Alla fine, nel ballottaggio di ieri, contro ogni previsione l’ha spuntata la candidata della destra alla presidenza della Repubblica. La rappresentante della destra Kolinda Grabar Kitarovic sarà quindi il primo capo di stato donna della Croazia. La diplomatica di carriera ed ex ministro degli Esteri ce l’ha fatta veramente per un soffio, ottenendo ieri poche migliaia di voti in più – 17 mila – e il 50,4% dei consensi rispetto al suo sfidante e presidente uscente e leader socialdemocratico Ivo Josipovic fermo al 49,6%.
La rimonta e il successo della leader dell’Hdz segna un importante cambio di guardia non solo alla più alta carica istituzionale del Paese (anche se il Presidente nel paese ha poteri poco più che simbolici), ma una svolta che nessuno poteva prevedere solo poche settimane fa, e che porta la destra alla presidenza in Croazia per la prima volta dal 1999. Evidente l’amarezza per Josipovic che fino a ieri pomeriggio era convinto di avere la vittoria in tasca.
A ribaltare gli equilibri politici pregressi la grave crisi economica che investe la Croazia, in recessione da sei anni, con una disoccupazione al 20% e un debito pubblico all’80 per cento del Pil, condizioni che hanno portato la ex repubblica jugoslava a sottostare al controllo e ai ricatti della Troika. Josipovic ha pagato il diffuso malcontento anche all’interno del suo popolo di centro-sinistra, per l’operato di un governo socialdemocratico considerato troppo ossequioso nei confronti delle direttive dell’UE a base di austerity e tagli. Paradossalmente ad avvantaggiarsene è stato uno schieramento politico altrettanto subalterno alle logiche e alle direttive della Troika europea.
Da notare che ieri l’affluenza alle urne è stata relativamente elevata: ha votato il 59% dei 3,8 milioni di aventi diritto, un dato enormemente superiore al 47% di partecipazione del primo turno del 28 dicembre. Grabar Kitarovic, 46 anni, cattolica, conservatrice e nazionalista, ha promesso più “patriottismo e rispetto per i valori tradizionali”, ma anche uno stile presidenziale molto più dinamico e critico verso il governo. Dopo il giuramento a metà febbraio la Croazia dovrà fare i conti quindi con una difficile coabitazione, che probabilmente si manifesterà in accese dispute tra il primo ministro di centrosinistra Zoran Milanovic, noto per il suo stile scontroso, e Grabar Kitarovic che tenterà di imporsi, al di là delle limitate prerogative che la sua carica di presidente le concede, sulla scena politica interna, dalla quale manca da quasi sette anni, essendo stata prima dal 2008 ambasciatore a Washington e poi dal 2011 segretario aggiunto della Nato per la diplomazia pubblica. Dopo la laurea in lingua e letteratura inglese e spagnola, e un master in relazioni internazionali, Grabar Kitarovic ha lavorato dal 1993 al ministero degli Esteri, per diventarne titolare nel 2004, e guidarlo fino al 2008, su volontà dell’allora premier Ivo Sanader, oggi in carcere per una serie di casi di corruzione, legame che continuerà a rappresentare un’ombra sulla sua immagine pubblica. La sua elezioni ieri sta a significare la fine del periodo di “purgatorio” imposto dall’elettorato al suo partito, l’Hdz, che guidò la secessione dalla Jugoslavia a costo di scatenare una tragica e sanguinosa guerra civile e che negli ultimi anni è stato travolto da una lunga serie di scandali per corruzione.
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