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Melenchon si smarca dalla logica del “meno peggio”

Jean-Luc Melenchon il candidato della sinistra popolare di “France Insoumise” (Francia indomita), al contrario del socialista Benoit Hamon e del gollista François Fillon, è l’unico candidato che non ha invitato espressamente i propri elettori a dare il voto al candidato ultraliberista ed europeista Emmanuel Macron al ballottaggio del prossimo 7 aprile contro la leader del Front National Marine le Pen. “Non ho ricevuto nessun mandato da parte di chi ha appoggiato la mia candidatura per esprimermi al suo posto- ha detto Melenchon – ognuno di noi sa, secondo coscienza, qual è il suo dovere. Siamo una forza consapevole ed entusiasta – ha affermato – vi chiedo di restare uniti e in movimento. Quelli che oggi pretendono di rappresentare tutti noi, hanno già dimostrato di non esserne capaci”.

Melenchon e “France Insoumis” alle elezioni presidenziali francesi hanno ottenuto un considerevole risultato, il 19,6%, ed è stata indubbiamente la lista che ha sottratto alla Le Pen una parte del voto operaio e popolare francese, declinando la lotta contro la gabbia dell’Unione Europea su contenuti progressisti e popolari e non reazionari.

Coerentemente con questa impostazione, Melenchon fino ad ora non accettato il ricatto del “meno peggio” che, nella vulgata, dovrebbe essere rappresentato dal candidato della destra liberista ed europeista (Macron) contrapposto alla destra nazionalista (Le Pen). Uno scenario assai peggiore di quello tra la padella e la brace, da cui è decisivo che la sinistra popolare si smarchi apertamente per mantenere aperta l’autonomia del proprio percorso. A giugno ci sono le elezioni legislative e una opzione chiara sui contenuti di rottura espressi da Melenchon, potrebbe ottenere un considerevole accumulazione di forze da agire nel prossimo futuro.

Molto lucida, in tal senso, è l’analisi di una fonte insospettabile. Il direttore del quotidiano economico Milano Finanza, Guido Salerno Aletta, infatti scrive oggi che “si preannuncia una Francia senza baricentro, senza equilibri politici, con una coabitazione inedita tra un Presidente senza partito, Emanuel Macron, ed un Parlamento senza maggioranza. Sarebbe una catastrofe, eppure viene salutata come una gran vittoria, contro l’incubo dell’elezione all’Eliseo di Marine Le Pen. Una Francia allo sbando sarebbe comunque meglio di una Francia ostile all’Unione Europea ed all’euro. Meglio morire dissanguati che decapitati”. Una analisi tranchant ma indubbiamente veritiera.

Dal punto di vista sistemico, per i lavoratori e i settori popolari indubbiamente lo scenario peggiore è un esecutivo presidenziale nelle mani dell’ ex banchiere, liberista ed europeista Macron. Una specie di Machurian Candidate del grande capitale, emerso dal nulla per sbaraccare i vecchi partiti e dare centralità agli interessi della borghesia transnazionale europea. Dal punto di vista politico una Francia in mano all’opzione reazionaria della Le Pen è decisamente indigeribile. Individuare tra i due il “meno peggio” è una operazione impossibile e bene ha fatto Melenchon a smarcarsi dall’eterno ricatto diventato la dannazione della sinistra.

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1 Commento


  • Manlio Padovan

    Dato per logico e scontato che quei due sono e non si può sceglierne un terzo, non vi pare che se qualcosa deve cambiare possa aversi il cambiamento solo con la Le Pen? D'altronde i francesi sono nella Storia con una rivoluzione che ha segnato il mondo, mentre noi ci siamo con una unione "voluta a forza per interessi padronali" ha scritto Giovanni Testori che era una persona invisa alla chiesa perché autore non consolatorio, alla sinistra perché ragionava con la sua testa e alla destra perché non amava gli orpelli della vuota retortica (o sbaglio?) e da lì non ci schiodiamo.

    In fin dei conti non è che con la Le Pen i francesi conquistano il mondo; mandano in crisi una UE che è criminale.

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