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Italia “anello debole” dell’Unione Europea. Le mezze verità del Financial Times

Le prossime elezioni politiche in Italia rappresentano per l’Unione europea “il maggiore ostacolo politico sulla strada della coesione e della ripresa economica”, è quanto scrive ieri il Financial Times.

Per il giornale del big business sono tre gli scenari probabili all’indomani del voto del 4 marzo, un classico “hung parliament (parlamento in bilico per mancanza di maggioranza)”, oppure una grande coalizione, infine un governo populista ma con una maggiore attitudine al confronto con Bruxelles, compreso quello sulla permanenza del paese nell’Eurozona.

Ma, secondo il Financial Times, “nessuno di questi scenari annuncia maggiore stabilità per un paese che, da un punto di vista economico e finanziario, rimane l’anello debole nel blocco dei 28 paesi dell’Unione”, Il Financial Times elenca poi le vulnerabilità dell’Italia: crescita economica sotto la media dell’Eurozona, sistema bancario appesantito dai crediti deteriorati. Infine il fatto che molti italiani non vedono ancora i benefici di una ripresa economica che per ora lascia il tasso di disoccupazione all’11,1% ed i giovani in cerca di lavoro sono il 34,7%.

Ci sono troppi non detti in questa analisi del Financial Times, soprattutto per quanto attiene al parametro della stabilità istituzionale. Qualcuno  dovrebbe ricordargli che in Germania si è votato tre mesi fa ed ancora non è stato formato un governo, o che prima ancora Belgio e Spagna sono stati molti mesi senza un esecutivo. Ha funzionato in quel caso il “pilota automatico” ossia il ponte di comando costituito da Bce e dalla Commissione Europea. Uno scenario in cui l’esistenza o meno di governi formalmente insediati o “stabili” è diventato un dettaglio. In secondo luogo, il Financial Times continua ad avere una idea della vulnerabilità delle banche molto ispirato al dogma franco-tedesco. Secondo questa visione le sofferenze bancarie nelle banche italiane sono un problema, il fottìo di prodotti tossici nella pancia delle banche francesi e tedesche (come denunciato ieri dalla Banca d’Italia) invece no. Eppure sul piano della vulnerabilità sono proprio i secondi ad aver fatto esplodere la crisi del 2007.

In realtà quello della crisi della stabilità istituzionale è ormai un serio problema per tutti i governi europei (ed anche degli Stati Uniti), così come la vulnerabilità finanziaria che sobbolle nella pancia di molti istituti bancari sembra essere una ipoteca sul futuro del capitalismo più rimossa che risolta. E’ la “vostra” crisi bellezza!!!

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