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Mafia Capitale. Renzi comincia a vedere le streghe

Le prime campane stonate erano risuonate quando aveva deciso di asfaltare contemporaneamente la Cgil e la vecchia guarda del Pd (chiamarla “sinistra”, come fanno tutti, ci sembra decisamente eccessivo). Poi le elezioni regionali di domenica scorsa, con il dimezzamento netto di voti e percentuali al Pd ormai nelle sue mani, hanno reo solare l’abisso che si andava crando tra l’ennesimo Grande Comunicatore e il paese reale (Confindustria a parte).

Ora l’inchiesta Mafia Capitale entra direttamente nelle stanze del governo, mettendo al centro la gestione paramafiosa del Cara di Mineo, in Sicilia, orrendo centro di “accoglienza” e smistamento dei migranti che riesconoa a sopravvivere arrivando sui barconi. La gestione era stata affidata a La Cascina, una cooperativa di Comunione e LIberazione, a quanto pare protetta – secondo le intercettazioni riportate dall’ordinanza della Procura – dall’ex ministro Lupi e da Angelino Alfano, tramite appunto il sottosegretario agli interni, Giuseppe Castiglione, siciliano come il ministro-segretario ex berlusconiano di ferro. Peggio ancora: sarebbe stato proprio Castiglione a nominare Luca Odevaine come componente del Tavolo di coordinamento per l’mergenza profughi dal Nord Africa e a inviarlo come consulente al centro di Mineo.

Lui si difende, in un’intervista a Repubblica, chiamando in causa anche il leghista Roberto Maroni: nel luglio 2011, in piena emergenza immigrazione, “chiedo garanzie su di lui al Viminale e le ottengo, anche se non è ascrivibile alla mia parte politica, militavo nel Pdl”. In quell’ estate, spiega Castiglione, “il ministro degli Interni Maroni lancia un appello agli enti locali per accogliere quanti più migranti. Io sono presidente di tutte le Province, oltre che di Catania, e mi mobilito. Maroni fa requisire il villaggio della solidarietà, l’ex residence degli Aranci a Mineo. Odevaine allora è il direttore della polizia provinciale di Roma al fianco di Zingaretti, è stato capo di gabinetto di Veltroni, persona autorevole e nota in quanto tale”.

Inevitabilmente è partita l’offensiva generae per chiederne le dimissioni immediate, perché appare evidente che solo la sua particolarissima condizione – parlamentare coperto da immunità – gli ha risparmiato l’onta degli arresti insieme a Odevaine, Carminati, Buzzi e i dirigenti della cooperativa “bianca”. Soprattutto, la sua carica si sottosegretario lo pone in una posizione incompatibile con quella di indagato. 

Ma Angelino sa benissimo che se cade Castiglione anche lui finisce arrosto, quindi ha puntato i piedi: “non si tocca”. Purtroppo per lui non è l’unico indagato a far parte del “clan dei siciliani” che costituisce il vertice dl suo gruppetto parlamentare, l’Ncd. Quindi le sue possibilità di reggere l’attacco sono decisamente scarse.

Sì, va bene, ma Renzi che cosa dice? Fa il berlusconiano, come sempre. 24 ore dopo aver asserito davanti a tutte le telecamere che “chi sbaglia paga, nessuno ha fatto quanto noi contro la corruzione”, ha cambiato totalmente registro: i suoi uomini a palazzo Chigi tracciano una temporanea trincea “garantista” (nel senso infame che questa parola assume quando a pronunciarla sono i vertici del potere politico per coprire i propri soci sotto inchiesta). Pronti naturalmente a rovesciare di nuovo la posizione e scaricare Castiglione se le varia mozioni di sfiducia presentate in Parlamento avranno chance serie di raccogliere una maggioranza.

Intanto, in una delle mille interviste quotidiane, compie il solito miracolo di nonsense; “”Chi è stato condannato deve uscire definitivamente dalla politica”. In pratica: Castiglione può restare dov’è (per ora è solo indagato, mica condannato dopo tre gradi di giudizio…), ma sono davvero implacabile (“definitivamente”, mica poco…). 

Poi, altra intervista, altra versione, solo leggermente più esplicita:  “Ho cinque sottosegretari con avvisi di garanzia. Ma ho giurato sulla Costituzione: un cittadino è innocente fino a sentenza definitiva”. Conta evidentemente sul fatto che siano molto pochi quelli in grado di capire che a un amministratore degli affari pubblici si chiede qualcosa di più rispetto a un qualsiasi semplice cittadino. E, a quanto pare, Renzi non ha letto la Costituzione su cui pure ha dovuto giurare. La quale, all’art. 54 recita: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”. L’onore lo si può perdere molto prima di una condanna in Cassazione…

E’ un classe politica di “impresentabili”. Dove cogli, fai punto. Stanno lì sono perché un’opposizione all’altezza della sfida non si vede. Tutti noi compresi.

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