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No Tav in Valle Scrivia. La protesta cresce

I ciclisti di Rigoroso, preoccupati per le falde acquifere, i genitori della scuola di Trasta «Villa Sanguineti», che il Cociv (il consorzio costruttore) voleva espropriare, gli amministratori di Arquata Scrivia, il cuore della lotta, i numerosi comitati No Tav tra Piemonte e Liguria. Sono solo alcuni dei protagonisti della grande marcia contro il Terzo Valico (l’alta velocità tra Genova e Tortona), che ieri ha percorso la distanza tra Serravalle Scrivia e Arquata per dire no agli espropri e a un’opera impattante e costosa (115 milioni di euro al chilometro per un totale di 6,2 miliardi di euro).
Sono arrivanti in tanti, almeno tremila in corteo con le ormai storiche bandiere biancorosse contro l’alta velocità, ma anche quelle di Legambiente e della Fiom. Tra gli altri, anche una delegazione dalla Val di Susa (considerato un modello di lotta) e l’associazione Voci della memoria di Casale Monferrato, in prima linea nella lotta contro Eternit e amianto, per ribadire il potenziale rischio che il territorio potrebbe correre con l’inizio dei lavori. In alta Val Lemme – denunciano – ci sono rocce serpentinitiche.
La manifestazione è stata aperta da uno striscione con la scritta, «La terra non si espropria, la dignità non si compra», e ha percorso lo stesso tragitto della storica marcia del 2006. Un serpentone colorato ed eterogeneo con famiglie con bimbi in carrozzina, giovani e anziani e pure frange del tifo organizzato: tutti per protestare contro «l’insulsa grande opera», 53 chilometri di linea ferroviaria ad alta velocità e alta capacità, di cui 39 in galleria. «Siamo molto soddisfatti, ma la lotta non si ferma qui – ha detto Claudio Sannita, comitato No Tav di Arquata Scrivia – domenica 21 saremo di nuovo in marcia con partenza da Voltaggio, visita guidata alle bellezze naturali e agli orrori umani della Val Lemme».
Il movimento sta crescendo, difficile, però, dire se sarà un’altra Valsusa. I problemi sul tavolo sono comunque tanti: il rischio ambientale, su cui aleggia il timore, denunciato dagli ambientalisti, dell’amianto, nonché un dissesto idrogeologico e il prosciugamento delle falde acquifere. E poi gli espropri di immobili e terreni, descritti dal palco da due cittadine espropriate, una piemontese (Serravalle) e una ligure (Campomorone).

da “il manifesto”

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