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Un governo Renzi-Berlusconi per obbedire pienamente alla Ue

Tre interviste nello stesso giorno non sono un caso. Come tre punti su un piano, rivelano un cerchio. Renzi su Repubblica, Berlusconi sul Corriere, Alfano dall'Annunziata su RaiTre hanno parlato tutti la stessa lingua fingendo di esprimersi in dialetti diversi.

Il cerchio è facile da individuare: la governance italica del futuro proverà a poggiarsi su governi Renzi-Berlusconi, con i grillini confinati all'opposizione. Lo ha detto quasi apertamente Alfano, lo ha ammesso come ipotesi il Caimano (“l’Italia è troppo fragile per permettersi governi espressione di una minoranza di elettori, e nei quali il resto del Paese non si riconosce. Oggi in Italia esistono tre grandi aree: noi, il Pd e i grillini, molto simili per consistenza numerica. Nessuno di questi tre poli allo stato sembra in grado di governare da solo. Se gli italiani non daranno più del 50% a un solo polo, sarà inevitabile accordarsi”), lo ha lasciato intendere Renzi già solo mettendo da parte il ritorno immediato alle urne e soprattutto derubricando il bipartitismo a "sogno". Lunga vita a Gentiloni, dunque, che arriverà – in questo disegno – a febbraio, scadenza naturale della legislatura.

I tre anni di follia renziana, del resto, hanno dissestato il sistema istituzionale senza riuscire a disegnarne un altro. Così abbiamo una legge elettorale ampiamente incostituzionale (la sentenza della Consulta arriverà tra una settimana) per una sola Camera e una completamente diversa per il Senato, “grazie” alla convinzione che il paese si sarebbe appecoronato con un “sì” al referendum costituzionale. Con il risultato che – qualsiasi sentenza emetta la Corte Costituzionale (persino, per assurdo, dichiarando la legittimità dell'Italicum) – si dovranno scrivere una o due leggi elettorali per “omogeneizzare” i sistemi di voto tra i due rami del Parlamento e dunque – potenzialmente – garantire maggioranze di governo relativamente stabili.

Per fare questo ci vuole tempo. Non tanto per divergenze tra Pd e Berlusconi (le due interviste, messe a specchio, non ne indicano neanche una), quanto per la necessità di assicurarsi che il dispositivo elettorale dia davvero il risultato sperato: ossia una maggioranza tra i due contraenti. Con ovvii problemi per chi, alle presunte "estreme" (Lega e Fratelli d'Italia da una parte, Sel-Si e cespuglietti vari, scalpita per avere "apparentamenti" in grado di far riavere loro qualche parlamentare e relativi finanziamenti). Di certo, sparirà il veleno mortale del "voto utile"…

A regolare questo lavorio sovrintende ovviamente l'Unione Europea, che per un verso stringe all'angolo il governo (con la lettera di oggi che richiama la necessità di coprire un buco nella “legge di stabilità” pari allo 0,2% del Pil, in pratica poco più di 3 miliardi), per l'altro non può permettersi nel 2017 di strangolare nessun paese, visto che si va al voto – con prospettive inquietanti – nei paesi core dell'Unione: Francia, Germania, Olanda. Per il sangue e le lacrime vere e proprie, insomma, se ne riparlerà nel 2018. Per ora, basta l'atteggiamento tenuto dal governo tedesco sulle emissioni dei diesel Fiat-Fca, con il ministro dei trasporti tedesco, Alexander Dobrindt a ricordare che "Le autorità italiane sapevano da mesi che Fca, nell'opinione dei nostri esperti, usava dispositivi di spegnimento illegali"; circostanza che Fca si è "rifiutata di chiarire" e quindi la commissione Ue – secondo il suo parere – "deve conseguentemente garantire il richiamo" di alcuni modelli.

Il futur immaginato per l'Italia è dunque un governo esplcitamente di “grande coalizione” (come quello tedesco e, se dovesse vincere Fillon, in qualche misura simile a quello che si prepara in Francia, con i socialisti condannati a votare sempre a favore), per riuscire a tenere fuori da qualsiasi gioco i “populismi”. Definizione ormai priva di contenuto specifico, visto che indica in Francia i fascisti ripuliti di Marine Le Pen, in Germania i centristi xenofobi di Frauke Petry, in Italia gli ondivaghi del M5S.

In realtà, tutte le manovre politico-istituzionali che si vanno dipanando in Europa hanno lo stesso obiettivo: impedire che movimenti “euroscettici” (a loro non importa affatto se di destra o di sinistra) arrivino al governo in paesi importanti, per peso economico e di popolazione. Perché se non solo dei “big” dovesse percorrere sul serio la strada dell'Exit – come fatto dalla Gran Bretagna, che però era fuori dall'euro e in posizione comunque “quasi esterna” – per l'Unione Europea suonerebbe la campana a morto. E il capitale multinazionale perderebbe un puntello fin qui indispensabile…

Dunque, prima una legge elettorale “ben disegnata”, per favorire al massimo le “larghe intese” (a questo punto andrebbe bene anche il sistema proporzionale…). E poi la “cura greca”. Magari anche una bella "riforma costituzionale" scritta insieme…

E' abbastanza chiaro?

 

 

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