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L’imbeccata a Caldarola per fare autocritica su Potere al Popolo

Pio Pompa è vivo e lotta insieme a loro. Per chi ha meno di 30 anni è bene ricordare che era un agente dei servizi segreti (il “ramo esteri”, che allora si chiamava Sismi), il cui compito era “indirizzare” la stampa mainstream, ingaggiando singoli giornalisti, facendo circolare veline, suggerendo “fonti” altamente inquinate che lui stesso o i suoi uomini avevano predisposto.

Il caso scoppiò quando il vicedirettore di Libero, Renato Farina, al secolo “agente Betulla”, si fece “sgamare” dall’allora pm di Milano, Armando Spataro, cui cercava di carpire qualche informazione sul sequestro in Italia di Abu Omar da parte di un commando della Cia.

Un episodio che gettò l’ombra della manipolazione sul complesso dell’informazione in Italia, già di suo prostrata da proprietari “impuri” (gente che si serve di un media per combattere i concorrenti di business), direttori e capiredattori alquanto disposti a obbedire, cronisti sempre più esposti dal precariato assoluto, ecc.

Può sembrare ingeneroso scomodare il fantasma di Pio Pompa per l’articolo scritto da Peppino Caldarola contro Potere al Popolo su Lettera43, uno dei migliori giornali online italiani. Ma c’è un perché.

Caldarola è un giornalista acuto, con una lunga e brillante storia professionale. E’ stato anche direttore de l’Unità in tempi in cui il giornale navigava in acque non troppo tempestose. Su Potere al Popolo, come correttamente ricorda lui stesso, aveva già scritto altri due articoli, per nulla antipatizzanti, pur premettendo sempre che lui avrebbe votato Liberi e Uguali.

Io su Potere al Popolo ho scritto tre articoli. Nel primo segnalavo la presenza di questa formazione prevedendo un suo buon risultato e indicando come la sua leader, Viola, come la chiama confidenzialmente la signora Raffaella Ferraro, fosse brava in tivù. Nel secondo articolo mi servivo della visita di Melenchon a Napoli, invitato da Potere al Popolo, per criticare Liberi e Uguali che non aveva chiamato qui alcun esponente della sinistra per fare un pezzo di campagna elettorale. Poi, e si arriva all’ultimo articolo, ho scoperto una rivista della loro area secondo cui anche Potere al Popolo era un partito a vita limitata. Le prime due volte tutti zitti, la terza è scattata la lesa maestà.

Pur non avendone scritto, noi di Contropiano ci eravamo accorti dei primi due, valutandoli come una sorta di “sveglia” fatta risuonare nelle orecchie dei “leu-cemici”, privi di un qualsivoglia interesse per possibili partner europei (due giorni fa Grasso ha cercato di porvi rimedio andando a Londra per incontrare i dirigenti laburisti).

Il terzo, invece, ci è sembrato motivato dalla necessità di farsi perdonare l’eccesso di critica nei confronti dei suoi leader. Saremo fantasiosi, ma ci siamo immaginato un Mandrake con il baffino tuonare al telefono un “ma che cavolo scrivi?”.

Se Caldarola avesse preso la tastiera per scrivere un pezzo di critica feroce a Potere al Popolo, beh, ce ne saremmo fatti una ragione (le elezioni non sono il regno del bon ton, specie in questo paese) e avremmo lasciato perdere, come facciamo ogni (rara) volta che qualche giornale di peso nomina la nostra lista.

Il problema è che per stendere il suo articolo Caldarola si è affidato come fonte a un “pezzo” pubblicato da una “rivista” sconosciuta persino a noi che, lo confessiamo, abbiamo una certa antica dimestichezza con l’editoria “dura e purissima”.

Un qualsiasi programma in grado di censire la notorietà di un qualsiasi sito nel mondo – ad esempio Alexa.com o SEMrush – non riesce proprio a trovare traccia di vita intorno ai sedicenti “Tempi post moderni”.

Potreste dire: Beh, certo, chi volete che legga certe cose nel 2018? Obiezione in parte giusta ma, se si fa la prova con altri siti di impostazione anche più settaria, qualche segnale lo si può registrare. Minimo, magari, ma non zero carbonella.

Dunque è quantomeno un sito fin troppo anonimo. Aprendolo, si nota subito – al di là della scenografia iper ”comunista” – che non c’è un nome, una firma, un riferimento geografico o di area ad esclusione di un articolo sull’anniversario del Pci firmato da uno stimato compagno torninese.

L’articolo – chiamiamolo così – da cui Caldarola prende spunto è chiaramente scritto da qualcuno che ha buttato un occhio in qualche assemblea di Potere al Popolo, cogliendo – non ci vuole molto – le differenze generazionali, di appartenenza “partitica” (esageruma nen, dicono in Piemonte), di radicamento sociale, ecc. Quel che insomma fa la forza di questa lista e promette di durare bel al di là del 4 marzo.

Quelle differenze le racconta come insormontabili, laceranti, abissali, brodo di coltura di rapidi tradimenti, ben prima – addirittura! – della giornata elettorale. Insomma un articolo/bulldozer per cercare di smontare quello che si sta cercando di costruire e ricomporre. Una speranza soggettiva dello/degli scriventi. Ma tanto basta a Caldarola per intingere la penna nel (poco) veleno offerto da questa “fonte” quasi anonima.

Gli auguriamo con questo servizio di aver in qualche misura rammendato la sfilacciatura nei rapporti con i “leu-cemici” e di poter brindare al loro risultato.

Non gliene vorremo più tanto ma, come è noto, il rapporto tra mass media e ingegnerie degli apparati dello stato è diventato fin troppo grigio. La nascita di Potere al Popolo è stata, da gennaio in poi, una variabile imprevista e destabilizzante per uno schema politico e mediatico già allestito. Farsi venire qualche dubbio diventa più che legittimo.

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