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Tassare le rendite? macchè, solo i piccoli risparmiatori…

LA TASSAZIONE DELLE RENDITE FINANZIARIE: IL VERO SCONFITTO E’ IL PICCOLO RISPARMIATORE

Dopo comunicati più o meno ufficiali, dichiarazioni, smentite e contro smentite è stata finalmente varata la manovra finanziaria che ha “colpito” anche il settore del risparmio e degli investimenti.
Prima di giungere a considerazioni e riflessioni, passerei in rassegna le principali novità riguardanti le rendite finanziarie.

In primo luogo è stata armonizzata al 20% l’aliquota fiscale su tutti gli strumenti finanziari ad accezione dei titoli di Stato (Bot, Btp, ecc..) che continueranno a scontare una tassazione del 12,50%. D’ora in poi, tutte le plusvalenze realizzate sulle rendite finanziarie (compresi i conti correnti) subiranno un prelievo del 20%.
In verità si parlava di questa armonizzazione da almeno un decennio, già anche con i governi di altre “tendenze” politiche (Prodi) al fine di adeguare il nostro sistema finanziario a quello degli altri Paesi europei. Ricordiamo comunque che la prima stesura della manovra aveva proposto una tassazione del 35%, un’aliquota che, se fosse passata, avrebbe di fatto sancito la migrazione in massa degli operatori istituzionali (Banche, Sim, Broker, Fondi Comuni, ecc..) su altri mercati esteri caratterizzati da aliquote minori, rendendo quindi ancora più asfittici i mercati finanziari nazionali.

In secondo luogo è stata innalzata l’imposta di bollo annua sul deposito titoli dei risparmiatori da 34,20 euro a ben 120 euro, praticamente è quadruplicata; la stessa imposta passerà a 150 euro dal 2013 e sempre dalla stessa data passerà a 380 euro per i depositi con valore non inferiore a 50.000 euro.
Si calcola che i conti degli italiani colpiti da tale “salasso” saranno almeno 10 milioni per un gettito per lo Stato di circa 8 miliardi di euro.

E, per finire, è stata maggiorata dello 0,75% l’Irap (l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive introdotta nel fisco italiano nel 1997) a carico delle Banche italiane che, secondo stime (dati Bankitalia 2010), determinerà un contributo a loro carico di circa 250 milioni di euro.

Venendo alle considerazioni e alle esemplificazioni:

– per quanto concerne l’armonizzazione dell’aliquota al 20% sulle rendite finanziarie, questa manovra avvantaggerà strumenti quali i conti correnti in tutte le loro forme (online, di deposito, tradizionali, vincolati) tassati in precedenza al 27%, mentre saranno penalizzati altri strumenti quali i titoli azionari, le obbligazioni, i fondi comuni d’investimento, i pronti contro termine, gli Etf ma soprattutto la gran massa dei buoni postali fruttiferi, tassati in precedenza al 12,50%. Rimarrà invariata invece al 12,50%, come già detto in precedenza, la tassazione sui titoli di Stato (Bot, Btp, Cct).
E da questa equiparazione tra tutti gli strumenti finanziari sicuramente ne beneficeranno le Banche che vedranno aumentare la raccolta diretta mediante l’apertura di nuovi conti correnti, soprattutto quelli vincolati e di deposito ad alto rendimento, o mediante l’incremento delle giacenze sui conti già esistenti. Preparatevi quindi ad essere “inondati” su tutti i media da reclame ed offerte di queste tipologie di conti con rendimenti sopra la media.
Come si accennava all’inizio, Tremonti aveva proposto nel disegno originario un’aliquota al 35% ma, fatto curioso, proprio nel giorno dell’uscita della bozza della manovra, il Governatore della Banca Centrale Europea Trichet si presentava per un’audizione all’Europarlamento nella quale affermava che qualsiasi tentativo di modificare il prelievo fiscale sulle attività finanziarie in Europa (chiaro riferimento anche al nostro Paese) avrebbe determinato solamente una traslazione dell’operatività bancaria in altre aree, magari extra Ue, e con la globalizzazione dei mercati, specialmente quelli finanziari, queste manovre non sempre ottengono l’effetto desiderato; semplice coincidenza o manovra architettata ad hoc per influenzare Tremonti..??.
Non è da escludere nemmeno che il buon Ministro dell’Economia sia stato sottoposto ad una forte pressione della lobby bancaria-finanziaria tanto che, oltre alla netta riduzione dell’aliquota fiscale sulle attività finanziarie, è scomparsa dalla manovra anche l’imposizione del “fissato bollato” dell’1,5 per mille sulle operazioni di compra-vendita degli strumenti finanziari.

– Il vero salasso per il risparmiatore giungerà però dall’aumento dell’imposta di bollo sul deposito titoli. E’ immaginabile pensare che chi detiene piccole somme utilizzate per comprare qualche azione, etf o obbligazione, certamente si farà i conti in tasca e sarà probabilmente spinto ad abbandonare questi strumenti, che necessitano di un dossier titoli, per passare magari ad un conto deposito che non necessita del dossier titoli.
Non ci vuole molto a capire che il più colpito sarà quindi il piccolo risparmiatore, soprattutto quello che detiene qualche azione o bond da cassettista, con orizzonte temporale di lungo periodo.
Può darsi che alcune Banche, soprattutto quelle che operano online, decideranno di accollarsi il costo relativo al dossier titoli, come avviene ora, ma se attueranno questa mossa non lo faranno certamente per generosità -non si addice alle Banche- ma piuttosto per attirare nuova clientela.

– Per quanto riguarda la maggiorazione dell’Irap (+ 0,75%) a carico delle Banche la quale, conti alla mano, non porterà un grande gettito allo Stato e produrrà conseguenze negative sul personale bancario; infatti la voce da prendere a riferimento per calcolare gli effetti della maggiorazione di questa imposta è il costo del personale, proprio perché l’Irap colpisce soprattutto la “voce” del personale. E’ da aspettarsi quindi una riorganizzazione interna da parte di molti Istituti bancari, specialmente quelli di maggiori dimensioni che porterà inesorabilmente a riduzioni di personale, soprattutto nelle aree centrali, e/o a pre-pensionamenti.

In definitiva, il vero sconfitto dall’ultima manovra non è il sistema bancario ma è il risparmiatore italiano, soprattutto il piccolo risparmiatore. Non è solamente la logica a dirlo ma sono anche esempi pratici di applicazione delle nuove norme. L’armonizzazione dell’aliquota sulle attività finanziarie raddoppierà il prelievo fiscale, e la quadruplicazione dell’imposta di bollo sul deposito titoli assume la fattezza di una vera “gabella” forzosa.
Da alcuni calcoli del Sole 24 Ore si stima che un risparmiatore con 10.000 euro in titoli con un rendimento medio nominale annuo del 3% pagherà ora circa 180 euro in imposte, pari al 60% del proprio reddito nominale e 180%… del proprio rendimento reale, prendendo a riferimento anche un tasso medio d’inflazione pari al 2%. Un risparmiatore con 30.000 euro in titoli pagherà il 33% del proprio reddito nominale ed il 100% del proprio rendimento reale. Un risparmiatore con 100.000 euro in titoli pagherà invece il 24% del proprio reddito nominale in imposte ed il 72% del proprio rendimento reale.
Converrà quindi ancora al piccolo risparmiatore detenere titoli e obbligazioni, magari in un’ottica da cassettista? Ma ora le Banche, anche se perderanno molti clienti che operavano in questa maniera, con l’armonizzazione delle aliquote fiscali, potranno recuperarli proponendo loro nuovi strumenti quali i conti deposito, vincolati, ad alti rendimenti.
Ben venga il riordino e l’unificazione delle aliquote fiscali ma non a spese dei risparmiatori, soprattutto i piccoli, e dei cittadini.
Ricordiamo che la Costituzione dovrebbe tutelare il risparmio e la progressività delle imposte.

Fabrizio Zampieri Economista ed Analista Finanziario

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