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Padova. Cucù, Bitonci non c’è più

Venerdì notte è caduta la giunta leghista che da due anni governava Padova. Massimo Bitonci non è più il sindaco della più grande città governata dalla Lega Nord.

Purtroppo non è stata una rivolta popolare quella che ha posto fine al governo di Bitonci,  ma solo una classica "manovra di palazzo": la giunta è caduta per le dimissioni in contemporanea di 17 consiglieri su un totale di 32.
Si sono dimessi i consiglieri di opposizione (sette del PD, due del Movimento 5 Stelle, due di Padova 2020, uno della lista "Con Ivo rossi sindaco di Padova"), ma anche cinque consiglieri che facevano parte della maggioranza, o comunque ne avevamo fatto parte nel passato: due di Forza Italia, uno del Centro Democratico, uno della lista "Saia sindaco"  e uno del gruppo misto, Fernanda Saia, sorella del "Saia sindaco", ora assessore alla Polizia Municipale della stessa giunta Bitonci.
Ufficialmente la decisione di questi 17 consiglieri di dimettersi assieme per silurare Bitonci dipenderebbe solo ed esclusivamente dal decisionismo esasperato del sindaco che più volte in questi due anni ha scatenato conflitti all'interno della Giunta Comunale, portando alle dimissioni di ben tre assessori:  quello alla cultura (leghista), quella alla politiche abitative e sociali (leghista pure lei) e quello al bilancio (di Forza Italia).
Quindi il quarto assessore in conflitto con Bitonci, Maurizio Saia, invece che dimettersi, avrebbe concertato la manovra di palazzo che ha posto fine alla Giunta Bitonci.
Ma questa spiegazione sembra un po' semplicistica, e lascia perplessi vedere un Maurizio Saia, fascista tutto d'un pezzo, promotore assieme a Forza Nuova di manifestazioni  contro "l'invasione" dei migranti, complottare assieme con il Partito democratico e i 5 Stelle per far fuori il leghista Bitonci.
E dovrebbe destare ancora più perplessità il fatto che voci di palazzo danno tra gli sponsor dell'operazione il parlamentare padovano Nicolò Ghedini (sì proprio lui, l'avvocato di Berlusconi) e il coordinatore di Forza Italia in Veneto Marco Marin.
E allora c'è da chiedersi, ad esempio, quanto peso abbia in questa vicenda la questione del nuovo ospedale di Padova. 
Un anno prima dell'elezioni di Bitonci, nel 2013, la Regione Veneto, il Comune di Padova (allora rappresentato dal sindaco reggente Ivo Rossi del PD), l'Università, l'Azienda Ospedaliera e l'Istituto Oncologico Veneto avevano siglato un accordo di programma per il progetto di un nuovo ospedale che sarebbe dovuto sorgere nell'estrema periferia ovest della città.
Chiaramente le risorse per la costruzione del nuovo ospedale sarebbero state in buona parte private e ottenute attraverso il project financing, con tutte le conseguenze negative per i lavoratori e gli utenti che si erano già verificate con il nuovo ospedale di Mestre, costruito anch'esso in project financing.
Inoltre le aree per il nuovo ospedale sarebbero state acquistate delle catene di supermercati Famila e Pam che le avevano rilevate tra il 2002 e il 2003 con il progetto, poi fallito, di costruirvi un grande centro commerciale.  
Infine tutta l'operazione apriva gli spazi ad una possibile speculazione edilizia sul sito del vecchio ospedale che si sarebbe dovuto dismettere e che sorge in pieno centro storico di Padova.
E infatti uno dei punti di programma che probabilmente aveva portato più voti a Bitonci nella campagna elettorale del 2014 è stato proprio quello in cui il futuro sindaco si impegnava a ristrutturare l'ospedale già esistente e a stracciare il progetto del nuovo ospedale.
Poi però una volta eletto il sindaco ha cambiato idea e ha proposto un proprio progetto di nuovo ospedale mettendo a disposizione della Regione Veneto un area di proprietà del comune nella periferia est e chiedendo in cambio la cessione al Comune da parte della Regione dell'area in cui oggi sorgono le cliniche universitarie che andrebbero dismesse.
Una permuta che si doveva firmare proprio in questi giorni e che avrebbe permesso al Comune di avere il controllo sul futuro delle aree "liberate" dalla vecchia struttura ospedaliera.
Oggi invece con le dimissioni in massa dei consiglieri e la caduta del sindaco leghista ritornano in gioco tutte le ipotesi per il nuovo ospedale e per il riuso dell'area del vecchio.
Si tratta solo di una coincidenza? Come diceva Andreotti "A pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina".
 
 

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