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Esplode la bolla speculativa sul turismo?

A scuotere un settore crescente del business internazionale come il turismo è la vicenda del tour operator britannico Thomas Cook ilk quale il 23 settembre pochi giorni fa ha dichiarato bancarotta. Il fallimento di questo big del turismo, sta provocando un’onda lunga nel settore alberghiero che ha fatto sentire i propri effetti in Spagna – e che adesso si abbatterà anche sull’Italia – dove quasi 500 alberghi si trovano ad affrontare il pericolo di una chiusura imminente a causa del crac del gigante dei viaggi britannico.

Il 23 settembre la Thomas Cook ha annunciato di essere entrato in liquidazione obbligatoria dopo aver fallito un accordo di salvataggio da 1,1 miliardi di sterline con investitori e creditori. La mossa ha messo a rischio 21.000 posti di lavoro e ha bloccato fino a 600.000 turisti. Le azioni dell’azienda avevano già perso il 90% da inizio anno.

La Thomas Cook nel 2007 aveva dato vita ad una fusione con il rivale britannico MyTravel, ma sull’operazione incombeva già la crescente concorrenza delle Ota (Online Travel Agency) come Expedia e Booking Holdings, che consentono ai turisti di prenotare direttamente voli e camere d’albergo senza passare dalle classiche compagnie turistiche – per quanto grandi e integrato come la Thomas Cook – che gestiscono i pacchetti.

Riteniamo che il caso Thomas Cook non sia un fallimento del modello di business o del sistema del turismo organizzato, come purtroppo in questi giorni abbiamo letto, ma la conseguenza di una specifica situazione finanziaria e di scelte strategiche sbagliate del Gruppo inglese che, da tempo, aveva dato segni in tal senso” afferma il presidente di Astoi Confindustria viaggi, Nardo Filippetti provando a “rasserenare” le inquietudini che si vanno diffondendo in un settore strategico per l’Italia come il turismo.

Secondo alcuni studi, in Italia il sistema dei viaggi organizzati è composto da circa 10.000 imprese tra agenzie di viaggi e tour operator, il numero degli occupati è stimato in più di 50.000 addettie il volume d’affari prodotto complessivamente all’anno è di circa 7,5 mld di euro, di cui circa 4 mld di euro sviluppati in attività di organizzazione, ossia nell’attività propria dei tour operator.

Pochi ammettono che di tutto questo giro d’affari, una parte non entra in Italia ma rimane all’estero, perchè a gestire gran parte dei pacchetti turistici sull’Italia sono ormai le OTA (Online Travel Agency) quelle che prenotano, movimentano e fissano i prezzi dei pacchetti o delle notti nelle strutture turistiche a Roma. La prima disfatta è che questo incontro tra domanda e offerta di pacchetti o prenotazioni ha visto tagliati fuori tutti i siti turistici italiani, che di fatto non permettono l’acquisto diretto di camere d’albergo o servizi turistici a Roma.

Si è passati ormai al monopolio o oligopolio di tre/quattro multinazionali straniere: Expedia, Bookings, Trivago, Tripadvisor. Le commissioni per i servizi di queste multinazionali arrivano anche al 35% e quindi circa 1miliardo di euro di provvigioni sulle vendite di servizi turistici viene ormai fatturato all’estero. Il 61% dei turisti è arrivato a Roma utilizzando internet (quindi le OTA) e solo il 25% le classiche agenzie di viaggio. Ma dalla gestione in internet dei servizi, sono tagliati fuori sia enti pubblici che aziende italiane.

In Spagna sono un centinaio gli hotel destinati alla chiusura immediata, che dipendono esclusivamente da Thomas Cook, mentre gli altri contano vedono una partecipazione società britannica per una percentuale che va dal 30 e al 70 per cento dei loro clienti.

Per ora il danno maggiore in Italia per il fallimento della Thomas Cook, lo subirà il settore alberghiero ma, in realtà, sono state coinvolte anche aziende appartenenti ad altri settori come quello dei trasporti o quello aeroportuale.

La Thomas Cook gode di una copertura a garanzia dei propri clienti attraverso il fondo di investimenti britannico Atol. In base alla nuova Direttiva Europea sui Pacchetti Turistici, i tour operator e le agenzie di viaggi, da tre anni a questa parte, sono obbligati a garantire i clienti in caso di fallimento e insolvenza. Bisognerà vedere se gli squali della finanza saranno di parola verso gli squali del business del turismo di massa.

 

 

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