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Corto Circuito. Si rientra per l’assemblea, ora la parola al Comune

Una giornata di normale delirio metropolitano, che per fortuna si è chiusa senza la perdita di un altro spazio sociale storico.

Ma andiamo con ordine.

Stamattina alle 5, come detto nelle cronaca sincopata della mattina, almeno 50 blinadati di polizia e carabinieri, più una ruspa (Salvini non si è visto, però…) hanno bloccato tutti gli accessi al quartire Lamaro, a Roma, al confine di Cinecittà, Torre Spaccata e Cinecittà Due. Obiettivo: lo sgombero forzato Corto Circuito, centro sociale storico della città.

Uno schieramento da "grande operazione di polizia" che doveva far da sfondo allo sfoggio della forza da parte dello Stato.

Col passare delle ore si è cominciato a capire che si è trattato di una operazione decisa da un singolo magistrato, Pierluigi Cipolla, da anni concentrato nel titanico sforzo di perseguitare il Corto e i suoi attivisti. La sua ordinanza, però, parlava di un "abuso edilizio" commesso nell'area appartenente al Comune di Roma (una delle tante ex scuole abbandonate per mancanza di studenti). Dopo che un tendone era andato distrutto, era stato chiesto per anni di poter costruire una nuova struttura per tenere i concerti, insonorizzata con tecniche retrò ecologiche e modernissime, in modo da non contrastare cone le esigenze degli abitanti dei palazzi circostanti. Nessuna risposta da parte delle amministrazioni precedenti e quindi la decisione i iniziare comunque i lavori, come fanno tanti "privati", secondo il principio del silenzo-assenso.

All'ingresso le "forze dell'ordine" hanno provato a bloccare e asfaltare tutta l'area, forti della ruspa e delle armi. Primo problema: l'area è del Comune, ufficialmente neppure avvertito della "grande operazione" (qualcuno sicuramente avrà saputo qualcosa, ma nel clima che si resira al Campidoglio non è impossibile che non tutta la giunta sia stata "notiziata" dell'irruzione).

14500625_1183955925005723_2604283344585341154_oSecondo problema: l'ordinanza di riferisce al bar e al tendone, gestiti da una società del Corto Circuito, e quindi non è possibile distruggere tutto (palestra, campetto di calcio e il parco intitolato a Stefano Cucchi). Gli avvocati fanno un gran lavoro e soprattutto i carabinieri si limitano a distruggere bar, cucine e la nuova struttura in costruzione, visibile nella fotografia qui accanto; un vero gioiellino dell'ecoedilizia.

A quel punto venngono messi i sigilli nella parte saccheggiata, ma il resto deve essere lasciato intatto. Il comandante dei vigili urbani, cui spetta per legge la nomina del custode giudiziario dell'area sequestrata e che deve essersi reso conto che il gioco era un po' più politico – non giudiziario – decide di nominare… il Comune stesso, nella figura dell'assessore al patrimonio. Lo stesso – Laura Baldassarre – che fino a pochi giorni prima aveva escluso qualsiasi azione di forza da parte dell'amministrazione capitolina.

Stabilito questo le "forze dell'ordine" non avevano più ragione per restare in zona (anche se ovviamente ci sono rimaste fino a sera inoltrata). Attivisti del Corto, abitanti del quartiere, sindacalisti di base e compagni di vari  quartieri romani, hanno dato vita ad un corteo per le strade del Lamaro che si è concluso con un'assemblea dentro il Corto Circuito.

La prova di forza di un pezzo dello Stato ha insomma provocato danni economici e tensione, ma nessun risultato definitivo. Paradossalmente, la forzatura costringe ora la giunta pentastellata a uscire dal ritornello del "prendiamo atto", "rispettiamo la legalità", ecc. Debbono prendere una decisione politica che riguarda – come urgenza immediata – il Corto Circuito, ma investe il destino di quasi 800 spazi sociali attivi da anni e decenni.

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