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Nell’Italia delle disuguaglianze crescenti è boom della povertà

A sostenerlo non è Potere al Popolo ma una istituzione insospettabile come la Banca d’Italia.

In Italia ormai quasi una persona su quattro (23%) è a rischio povertà e una quota così elevata non si era mai raggiunta dalla fine degli anni ’80. Secondo l’indagine della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie, nel 2016 “la quota di persone a rischio di povertà è salita al 23%, un livello molto elevato” e il più alto dal 1989, anno di inizio delle serie storiche dello studio.

Il rischio di povertà, spiega il rapporto della Banca d’Italia, “è più elevato per le famiglie con capofamiglia più giovane, meno istruito, nato all’estero, e per le famiglie residenti nel Mezzogiorno, ma una crescita notevole del rischio povertà si è avuta anche al nord (dall’8,3% al 15%).Tra il 2006 e il 2016 è diminuito solo tra le famiglie con capofamiglia pensionato o con oltre 65 anni”.

Infine, il dato statistico si rivela per quello che è: un dato di classe. Infatti sono aumentati le diseguaglianze nella distribuzione della ricchezza in Italia: nel 2016 il 5% del ‘Paperoni’ deteneva il 30% della ricchezza complessiva. Il 30% più ricco delle famiglie ha circa il 75% del patrimonio netto rilevato nel complesso, con una ricchezza netta media di 510.000 euro. Oltre il 40% di questa quota è detenuta dal 5% più ricco, che ha un patrimonio netto in media pari a 1,3 milioni di euro. Al 30% delle famiglie più povere invece l’1% della ricchezza.

E’ bene rammentare che Geminello Alvi in un saggio di alcuni anni, segnalava come il livello di occupazione dei lavoratori dipendenti in Italia fosse regredito ai livelli del 1881, cioè nel contesto dell’annessione del Meridione all’accumulazione nel Nord e dell’imperante modello sabaudo.

Se nel 1972 ai salari andava il 59,2% del reddito, nel 2003 era già sceso al 48,9%. La crisi del 2007/2008 ha accentuato tutti i processi di polarizzazione sia verso l’alto e verso il basso innescando un fortissimo aumento delle disuguaglianze sociali.

E’ il modello sabaudo, quello plasticamente rappresentato dal governo Monti e dalla legge Fornero nel 2011/2012 fedeli esecutori dei diktat della lettera della Bce firmata da Draghi e Trichet.

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