La povera Rosa Capuozzo, sindaco di Quarto eletta come candidata Cinque Stelle, è la vittima designata di un sistema di merda e della astrattezza politica di un movimento fondato su principi illusori.
Le ultime ore ci consegnano questo quadro: Beppe Grillo la invita anche lui alle dimissioni, dopo l’insolito e duro scontro tra maggiorenti della’”ala napoletana” del M5S, Di Maio e Fico, sulla base di un calcolo realistico del danno che la vicenda sta creando all’immagine pubblica del movimento.
Tutt’intorno la canea vociante dei corrotti e dei servi (esponenti di partito, media, scrittori di regime, ecc) che hanno il solito, unico, obiettivo: se proprio non si riesce a difendere i propri uomini (e tra Pd, Forza Italia e Lega, per restare ai principali, è ormai difficile dire chi abbia prodotto più delinquenti, spesso in associazione tra loro, come Mafia Capitale ha certificato) bisogna dimostrare che “sono tutti uguali”.
Dall’altra parte sembra arrivare al capolinea una subcultura politica semplicistica e facilona, che suddivideva il mondo tra una “kasta” rapace e “i cittadini”, senz’altra specificazione, considerati tutti e per principio buoni, onesti e consapevoli di quel che c’è da fare. La realtà dimostra a iosa che la “kasta” è effettivamente quella roba lì (tranne le solite eccezioni molto isolate, tanto che si fatica ormai a trovarle), ma “i cittadini” non sono affatto tutti uguali e “perbene”; e qual che c’è da fare dipende da molte cose, non risolvibili con un sondaggio tra gli iscritti (spesso pochissimi, a ivello locale).
Ci sono le strutturali differenze di classe (ma a queste pensiamo ormai in pochi, anche se sono quelle principali), che davanti a qualsiasi problema politico o amministrativo generano risposte differenti in corrispondenza di interessi differenti o addirittura opposti. Per esempio, i servizi pubblici. “Li privatizziamo” gridano i “cittadini” che possiedono aziende o imprese commerciali (e anche qualche deficiente disinformato), convinti che il privato sia sempre più efficiente e onesto del “pubblico”. “Li liberiamo dagli amministratori corrotti, li rendiamo più efficienti e garantiamo diritti agli utenti”, si propongono quanti campano soltanto del proprio lavoro, quand’anche lo hanno.
Ma anche volendo far finta che la posizione sociale nella produzione sia ininfluente, restano comunque enormi differenze che l’ideologia grillina si è fin qui ben guardata dall’evidenziare. E così accade che in alcuni territori pezzi di società organizzata nella difesa di interessi a cavallo tra tra legale e criminale, di fronte al tracollo delle vecchie rappresentanze politiche, abbia scelto di non farsi scavalcare dai nuovi trionfatori, prima ancora del successo. A Quarto e a Gela, pur nella profonda diversità delle situazioni, questa società “infetta” (nella concezione ideale grillina) ha fatto di necessità virtù, infilando propri rappresentanti “immacolati”, dal punto di vista giudiziario, nelle liste ellettorali del M5S.
Obiettivo facile, come notavamo altre volte (https://www.contropiano.org/politica/item/34635-il-caso-quarto-faccia-tosta-del-pd-e-i-bachi-dell-ideologia-grillina), perché il meccanismo di selezione attraverso meetup e rete non può selezionare assolutamente nulla, tranne i registrati nel casellario giudiziale. Storia, idee, esprienze passate, collegamenti sociali virtuosi o indicibili, insomma tutto ciò che rientra nelle normali conoscenze che una collettività possiede per prassi quotidiana, viene tenuto fuori. Ma rientra sempre, e tanto più facilmente quanto più certi “pezzi di società” sono organizzati saldamente a difesa dei propri interessi.
Quella di ridurre la politica a semplice amministrazione delle opinioni maggioritarie è un’antica e pericolosa illusione. Che viene svelata – sempre – alla prima prova pratica.
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