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Val Susa. La radioattività rivelata con un esperimento in piazza

C’è della radioattività naturale nelle polveri sollevate dal cantiere del Tav in Valle di Susa. A dimostrarlo, attraverso un piccolo esperimento compiuto a beneficio del pubblico, è stato Massimo Zucchetti, docente di “Protezione dalle radiazioni” al Politecnico di Torino, nel corso di un convegno dedicato ai “Rischi dello scavo del tunnel della Maddalena di Chiomonte per il Tav”, durante il quale vari relatori, oltre a parlare dei potenziali pericoli della salute, hanno sollevato il problema della scarsa informazione sull’argomento.

Zucchetti ha avvicinato un “rilevatore di radioattività” ad alcuni campioni prelevati a ridosso del cantiere e l’apparecchio, inerte fino a quel momento, ha cominciato a mandare segnali luminosi e sonori: si tratta di radioattività legata al “decadimento naturale dell’uranio”, registrata in una quantità superiore al cosiddetto “fondo naturale”.

“La quantità si può definire rilevante – ha spiegato – nel senso che può essere rilevata dagli strumenti. Non è niente di drammatico. Però esiste. Nonostante le tesi contrarie”. “Da quelle parti – ha continuato con una battuta – l’uranio era presente nel Cretaceo, vi è rimasto fino agli anni Sessanta e poi, negli anni Settanta, è sparito per decreto. Questo rilevatore, che ho comperato a Milano in un laboratorio certificato, adesso segnala della radioattività. E non credo che si tratti di un apparecchio No Tav”.

Mario Cavargna, di Pro Natura, ha fatto presente che l’intera opera, per il tratto che arriva fino a Settimo Torinese, comporterà l’estrazione e l’accumulo almeno 21 milioni di metri cubi di smarino, e che gli scavi nella collina morenica di Rivoli potrebbero generare un volume di polveri sottili che investirà anche l’abitato di Torino. (ANSA).

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