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Due cose sul Franco CFA (e sull’euro e l’Africa)

L’arresto in Senegal del militante panafricano Kemi Seba (nella foto), di nazionalità francese, reo di aver bruciato, durante una manifestazione, alcune banconote di franchi CFA, ha riaperto il dibattito su questa moneta considerata da molti lo strumento principale con il quale la Francia (ma ora tutti i paesi della zona euro) esercitano il neo colonialismo nell’Africa francofona.

Il Franco CFA nasce nel 1945 con gli accordi di Bretton Wood; infatti all’epoca si chiamava Franco delle Colonie Francesi Africane. Successivamente nel 1958 cambia nome e diventa Franco della Comunità Francese dell’Africa.

Fino a qui tutto normale se non per due piccoli particolari. 1) il Franco CFA è una moneta ancorata ad un cambio fisso, prima con il Franco Francese e ora con l’Euro. 2) La piena convertibilitá del Franco CFA è garantita dal Ministero del Tesoro francese, che però chiede il deposito, preso un conto del ministero, del 65% delle riserve estere dei paesi aderenti all’unione monetaria.

Dietro queste due tecnicalità si nasconde il diavolo del colonialismo. Infatti il cambio fisso azzera il rischio di cambio per gli investimenti delle multinazionali occidentali nel paesi dell’Unione monetaria. Non basta, il cambio fisso (per giunta garantito dal Ministero del Tesoro francese) favorisce l’accumulo nei forzieri delle banche occidentali di immensi tesori frutto della corruzione dei governanti locali (spesso dittatorelli amici dei nostri governi).

Come se non bastasse, tutto questo avviene a scapito dell’economia reale locale, soffocata dalla rigidità del cambio con una moneta fortissima come l’Euro.

Il secondo punto probabilmente è anche peggio del primo. Quale nazione sovrana depositerebbe, a garanzia della convertibilitá della propria moneta, ben il 65% delle proprie riserve estere presso il ministero del Tesoro di uno stato estero per giunta quello del paese ex coloniale? Nessun paese sovrano farebbe mai una cosa del genere, che consegna le chiavi dello sviluppo (o del sottosviluppo) ad una nazione straniera.

Pensiamo basti questo per chiarire come il colonialismo sia ancora un fenomeno reale e pervasivo che tarpa le ali di una qualsiasi opportunità di sviluppo dei paesi africani. Con buona pace di tanti soloni che parlano senza sapere di cambi e monete, e che credono che agli africani sia data una grande opportunità nel venire in Europa (spesso a vendere asciugamani e accendini nelle nostre piazze) grazie alla possibilità di inviare nei loro paesi, a tasso di cambio fisso, rimesse che consentono alle loro famiglie in Africa di campare con pochi euro.

Grazie a questo sistema le nostre multinazionali hanno invece l’opportunità, a rischio di cambio pari a zero, di depredare le immense riserve di materie prime dell’Africa Occidentale: uranio, metalli rari, oro, petrolio, gas ma anche legname pregiato e derrate alimentari.

Bell’affare per noi, non certamente per gli africani che ci vendono il “coccobello” sulle nostre spiagge.

Non basta di certo la carità di alcune ONG per sanare questa forma di neocolonialismo monetario, che azzera le possibilità di sviluppo dei paesi dell’Africa francofona.

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3 Commenti


  • Manlio Padovan

    Mi pare che sulle porche furbate della Francia in Africa abbiano detto tutto sia Aimé Césaire nel “Discorso sul colonialimo” e Baubacar Boris Diop nella prefazione a quello: Seconda Edizione del 2014 per ombre corte. Soprattutto Diop ci dimostra, nel 2006, come la truffa, l’inganno e l’ipocrisia francese nulla abbia a invidiare alla pratica pretsca e alla idiozia della teologia (così l’ha definita Feuerbach)..La Francia nulla fa per una seria decolonizzazione, anzi la approfondisce con pratiche più moderne, dopo essere passata per il paese che si oppose alla invasione dell’Iraq per rispetto alla autoderteminazione di quel popolo; ma, credo in base ai fatti successivi, che quella opposizione sia stta del tutto struemntale strumentale.


  • Alfonso

    Molto tempo fa, all’ inizio del XXI secolo con un amico si discuteva sulla presenza dei primi africani in Italia. Io affermavo che era l’ inizio di un fenomeno e che fra pochi anni avremmo avuto i problema delle migrazioni africani, tutti giovani che ci avrebbero portato il conto da pagare. Il fenomeno no si può arrestare pari passo con lo sfruttamento delle ricchezze che i paesi europei attuano in quelle terre. I paesi europei di certo non vorranno uscire dall’ Africa ma dovranno trovare una soluzione per evitare che centinaia di milioni di Africani si riversino nei nostri porti. Il rischio dell’ Europa è che il fenomeno possa essere elemento disgregante dei paesi europei. Un bel dilemma!!!


  • ALessandro

    incredibile.. è praticamente l’Euro in versione francese!!! solo questo dovrebbe far capire la bestialità dell’Euro.

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