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L’Italia si dota della Legge per la guerra

Piuttosto in sordina, il 31 dicembre scorso è entrata in vigore la Legge quadro sulle missioni militari all'estero. La legge era già stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale fin dal 1̊ agosto; ma ne era stata rimandata l'attuazione a fine anno, tranne che per la disposizione all'integrazione del Copasir, cioè dell'organismo di controllo sulle attività dei servizi segreti (venuto fuori come problema in occasione delle “missioni coperte” in Libia), anche se valido solo per la legislatura in corso.
L'Italia si è così dotata di una legge organica dello Stato per l'invio di contingenti militari all'estero che dovrebbe azzerare le contraddizioni di incostituzionalità sul ricorso alle azioni militari contro, verso o in altri paesi vincolate al rispetto dell'art.11. Infatti il nostro ordinamento fino ad oggi prevedeva solo la disciplina della "guerra". Ma lo stato di guerra deve essere deliberato dalle Camere, che conferiscono al Governo i poteri necessari (art. 78 Cost.), mentre la dichiarazione di guerra è prerogativa del Presidente della Repubblica (art. 87, 9° comma). ll tutto nei limiti sanciti dall'art. 11 Cost., che vieta la guerra di aggressione e consente l'uso della violenza bellica solo in ipotesi ben determinate (la difesa).
La storia di questi ultimi venticinque anni, con numerose operazioni militari all'estero e il coinvolgimento dell'Italia in teatri di guerra (Iraq, Afghanistan, Jugoslavia ma anche Somalia, Libano etc.), ha reso inevitabile una legge organica che legittimasse sul piano legale la partecipazione dei militari italiani a guerre e operazioni militari in altri paesi.
La Legge individua la tipologia di missioni, i principi generali da osservare e detta disposizioni circa il procedimento da seguire. La newsletter Affari Internazionali ne offre una sintesi molto utile:


a) Le missioni militari all'estero, sia di peace-keeping che di peace-emforcement, sono in primo luogo quelle con il mandato delle Nazioni Unite, ma aadesso lo sono anche quelle istituite nell'ambito delle organizzazioni internazionali di cui l'Italia è membro, comprese quelle dell'Unione Europea;


2) La Nato non è menzionata espressamente, ma è automaticamente inclusa. La Legge poi si riferisce anche alle missioni istituite nelle coalition of willing, cioè coalizione create su una crisi specifica sulla base di decisioni unilaterali dei paesi che vi aderiscono, infine si riferisce alle missioni "finalizzate ad eccezionali interventi umanitari".


3) La Legge specifica che l'invio di militari fuori dal territorio nazionale può avvenire in ottemperanza di obblighi di alleanze, o in base ad accordi internazionali o intergovernativi, o per eccezionali interventi umanitari, purché l'impiego avvenga nel rispetto della legalità internazionale e delle disposizioni e finalità costituzionali (che a questo punto vengono aggirate dalla legge stessa)


“Resterebbe da chiarire il significato di accordi intergovernativi e come questi si differenzino dagli accordi internazionali. Si tratta di accordi sottoscritti dall'esecutivo o addirittura di accordi segreti?” si interroga Affari Internazionali. “In parte tali dubbi dovrebbero essere fugati dai paletti volti a scongiurare una deriva interventista. Le missioni devono avvenire nel quadro del rispetto: a) dei principi stabiliti dall'art. 11 Cost., b) del diritto internazionale generale, c) del diritto internazionale umanitario, d) del diritto penale internazionale”.
Quanto al procedimento per la partecipazione alle missioni internazionali, viene reso centrale il ruolo del Parlamento, razionalizzando una prassi, qualche volta in verità disattesa, che faceva precedere l'invio del contingente militare all'estero da una discussione parlamentare. Ma spesso la ratifica parlamentare avveniva a posteriori, in occasione della conversione in legge del decreto-legge (DL) di finanziamento della missione.
L'iter disegnato dalla L. 145/2016 è il seguente: la partecipazione alle missioni militari è deliberata dal Consiglio dei ministri, Cdm, previa comunicazione al Presidente della Repubblica ed eventuale convocazione del Consiglio supremo di difesa.
La Legge quadro mette mano anche ad un'altra spinosa questione, ossia se ai militari impegnati nelle missioni debba essere applicato il codice penale militare di pace o il codice penale militare di guerra. Anche la soluzione indicata lascia aperta tutte le strade. La nuova legge dispone che sia applicabile il codice penale militare di pace, ma il governo potrebbe deliberare l'applicabilità di quello di guerra per una specifica missione. In tal caso è però necessario un provvedimento legislativo e il governo deve presentare al Parlamento un apposito disegno di legge.

 

E' dalla partecipazione alla prima Guerra del Golfo (1991) che si pone il problema di conformare la legislazione italiana al ripetuto ricorso alla guerra "nella risoluzione delle controversie internazionali" che di volta in volta è stata mascherata con acronimi sempre più improbabili: operazione di polizia internazionale, guerra umanitaria, protezione di civili, difesa preventiva etc. etc. Operazioni militari che hanno visto negli anni migliaia e migliaia di soldati italiani prendere parte a guerre in altri paesi e miliardi di euro spesi per parteciparvi. Quando le furberie sulla guerra diventano una Legge organica dello Stato, vuole dire che il punto di non ritorno si è avvicinato ancora di un altra spanna.
 

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1 Commento


  • Massimo Artini

    Dispiace leggere un commento così superficiale all’introduzione nella nostra legislazione di uno strumento, come la legge sulle missioni internazionali, che sana una delle più grandi problematiche relativamente all’azione estera del nostro paese.

    Anzitutto non è entrata in vigore in sordina, ma è stata progettata per entrare in vigore alla fine dell’anno solare in cui è stata approvata dai due rami del parlamento (dopo 4 legislature inefficaci) per preparare il terreno ad una buona messa in pratica della legge (nei termini di documentazione e relativi atti).

    La volontà è stata quella, con esplicita richiesta attraverso un ordine del giorno a mia firma, di dare al parlamento il tempo per valutare la migliore procedure attuativa, soprattutto in merito alle missioni già operative.

    Conviene correggere subito l’imprecisione sull’articolo che riguarda il COPASIR: questa disposizione, purtroppo sana un problema politico relativamente alla composizione del COPASIR, in quanto a causa della mancata volontà del Movimento 5 Stelle a rinunciare ad un membro per lasciare lo spazio a Forza Italia (non rappresentata), si è trovato questo (sgangherato) compromesso aumentando di due il numero dei membri del COPASIR. La norma a cui fa riferimento l’autore (per chiarezza) è stata introdotta nell’ottobre 2015 (art. 7-bis della legge di conversione del decreto missioni della fine del 2015), con la votazione senza voti contrari (sull’articolo) della Camera dei Deputati.

    Il fulcro della legge sta nel voler affrontare il problema di maggior rilievo, che viene segnalato dall’autore come una cosa di minore importanza: la mancanza di approvazione politica da parte del Parlamento rispetto ad ogni singola missione (nuova o già in essere). Prima di questa legge il Parlamento era un mero ratificatore delle missioni, autonomamente approvate dal governo, tant’è che il più delle volte ci ritrovavamo a constatare l’attivazione di missioni mai annunciate nemmeno in fase di comunicazioni da parte del Governo. Inoltre l’approvazione delle missioni era relativa solo alla parte di copertura finanziaria con estrema difficoltà di modifica del percorso politico delle stesse missioni (ossia anche di valutazione del raggiungimento degli obbiettivi prefissati, ove posti in essere). Unico caso in questa legislatura la modifica del contingente della missione TIPH 2 ad Hebron (aumentato con un mio emendamento nel decreto missioni dell’ottobre 2015), che ha comportato uno spostamento finanziario di soli 43.000€ (circa).

    Cosa si introduce perciò con questa nuova legge:

    Una chiara definizione di cosa è una missione internazionale, per la volontà precisa del deputato Carlo Galli, si è ricercato una definizione che eviti al governo la discrezionalità sulla definizione di missione e quindi di applicazione della norma sulle missioni internazionali.

    Una nuova procedura autorizzativa, che a differenza della superficiale trattazione dell’autore, prevede la deliberazione del consiglio dei ministri (prima non prevista), la comunicazione al presidente della repubblica (prima non prevista) e l’immediata trasmissione alle camere per l’approvazione o il diniego (prima che la missione venga fatta avviare). Questo strumento, nella nostra legislazione, non è mai stato introdotto: il Governo, titolare della politica Estera e di Difesa, aveva l’esclusivo titolo di decisione in merito alle missioni internazionali. Il Parlamento ha ora la possibilità di conoscere preventivamente quali missioni potrebbero essere implementate, e ha il titolo di bloccarle o autorizzarle. Tale passaggio è fatto in aula e non in commissione (come ultimamente è accaduto per la Libia nel 2011, per il Kurdistan nel 2014 o per la Libia nel 2016 per la missione Ippocrate e non per tutte le missioni).

    Il procedimento autorizzativo prevede, nella trasmissione alle Camere, la comunicazione di una serie precisa di dettagli della missione, tra cui gli obbiettivi, la durata, il numero medio di uomini, le risorse finanziarie a valere del fondo missioni, nonché il quadro legale in cui gli uomini opereranno (per evitare il pasticcio dei Fucilieri di Marina, Latorre e Girone). Questi dettagli arrivavano al parlamento con cadenza quadrimestrale e senza alcuni dettagli quali il framework legale applicato alla missione.

    Viene introdotto uno strumento normativo nuovo che dispone ogni anno un rapporto politico e non esclusivamente finanziario sulle missioni in corso, dove l’aula e non le commissioni saranno chiamate a discutere di ogni singola missione, e sulle quali potranno approvare risoluzioni, dando così alle singole forze politiche la possibilità di esprimersi, anche politicamente, su materie fino ad ora non a disposizione dei rami del Parlamento.

    Oltre a tutto ciò le commissioni competenti avranno anche durante l’anno il dovere di verificare i decreti finanziari emessi per l’assegnazione dei fondi alle missioni, scoprendo per la prima volta la destinazione dei finanziamenti, cosa ora sconosciuta perché interna all’amministrazione della Difesa. Di questo va ringraziato il buon lavoro del senato che ha introdotto un parere rafforzato sul testo ricevuto dalla Camera.

    La storia degli ultimi 25 anni è stata forse così mal gestita proprio perché erano assenti strumenti che garantiranno una trasparenza preventiva che ad oggi non si era mai vista. Per porre un esempio di questa legislatura: se la missione Active Fence, ad oggi operativa in Turchia, fosse stata attivata con la nuova legge quadro in vigore sarebbe stata portata all’attenzione dei cittadini e della politica prima della sua implementazione, che viceversa si è poi sostanziata in una mera ratifica da parte del parlamento nel decreto missioni 2016. Avremmo potuto discutere prima della necessità (a mio modo di vedere errata) di mandare una batteria antiaerea/antimissili in Turchia, contro ISIS che non ha né missili né aeronautica (ovvero con lo scopo di aiutare i Turchi ad abbattere eventuali aerei russi nell’area?).

    Veniamo alla giusta richiesta di valutazione circa la costituzionalità della norma introdotta: la preparazione della legge in commissioni Difesa ed Esteri alla Camera ha passato il vaglio finale di tre costituzionalisti che hanno approvato e consigliato l’impianto attuale in quanto pienamente rispettoso del dettato costituzionale.

    Anche la superficialità della trattazione da parte dell’autore rispetto agli accordi internazionali, si imbatte sul procedimento autorizzativo che prevede espressamente il passaggio parlamentare, che fa abortire in partenza le congetture sulle pastette internazionali. Qualora anche il Governo volesse aggirare la legge con un decreto ad hoc (cosa costituzionalmente possibile) tale decreto sarebbe comunque trasmesso alle Camere.

    Rispetto all’invio di militari, l’autore dell’articolo ha dimenticato di citare il fatto che per la prima volta si introduce la possibilità di inviare i “Corpi civili di Pace”, creati grazie al lavoro del deputato Giulio Marcon nella legge di bilancio 2015.

    Questa legge è stata introdotta, senza alcun voto contrario in nessuno dei due rami del parlamento, proprio per evitare le furberie che hanno portato disastri come l’Iraq e l’Afghanistan, che ancora pesano sulle nostre spalle in termini di morti (civili e militari) e di costi (solo l’Afghanistan circa 6 miliardi di euro in 13 anni), ma anche ad essere chiari su missioni come quella in Libano che è un modello di missione da seguire ed esportare anche ad altri paesi.

    Compito del Parlamento ora provvedere ad una buona messa a regime della norma, controllando che la doverosa prassi che si verrà a creare, sia la migliore per il nostro paese.

    Massimo Artini vice Presidente Commissione Difesa

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