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Il 5G, la Smartcity, ovvero la nascita della città-laboratorio e la competizione globale

Cos’è il 5G? Quando parliamo di 5G ci viene alla mente immediatamente la pubblicità dei nuovi smartphone in grado di sfruttare questa nuova rete di comunicazione di dati necessaria per una connessione ultra veloce (banda Ultra-larga), grado di farci visualizzare contenuti multimediali senza tempi di latenza e con definizione da schermo hd.

Il potenziale di questo nuovo tipo di infrastruttura va però ben oltre la semplice condivisione di contenuti multimediali, riguarda infatti la strutturazione delle nuove catene produttive altamente tecnologiche, una nuova riconfigurazione delle nostre metropoli

Per affrontare le implicazioni relative a questo nuovo tipo di infrastruttura dobbiamo quindi osservarla secondo diverse scale geografiche e di conseguenza inserendola in differenti, ma correlate, dinamiche economiche e politiche.

In questo articolo vorrei infatti provare ad analizzare in maniera sicuramente ancora non esaustiva, le diverse scale di analisi, cittadine, nazionali e globali, contestualizzandole all’interno delle dinamiche della competizione globale e dello sviluppo del neoliberismo con le sue ricadute in termini sovranazionali, nazionali e locali.

Andando per ordine è bene spiegare cosa è il 5G e quali sono le potenzialità tecnologiche legati al suo sviluppo e installazione.

La sigla 5G, sta per “quinta generazione” come a riconoscere un salto tecnologico rispetto alle precedenti, negli anni ‘80 infatti l’arrivo del TACS (poi ribattezzato 1G) ha permesso alle telefonate da cellulare di diventare realtà, negli anni ‘90 l’introduzione del GSM ha consentito l’invio degli SMS e si è giunti al 2G. All’inizio del 2000 è arrivato il 3G, che ha rivoluzionato tutto permettendo di navigare sul web utilizzando gli antenati degli smartphone. Nel 2010 è stato introdotto infine il 4G, che con una velocità massima di trasmissione dati pari a 100 megabits al secondo può fare concorrenza sotto molti fronti con la connessione wi-fi casalinga.1 Il sistema di comunicazione radio 5G invece, basandosi su bande di frequenza diverse e più ampie rispetto alle precedenti, è in grado di trasmettere una mole di dati molto superiore alle precedenti tecnologie in grado di trasmettere svariati gigabits al secondo2.

Per poter funzionare questo sistema di comunicazione dati ha bisogno di una fitta rete di antenne in collegamento tra loro che dovrebbero essere verranno installate all’interno degli spazi urbani. Una tecnologia per ora dominata da poche aziende nel mondo.

Come ben sottolineato dai suoi fautori, questa infrastruttura rappresenta la base per il cosiddetto “internet delle cose” (IoT), ovvero il collegamento e l’interazione di una grande mole di oggetti tramite sensori in grado di trasmettere e ricevere dati in maniera quasi istantanea.

Il 5G si candida a diventare la spina dorsale delle tanto pubblicizzate “smart city”, come ben illustrato in un articolo del Sole24ore3 del luglio 2019, andando a fornire la base per lo sviluppo di servizi e nuovi settori produttivi come quello della trasmissione di contenuti multimediali ad altissima definizione, quello della sanità, con la possibilità di diagnosi, operazioni a distanza e utilizzo di immagini olografiche, quello dell’automotive, con lo sviluppo dei veicoli a guida autonoma, quello della sicurezza, con telecamere ad alta definizione e droni di sorveglianza, nonché lo sviluppo del settore della gestione dei dati, sempre più strategico nelle nostre società sempre più connesse.

La smart city e la città laboratorio

Come ben illustrato da studiosi dei processi urbani come D. Harvey4, con la fine della “Golden Age of Capitalism”, cioè il trentennio di sviluppo economico di cui hanno fortemente beneficiato molte aree urbane dei paesi occidentali, si è assistito alla cosiddetta Urban Crisis. Parecchi grossi centri urbani industriali hanno vissuto infatti una lunga crisi a causa dei forti fenomeni di deindustrializzazione, dovuta alla crisi del modello fordista ed a conseguenti processi di ristrutturazione del loro ruolo all’interno catene produttive a livello globale, un fenomeno che ha causato forti riduzioni del gettito fiscale e successiva riduzione della capacità di spesa. Una crisi a cui le classi politiche occidentali hanno tentato di far fronte applicando modelli di rigenerazione urbana neoliberisti, introducendo sistemi di governance basate sulla partecipazione pubblico-privata, nella gestione dei servizi urbani, mettendo a valore il proprio territorio con grandi processi di “rigenerazione urbana” svendendo grosse aree a gruppi di investimento immobiliare e rimodulando le città con politiche a favore del settore terziario, investendo sulla turistificazione delle città e sull’attrazione di aziende del settore terziario avanzato cioè nell’ambito della ricerca e sviluppo, delle telecomunicazioni e dell’alta tecnologia.

Tramite l’azione combinata di queste politiche e nel tentativo di rimanere agganciati alle catene del valore globali, le città hanno, soprattutto negli ultimi tre decenni, tentato di sviluppare forme di valore aggiunto che le permettessero di far fronte alla sempre più aspra competizione intercittadina per attrarre capitali e forza lavoro altamente qualificata.

È in questo contesto che le Città iniziano a pensare progetti di installazione della rete 5G per elevarsi al rango di “smart city” tentando in questo modo di rendersi attrattivi verso le aziende e puntando a rendersi fattore necessario per lo sviluppo tecnologico delle catene produttive.

L’infrastruttura 5G, con la sua bassa latenza e la possibilità di scambiare enormi quantità di dati, si candida a diventare la spina dorsale delle cosiddette “Smart Cities” cioè aree urbane “intelligenti” dotate di un complesso e diffuso sistema di sensori in grado di comunicare tra loro, ad esempio semafori che comunicano con le auto o le biciclette, cassonetti che segnalano quando è il momento di svuotarli, illuminazione pubblica capace di interagire con gli utenti, telecamere di sorveglianza ad alta definizione magari montate su droni, strade capaci di comunicare con veicolo a guida autonoma.

È chiaro che una riorganizzazione cittadina di questo tipo attrae parecchi interessi: una simile rete di sensori e infrastrutture di comunicazione dati permette di rendere la città stessa laboratorio per le aziende oltre che luogo di consumo, laboratori di sviluppo e testing per i prodotti da un lato, ma anche laboratorio di ricerca sociale tramite lo studio e l’elaborazione dell’enorme mole di dati che una città con sensori interconnessi può fornire.

In questo senso si stanno infatti sviluppando per esempio a Torino i progetti di sperimentazione di guida autonoma in contesto metropolitano che renderebbero la città una delle poche aree metropolitane al mondo dove poter sviluppare i veicoli a guida autonoma.

Il processo per rendere le città “laboratorio” è basato sostanzialmente nella possibilità di rendere vari aspetti della vita cittadina “misurabili” e quindi registrabili in database, nella capacità quindi di rendere la città fonte di dati utilizzabili dalle aziende private per lo sviluppo dei propri interessi.

Nell’attuale fase economica, il possesso di questi dati è centrale per diversi ambiti economici che interessano le città. Il primo aspetto più intuitivo, ma non per questo secondario, è la possibilità da parte delle imprese di pianificare interventi di mercato più mirati e capaci di far fruttare al massimo gli investimenti, un ambito che interessa fortemente le nuove piattaforme digitali come Airbnb, Uber, ma anche imprese del mercato immobiliare in grado di modulare in maniera più precisa investimenti e prezzi. Il secondo aspetto, meno intuitivo ma forse più rilevante, è lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale.

Lo sviluppo delle AI è diventato ormai questione centrale tra le aziende Hi-Tech per competere nella corsa all’automazione dei processi produttivi e mentali, elemento sviluppato per abbattere i costi legati al lavoro umano e rendere automatici processi un tempo più lenti perché mediati dall’uomo.

Un processo ben illustrato da Evgeny Morozov e Francesca Bria che, nel paper “Rethinking the smart city”5 mostra come Google si stia proponendo per offrire servizi gratuiti, come servizi di wi-fi gratuito per la città e la gestione smart di ambiti come la mobilità, con l’obbiettivo di sviluppare la propria intelligenza artificiale ed il suo sistema di guida autonomo.

La città iperconnessa, con infrastruttura 5G, si candida quindi a diventare fattore di sviluppo della cosiddetta quarta rivoluzione industriale divenendo luogo fondamentale di sviluppo dei software di Intelligenza artificiale “nutriti” tramite i dati delle interazioni delle macchine con i sensori e delle interazioni della popolazione urbana con i servizi interconnessi. Questa condizione renderebbe possibile l’automazione di interi processi produttivi, grazie a tecnologie come la guida autonoma in grado in potenza di sostituirsi ai trasporti pubblici urbani ed automatizzare i sistemi di logistica e consegna merci e questo, assieme al rilancio della robotica intelligente, potrebbe portare al rilancio il settore industriale dell’automobile. In settore che punta ad automatizzare anche servizi un tempo appannaggio della mente umana, come ad esempio le diagnosi mediche per le quali as esempio Google sta sperimentando sistemi di diagnosi automatiche con il servizio sanitario britannico6.

Si capisce quindi che conseguire il primato di “Smart city” diviene sempre più fondamentale per attrarre investimenti e rilanciare la struttura del proprio territorio dotando le aziende della infrastruttura necessaria per stare al passo con questo salto tecnologico. Se infatti agli inizi del ventesimo secolo città come Torino investivano nella costruzione di una grande rete elettrica per fornire di elettricità le macchine industriali e sviluppare quindi il proprio settore manifatturiero, oggi si trovano costrette a puntare su questo nuovo tipo di sistemi tecnologici.

Deve però esser chiaro che questo tipo di passaggio non è un passaggio indolore, infatti se nel secolo scorso le istituzioni cittadine affrontavano questi processi trainati da una visione statale interventista, oggi le città lo affrontano in una posizione non più di forza ma di debolezza, messe in ginocchio da decenni di politiche di austerity che han portato ad un sovraindebitamento nei confronti di banche e fondazioni bancarie, una condizione creata e sfruttata da fautori dell’ideologia neoliberista per imporre sistemi di governance pubblico-privata e dotare di un maggior potere egemonico le aziende private.

È infatti in questo contesto di crisi, testimoniato da aumenti dei tassi di disoccupazione, deindustrializzazione e spopolamento, che varie città stanno affrontando il tema 5G, puntando a mettere a valore la risorsa “dati”7, un guadagno che sembrerebbe “costo zero” per le amministrazioni, ed a rilanciare le imprese in crisi e gli istituti di ricerca del territorio connettendole alle grandi aziende dell’Hi-Tech.

Per fare ciò però le amministrazioni hanno come unica alternativa quella di consegnare parte della propria futura struttura digitale strategica nelle mani di aziende private a cui vengono consegnati i dati dei propri cittadini senza la possibilità di un controllo democratico. Un processo che sta portando inoltre l’installazione di antenne 5G senza un vero e proprio studio sugli effetti che le radiazioni possono dare a lungo termine sulla salute umana e conseguenti proteste da parte della cittadinanza preoccupata per la propria salute8.

Quella che sembra una soluzione per rilanciare l’occupazione e lo sviluppo dei territori, rischia di rivelarsi in realtà un boomerang per la popolazione dei territori stessi, il rischio è infatti che i posti di lavoro tagliati grazie ai processi di automazione e all’intelligenza artificiale non vengano rimpiazzati dai posti di lavoro creati nei nuovi settori9, come suggeriscono alcuni dei fautori dell’automazione generale, e che grandi fette di lavoratori, non in grado di reinventarsi nei settori tecnologici, finiscano per rimanere esclusi dal mondo del lavoro o rimanere imprigionati nella trappola del lavoro povero e precario fornito dalla nuove piattaforme web.

La competizione globale

Concentrarsi su di una scala geografica cittadina rischia però di darci una visione parziale sul processo che stiamo analizzando non consentendoci di comprendere appieno questo fenomeno.

Se infatti è vero che negli ultimi tre decenni nei paesi occidentali si è assistito ad un mutamento delle gerarchie fra le scale spaziali del potere politico che ha portato ad un maggiore protagonismo degli organismi amministrativi territoriali come le città, queste ultime si trovano a poter esercitare la loro autonomia entro un ben stabilito limite, imposto dai meccanismi di austerity, trovandosi a poter esercitare una propria dialettica solo nell’ambito dello sviluppo di sistemi innovativi di governance e amministrazione locale, basati su partnership pubblico private, per portare avanti direttive ben delineate da governi nazionali e sovranazionali.

Lo sviluppo dei progetti della rete 5G nelle città europee non è infatti solo frutto di una spinta innovativa soggettiva ma si inserisce all’interno di una strategia dell’Unione Europea cominciata nel 2016 con il “5G Europe Action Plan”, <<un’iniziativa strategica che riguarda tutte le parti interessate, private e pubbliche, piccole e grandi, in tutti gli Stati membri, per affrontare la sfida di rendere il 5G una realtà per tutti i cittadini e le imprese entro la fine del 2020>>10 . Tramite questa iniziativai si sono sistematizzati e coordinati gli investimenti pubblici e privati nel settore inserendoli nel progetto di ricerca europeo “Horizon 2020”11 e rafforzando il progetto di Partnership Pubblico-Privata 5G-PPP12 tramite cui la Commissione Europea e le imprese private del settore hanno cominciato a sviluppare progetti a livello cittadino in collaborazione con gli stati membri.

Un approccio politico in linea con le strategie di governance neoliberiste attuate dall’Unione Europea che dalla sua fondazione ha puntato ad incentivare la competizione intercittadina tramite un sistema finanziamenti legati allo sviluppo di progetti locali tramite il coinvolgimento del settore privato.

Questo piano per il 5G non può che essere visto inltre secondo due tipi di logica a livello europeo: la prima, ampiamente sostenuta anche dall’attuale commissione europea13, riguarda la creazione dei cosiddetti “Campioni Europei” del digitale, ossia imprese private europee del settore hi-tech, da far crescere tramite lo sviluppo di progetti nell’ambito delle tecnologie legate alle Smart City e grazie alle quali riuscire a competere con le rivali americane e cinesi; la seconda riguarda invece la necessità di un salto tecnologico necessario per avere un apparato industriale e produttivo all’avanguardia, motivo che spinge ad aprire partnership con aziende extra europee come le cinesi ZTE e Huawei per settori come il 5G in cui le imprese europee non sono ancora in grado di esser pienamente competitive sul livello di costi e su quello dello sviluppo tecnologico.

Questa corsa frenetica agli investimenti nell’ambito tecnologico rende manifesto il grande timore di rimanere esclusi dalle catene produttive globali, risultando condannati a recitare un ruolo secondario e subordinato rispetto ai paesi più avanzati.

Seguendo quest’ottica si possono comprendere gli sforzi dell’Ue e di paesi come l’India di Narendra Modi che nel 2015 ha lanciato la “Smart City Mission” grazie alla quale elevare al rango di Smart City 100 città sparse in tutto il territorio nazionale14 con investimenti sull’infrastruttura 5G e con l’intento di diventare leader nell’ambito dell’intelligenza artificiale15.

Il vero scontro globale che fa da sfondo a tutti i progetti di installazione dell’infrastruttura 5G è però quello tra le imprese cinesi e quelle nordamericane diventato un vero e proprio conflitto economico e politico internazionale tra le due nazioni e che sta contribuendo a minare alla base il sistema di libero mercato internazionale nato dopo la fine della guerra fredda grazie alla globalizzazione a egemonia statunitense.

Da almeno due decenni lo sviluppo tecnologico e la modernizzazione sono tra gli obbiettivi centrali portati avanti dal comitato centrale del PCC cinese che, tramite gli investimenti delle imprese tecnologiche straniere attratte grazie alle zone economiche speciali, tramite enormi investimenti nell’ambito della ricerca e tramite la creazione di metropoli sempre più interconnesse, soprattutto nell’area costiera, è riuscita a diventare uno dei paese leader a livello tecnologico sia nel campo del 5G, con Huawei e Zte, sia nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale.16

La base dello scontro con gli Stati Uniti in questo ambito è da inquadrare non solamente nella mera concorrenza commerciale tra le imprese ma anche tenendo in considerazione la capacità che la Cina ha avuto nello sfruttare la sua tecnologia avanzata per rendersi fondamentale nello sviluppo dei nuovi sistemi produttivi globali e sviluppare quindi legami economici e politici in grado di ridurre fortemente l’egemonia degli USA.

Sono queste le ragioni che pongono al centro guerra commerciale tra Cina e Usa il 5G e che hanno portato Trump ad aprire un conflitto economico a colpi di dazi, limitazioni degli investimenti cinesi negli Stati Uniti ed anche arresti illustri come quello della figlia del fondatore di Huawei, nonché vicepresidente della compagnia nel 201817.

Questo scontro, come anticipato precedentemente, si riflette quindi anche a livello europeo dove, soprattutto dopo il mancato accordo sul TTIP che avrebbe dovuto contenere anche accordi di collaborazione per lo sviluppo delle Smart City18, gli Stati Uniti cercano da anni di evitare l’installazione delle antenne 5G cinesi nei paesi alleati esercitando una continua pressione su questi ultimi insistendo soprattutto sulla possibilità che queste possano essere usate come strumenti di spionaggio19 come spesso già avvenuto per simili tecnologie di comunicazione. Una condizione che anche in Italia rischia di far saltare gli accordi tra il governo e le aziende cinesi, ZTE e Huawei, con cui da anni sta sviluppando progetti di collaborazioni nell’ambito delle tecnologie legate al 5G a Milano, Cagliari, Roma, Prato, l’Aquila, Bari e Matera20.

Un processo in divenire

Come osservato alla luce delle precedenti argomentazioni, ciò che ho analizzato, e che sicuramente meriterebbe un approfondimento maggiore per ogni ambito qui accennato, fa parte di un processo in divenire legato alle trasformazioni del modo di produzione capitalista che si manifesta su scale geografiche differenti, da quella globale a quella cittadina. Un processo che chiaramente non possiamo osservare con occhio deterministico come una “naturale” evoluzione delle cose, ma un processo storico che risponde alla spinta di diverse soggettività e interessi la cui interrelazione ne determinerà il futuro sviluppo passando dal mondo della narrazione al mondo della realtà materiale.

1 https://lemacchinevolanti.it/approfondimenti/cosi-il-5g-cambiera-le-nostre-citta

4 Urban political geographies, U. Rossi e A. Vanolo, Sage, 2012

5 Evgeny Morozov & Francesca Bria Rethinking the Smart City, Rosa Luxemburg Stiftungh New York office, 2018

6 Evgeny Morozov & Francesca Bria Rethinking the Smart City, Rosa Luxemburg Stiftungh New York office, 2018

7 Evgeny Morozov & Francesca Bria, Rethinking the Smart City, Rosa Luxemburg Stiftungh New York office, 2018

10 https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/5g-europe-action-plan

11 https://5g-ppp.eu/european-5g-actions/

12 https://5g-ppp.eu/

13 https://www.wired.it/attualita/politica/2019/08/23/ue-google-europeo/

16 Limes, 11/18,Non tutte le cine sono di xi, pg 111, Pechino non dominerà l’intelligenza artificiale

17 https://contropiano.org/news/internazionale-news/2020/01/11/la-vicepresidente-di-huawei-sara-estradata-negli-stati-uniti-0122883

18 Evgeny Morozov & Francesca Bria, Rethinking the Smart City, Rosa Luxemburg Stiftungh New York office, 2018

19 https://contropiano.org/news/internazionale-news/2019/12/03/5g-non-fidatevi-dei-cinesi-nuova-offensiva-usa-nella-guerra-economica-alla-cina-0121479

20 Limes, 2/19,Una strategia per l’italia, Pechino cerca Roma meglio non perdere l’ultimo treno

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