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Italia, un paese di ricchi con i soldi fermi, spremuto dall'”austerità”

Poco fa è uscito presso la banca centrale italiana il consueto comunicato della Bilancia dei Pagamenti nel mese di agosto.

Il conto corrente (rapporto tra importazioni ed esportazioni) ha un surplus di quasi 51 miliardi (2,9%), in crescita rispetto allo scorso anno. L’avanzo mercantile quasi pareggia il record dello scorso anno, mentre aumenta il surplus dei redditi primari (17 miliardi di euro), vale a dire guadagni di capitale, affitti e guadagno obbligazionari di attività finanziarie all’estero.

Solo nel mese di agosto “gli italiani” (quella piccola frazione che può permetterselo) hanno acquisito attività estere pari a 26 miliardi di euro, quasi la finanziaria del prossimo anno.

Ma la notizia è la posizione finanziaria estera netta del nostro Paese, passiva per 38 miliardi, il 2,2% del pil, in diminuzione dell’1,2% rispetto al trimestre precedente.

E’ praticamente un niente; tra passività finanziarie e attività finanziarie degli italiani all’estero siamo quasi in pareggio.

Facciamo presente che nel primo trimestre 2019 il passivo francese era pari al 17%, quello spagnolo al 77%, quello portoghese al 100% e quello greco superava il 100%; mentre gli Usa hanno un passivo pari al 35% del pil. 

L’Italia è invece passata da un passivo del 27% nel 2014 al dato attuale 2,2%.

In pratica, gli italiani sono stati spremuti e i loro risparmi sono stati indirizzati all’estero, finanziando gli altri paesi. E spesso con un ritorno economico negativo, basti pensare alle centinaia di miliardi di euro italiani investiti in titoli di stato olandesi e tedeschi con rendimenti negativi, tale per cui i sottoscrittori in un decennio -se non cambieranno obbiettivo di investimento – perderanno il 23% del valore del capitale. Cornuti e mazziati.

Nel frattempo c’è chi si accorge che vi è una massa enorme di risparmio non mobilitata. Per esempio Intesa San Paolo, che ha lanciato un maxi programma di investimenti nel prossimo biennio al sud di 30 miliardi.

Questa mattina il governatore della banca centrale italiana Visco dichiarava, a Washington, che i “tassi negativi” sono causati dalla mancata produttività totale dei fattori produttivi, legata a carenza di investimenti, sia pubblici che privati. Questa è la vera malattia dell’eurozona.

Paolo Savona, lo scorso anno, invitò la classe dirigente italiana a mobilitare il surplus delle partite correnti, pari a 50 miliardi (e quest’anno, come si è visto, in aumento frizionale) per investimenti. Silenzio assoluto.

Tutti a guardare il debito pubblico, quando gli italiani (quella parte che possiede…), con la loro ricchezza finanziaria pari a 4.700 miliardi di euro, se lo potrebbero comprare interamente per quasi tre volte, come i giapponesi.

La favola del debito pubblico come unico indice da riguardare serve a spremere ancor di più la classe lavoratrice e la classe media. E la finanziaria del 2020 lo conferma.

Avanti insomma con l’austerità. In nome dell’euro, una moneta senza Stato.

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