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La crisi deve essere davvero dura se su una testata online specializzata nei movimenti di Borsa esce un editoriale così…

E’ un pezzo magistrale, che lega insieme le sorti di settori sociali diversi. Il mondo del lavoro dipendente, certo, che noi conosciamo meglio, standoci dentro da sempre. Ma anche quel “ceto medio” che un tempo si sentiva parte delle “classi agiate”, con la prospettiva del salto verso la ricchezza e la salita nella scala sociale, lì, ad un passo.

Per questo ceto medio la situazione è precipitata di un due decenni come e quanto per il lavoro dipendente. Sono scomparse le sue certezze, che erano poi legate al reddito, al patrimonio immobiliare e immobiliare, ai piccoli investimenti finanziari (affidati ai professionisti del “risparmio gestito”, delle “assicurazioni sulla vita”, ai Bot, ecc).

Tutto finito. Ora sentono di star precipitando nella fascia bassa, popolata di disperati che hanno su di loro un solo “vantaggio competitivo”: ci sono abituati e sanno meglio come muoversi.

Riflettete, gente! La richiesta di “sicurezza” è un transfert psicanalitico, se non sei più sicuro di poter campare come prima…

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Più sfiga per tutti

La dietrologia non c’entra: è la ideologia mercatista, prorompente per ogni dove, ad imporre il rischio come contropartita per ogni attività umana.

L’Umano in sé non esiste più, ha cessato di essere la misura ed il criterio di giudizio di ciò che è giusto o sbagliato, di ciò che è lecito oppure illecito: al contrario è l’Umano ad essere misurato, economicamente e finanziariamente.

Gli Uomini non sono più, in termini marxisti, solo uno strumento di produzione nel momento del lavoro, quando questo viene usato per estrarre un plusvalore in termini di profitto: ogni momento ed ogni atto della nostra vita è mercificato, dalla nascita alla morte. L’istruzione, la malattia, le relazioni interpersonali, gli stili di vita, tutto serve a fare denaro. Ed ogni nostro atto è sempre soggetto ad un’alea.

Niente e nessuno deve stare più al sicuro.

Le certezze tradizionali vanno smantellate con metodo, ad una ad una.

I titoli di Stato, in Europa, non devono più essere considerati Safe Asset: non solo la Banca Centrale Europea può intervenire solo in condizioni di stretta condizionalità a favore degli Stati che non riescano ad avere più accesso ai Mercati finanziari, ma si sta varando con il nuovo MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) un sistema che semplifica la ristrutturazione del debito pubblico eccessivo. In pratica, con una votazione qualificata tra i detentori dei bond, si accetta una riduzione del valore dei titoli in circolazione, che vengono riemessi ad un valore più basso.

I depositi bancari, neppure loro, sono più al sicuro. Nonostante ciò che si proclama nell’articolo 47 della Costituzione italiana, secondo cui il risparmio è tutelato in ogni sua forma, abbiamo accettato le nuove regole europee, dettate dalla direttiva BRRD.

Sarebbero ancora garantiti solo i depositi bancari fino a 100 mila euro, ma anche questo è aleatorio: deve intervenire il Fondo Interbancario per la Tutela dei depositi, alimentato dalla singole banche: con un contributo che arriva appena ad una quindicina di miliardi in otto anni. Una inezia, che basta solo nel caso del salvataggio di piccole banche. Poi c’è il nulla, il vuoto assoluto.

Il sistema delle Assicurazioni sulla vita è in difficoltà: con i tassi di interesse sempre più esigui, se non negativi, le rendite fisse non sono più garantite. Tutto dipende dagli andamenti del mercato finanziario. Ci si limita ad offrire al sottoscrittore della polizza la visibilità sugli andamenti degli investimenti: sono dei fondi di investimento come gli altri, anche se beneficiano ancora dei vantaggi fiscali che erano stati concessi in passato in funzione della loro finalità sociale e previdenziale.

Del lavoro stabile, a vita, meglio non parlarne più: rimane un privilegio per pochi, ad esaurimento. Dopo la riforma dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, i nuovi contratti di lavoro non sono più a tempo indeterminato, nel senso che non si può essere licenziati senza una giusta causa economica. La precarizzazione del lavoro, la flessibilità in entrata ed in uscita, è il mantra dei sacerdoti del Mercatismo.

Dopo la Grande Crisi Finanziaria del 2008, si stanno smantellando le certezze collettive ed individuali che erano state costruite durante il lungo periodo che inizia contemporaneamente negli Usa ed in Gran Bretagna a metà degli Anni Trenta del Secolo scorso. Dopo la crisi di Wall Street del 1929, tutto il sistema economico e finanziario fu ridisegnato per proteggere i cittadini dal rischio dei tracolli improvvisi del mercato.

Un intero sistema di garanzie, e di stabilizzatori automatici è stato via via smantellato a partire dagli Anni Ottanta: secondo i neoliberisti, le troppe tutele frenavano la sviluppo e la crescita dell’Occidente. Si dovevano scatenare nuovamente gli Animal Spirits del Mercato.

La verità è un’altra: a mano a mano che il pericolo del Comunismo veniva meno, con l’URSS sempre più in difficoltà, non c’era più bisogno di concedere tutele ai lavoratori. Il Capitalismo selvaggio doveva riprendere il suo corso, come nei primi dell’Ottocento.

Tutti gli uomini, con tutti i beni della loro vita, devono partecipare alla Grande Lotteria Universale che si gioca ogni giorno, là dove tutto viene comprato e venduto, apprezzandone il rischio: dal petrolio al grano, dalle azioni delle imprese ai titoli di Stato, dalle probabilità di fallimento delle imprese ai rischi di cambio.

Questa è la Grande Trasformazione Sociale che si sta compiendo: l’Umanità è essa stessa Mercato. Ogni evento sociale, anche il più terribile come una epidemia, viene considerato solo per i suoi effetti sui mercati. Non c’è alcun dolore per chi soffre, ma solo il calcolo per le perdite economiche che derivano dal blocco della Global Chain Value, il sistema integrato di produzione.

Titoli di Stato in default, fallimenti bancari, lavoro precario, epidemie…

Più Sfiga per tutti.

 * da TeleBorsa

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2 Commenti


  • Giuseppe Giudice

    se la fonte è teleborsa.it, l’articolo è redazionale e non di Salerno Aletta. Almeno mi sembra.
    Giuseppe Giudice


    • Redazione Contropiano

      Che l’abbia scritto quell’Autore è certo. Il motivo per cui TeleBorsa non ha riportato la firma ci è ignoto. Ma magari lo condividevano in pieno…

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