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Renzi vende la carota. Per ora

La “politica” è stata definitivamente sostituita dal marketing. Si sapeva da un pezzo, ma ora la conclusione è doverosa e ufficiale. Lo show di Renzi ieri a Palazzo Chigi, nel presentare le sue promesse di intervento economico, è stato identico a quello di un Berlusconi più giovane. Fortunatamente senza risorse proprie, il che lo colloca tra i fenomeni effimeri; sfortunatamente, al momento senza ricambio altrettanto “mediatizzabile”.

Ci capita spesso, parlando della “politica” parlamentar-governativa, di trovarci a condividere giudizi insieme al Sole24Ore, il quotidiano di Confindustria. Non lo troviamo nemmeno paradossale: in entrambi i casi ci piace fissare i processi concreti, le misure approvate, le decisioni nero su bianco. Loro perché devono rendere conto a interessi materiali ben definiti, noi lo facciamo per la stessa ragione, solo che gli interessi materiali da noi definiti sono antagonisti a quelli dei lettori e azionisti del Sole 24 Ore.  Mentre ci annoia il chiacchiericcio e il protagonismo vacuo dell’“attore che si agita e pavoneggia per un’ora sulla scena e poi nessuno più l’ascolta… pieno di strepito e di furore, che non significa niente”. Guardiamo a questi fatti da lati opposti, naturalmente. Ma con identica nausea.

Il nostro articolo a caldo di ieri (“Il ‘giorno ‘decisivo’ di Renzi diventa il giorno dei rinvii”) coglie gli stessi nodi dell’editoriale del Sole di oggi (“Tanti annunci non fanno una scossa”). A partire dal fatto indubitabile che Renzi, sul piatto, non ha messo ancora nulla: solo annunci. Conditi da slides e “ci metto la faccia”, ammettendo di avere come obiettivo le elezioni europee (se dovesse topparle, da segretario del Pd e premier, andrebbe subito in affanno), gridando con tutto il fiato in gola che “metteremo 80 euro al mese nelle tasche dei 10 milioni di italiani che ne guadagnano meno di 1.500”).

A noi ha colpito di più, nelle pieghe del cosiddetto “piano casa”, quel divieto di allacciare le utenze di gas, acqua e elettricità nelle occupazioni abitative; nonché di potervi mettere la residenza anagrafica. È una dichiarazione di guerra a quella parte di società che ha bisogno immediato di qualcosa di fondamentale: “non vi faremo vivere”, c’è scritto in quel codicillo nell’art. 5. Qualcosa che non si era mai visto – questo sì, altro che le fanfaronate del premier sulle “riforme” – e che contraddice persino l’”anima profonda”, cattolica, di 70 anni di governi più o meno democristiani. È una dichiarazione di guerra che anticipa l’intervento delle polizie, ma che nell’immediato punta a rendere “impraticabili” gli spazi occupati. Così, intanto per via burocratico-amministrativa.

C’è qualcosa di “anglosassone” in questo modo di affrontare il conflitto: la fine della “tolleranza”. Ed è qualcosa che rivela molto anche della componente dominante del capitale multinazionale rispetto a questo paese. Più Stati Uniti che Germania, insomma, più “pragmatismo senza princìpi” che “rigore” da Unione Europea, più berlusconismo che “piddì”.

Dovendo basarci comunque sugli “annunci”, non riusciamo a reprimere la sensazione che ci sia stata un’inversione furbetta della vecchia “strategia dei due tempi”. Una volta si annunciavano i “sacrifici” subito e la “redistribuzione” poi. Renzi promette invece 80 euro tra due mesi, mentre rinvia a “dopo” la lista dei tagli sanguinosi. Ma da dove verranno i risparmi derivanti dalla spending review? La lista è la solita: sanità, istruzione, lavoratori pubblici, pensioni. Sono questi “il grosso” dei capitoli della spesa pubblica. Quindi “gli 80 euro in più” – se mai saranno tanti – andranno utilizzati per pagarsi servizi sociali in diminuzione. Giusto il tempo di far passare le elezioni europee, poi affonderanno, A giugno, con “decisione e velocità”.

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