisse nel registro degli indagati il parlamentare del Pdl arrestato ieri. Labocetta venne però assolto dal Tribunale di Roma nel luglio 2016 dall'accusa di favoreggiamento verso Corallo mossagli dai magistrati milanesi.

Adesso i due sodali arricchitisi con il business delle slot e dei casinò online, sono stati nuovamente indagati e arrestati insieme. Al centro dell’indagine – secondo l’accusa sostenuta dai magistrati Michele Prestipino e Barbara Sargenti– c’è proprio il gruppo finanziario di Corallo, il quale grazie alla concessione statale per l’impianto e l’utilizzo delle slot ed a una rete di società off-shore nei cosiddetti paradisi fiscali, ha “costruito un impero economico, sfruttando la posizione di concessionario pubblico del gioco legale, commettendo sistematiche violazioni della legge penale, prima tra tutte il reiterato peculato attraverso l’appropriazione delle somme di denaro che avrebbe dovuto versare all’amministrazione dello Stato a titolo di prelievo unico erariale”.

Un bel passo in avanti dunque, ma sulla sfondo resta sempre il buco dei 98 miliardi che le società concessionarie del gioco d'azzardo dovrebbero versare all'erario e che era stato portato alla luce dal colonnello Guido Rapetto, costretto a dimettersi dalla Guardia di Finanza.

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