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I cagnolini dell’informazione, sempre fuori tempo

A sentire i tg nazionali – tutti: dalla Rai a Mediaset, passando per Sky – non si può capire perché oltre i due terzi dei lavoratori dell’Alitalia abbiano votato NO alla pre-intesa firmata dall’azienda, dal governo e dai sindacati “complici” (Cgil, Cisl, Uil, con l’Ugl in coda, anche se non conta un tubo).

Con sconcertante unanimità, tutti gli organi di informazione teoricamente “in competizione” tra loro hanno servilmente piazzato il microfono sotto il naso di ministri (Calenda, Poletti, Delrio), sindacalisti sbugiardati dal voto (Barbagallo, Furlan e Camusso, più qualche comprimario della categoria trasporti), e naturalmente dell’azienda (Luigi Gubitosi, “alieno” che parla di un’azienda che avrebbe dovuto dirigere solo se avesse vinto il SI).

Prendiamo il manuale del giudizioso giornalista: c’è una notizia? Sì, il piatto preparato per i dipendeti è stato rifiutato dai dipendenti. Ergo, bisognarebbe ascoltare soprattutto a) i lavoratori e b) i sindacati che avevano detto di votare NO. Qualcuno, anche nel mainstream, ha provato a far parlare i lavoratori che – temendo chiaramente rappresaglie ad personam – avevao deciso tutti insieme di cucirsi la bocca.

A quel punto, qualsiasi “bravo giornalista” si sarebbe messo alla ricerca dei sindacalisti a loro sconosciuti, ma ben noti al lavoratori che questa volta hanno dato loro ragione.

E invece no. A parte un paio di “prezzemolini” che dichiarano su tutto – un paio di frasi fatte e via – neanche una domanda a qualcuno dell’Usb e dintorni (con la lodevole ma circoscritta eccezione del tg regionale). E dire che ormai questo sindacato ha superato ampiamente la soglia della “rappresentatività” sia nel settore pubblico che in quello privato. Lo sanno benissimo, naturalmente, dato che non c’è stata manifestazione di piazza, negli ultimi tempi, che non sia stata invasa da quelle bandiere (dai lavoratori pubblici a Eurostop, dall’Ilva alla Piaggio, dai migranti alle proteste contro la guerra).

E’ una scelta. Per l’informazione di regime non esistono “soggetti credibili” che possano rappresentare i lavoratori al posto di cgilcisluil. Neanche se sono gli unici a parlare di “nazionalizzazione”, ovvero proprio della soluzione che tutti gli altri – ministri, sindacati complici e ovviamente azienda – dichiarano “impossibile”.

Eppure il breviario del bravo giornalista consiglierebbe di andare a chiedere un parere informato proprio a chi “ci ha preso”, anziché a chi ha fatto di tutto per ottenere il risultato opposto.

Continuate così, mi raccomando…

Al prossimo referendum, qualunque sia l’argomento, ci avvicineremo ancora di più al 100%.

 

p.s. Spiace dover notare che anche in ambito antagonista si sia incorso nello stesso tipo di "censura" (vedi per esempio http://www.infoaut.org/index.php/blog/prima-pagina/item/18625-il-no-dei-lavoratori-e-alitalia). Capiamo benissimo che un infortunio del genere deriva in questo caso non certo da subordinazione psicologica verso il potere, quanto da un'atavica allergia ideologica alle forme organizzative concrete del mondo del lavoro (come se "i lavoratori" fossero sempre altrove e non anche dentro le organizzazioni, spesso anche in quelle "complici"), oltre che da una certa visione di cosa si debba intendere per "egemonia politica". Però fa effetto che – all'atto pratico di scrivere un articolo – si crei questa poco commendevole coincidenza. "La verità è rivoluzionaria", diceva qualcuno. Nasconderla, o nascondersela, allontana la presa di coscienza dell'intollerabilità di questo mondo.

 

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