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Torino. Ottima partenza per la prima sede della Rete

Non potevamo, onestamente, sperare di meglio per la serata di inaugurazione della sede torinese della Rete dei Comunisti e di Noi Restiamo di sabato 18 novembre.

Una sessantina di persone – studenti, intellettuali, militanti anche di Usb e di altre organizzazioni, semplici curiosi – hanno gremito lo spazio di via Oropa 54/f per apprezzare il ricco intervento di Luciano Vasapollo sull’attualità della figura di Che Guevara e dei problemi della transizione al socialismo. Purtroppo non abbiamo potuto godere della presenza di Gianni Vattimo, che in mattinata ci ha comunicato la sua indisponibilità per ragioni di salute.

L’iniziativa rientrava anche nella campagna nazionale della Rete dei Comunisti in occasione dei 50 anni dall’assassinio di Che Guevara, occasione per la quale è stato scritto e abbiamo presentato il libro a cura di Vasapollo e Isabel Monal, “Vámonos, nada más…Camminando con il Che e con Fidel”, che dà anche il titolo alla campagna.

Dopo gli interventi introduttivi, che hanno cercato di rendere il senso e l’importanza per noi di aprire la sede, e di farlo con questo tipo di iniziativa, l’intervento di Vasapollo si è aperto e ha poi ripreso in chiusura il tema della battaglia culturale, della battaglia delle idee (su cui tanto ha insistito Fidel Castro soprattutto nelle Riflessioni degli ultimi anni), un campo dove il capitalismo ha saputo trionfare, nelle teste dei soggetti oppressi oltre che nello sviluppo della produzione. Un campo che oggi, con questi rapporti di forza internazionali, enormemente sfavorevoli per il movimento di classe, tocca considerare come un fronte di lotta centrale per una organizzazione che si propone di sviluppare una prospettiva di trasformazione e alternativa sociale.

È proprio sul piano culturale e ideologico che si è compiuta nei decenni la mitizzazione di Che Guevara. L’immagine che domina nella cultura di massa, che troviamo sulle bandiere, sulle magliette e, come Vasapollo ricordava, addirittura nelle pubblicità della Coca-Cola, è quella del ribelle, del guerrigliero, dell’eroe romantico mitizzato, astratto dal processo storico in cui si inserisce e quindi in fin dei conti inattuale ed inservibile. 

All’opposto, recuperare a tutto tondo la sua attività rivoluzionaria, e il modo, il metodo con cui si confronta con i problemi concreti della costruzione del socialismo in quel contesto, da guerrigliero certamente ma anche da medico, ambasciatore, economista è il senso della lettura che crediamo invece importante portare avanti oggi.

Vasapollo ha così contestualizzato i problemi che Che Guevara si trova ad affrontare da Ministro dell’Economia a Cuba nei primi anni Sessanta, problemi che provocano accesi dibattiti all’interno del gruppo dirigente cubano ma sempre all’interno della condivisione della prospettiva strategica della costruzione del socialismo.

In questo modo va anche affrontata la questione del rapporto con Fidel, che molti, spesso poco onestamente, hanno dipinto in termini di rottura e opposizione, quando invece si è trattato storicamente di divergenze magari anche aspre ma sempre in un contesto di grande rispetto reciproco e soprattutto di condivisione dell’orizzonte rivoluzionario. Vasapollo ha anche ricordato la differenza di tradizione culturale dei due rivoluzionari: marxista-leninista da subito Guevara, martiano prima di tutto e solo successivamente anche marxista-leninista Fidel.

Attualizzare la figura del Che vuol dire anche esaminare i problemi affrontati dallo sviluppo rivoluzionario socialista di Cuba, che negli ultimi anni ha intrapreso una ridefinizione significativa del proprio modello di pianificazione e di sviluppo, dovendo paradossalmente affrontare un eccesso di egualitarismo che non riusciva a essere adeguatamente supportato dallo sviluppo delle forze produttive. Correggere gli squilibri, facendo se necessario concessioni tattiche ma sempre mantenendo l’orizzonte strategico della costruzione del socialismo, è lo sforzo che Cuba sta compiendo.

Il Che nei suoi scritti vede chiaramente che questa costruzione del socialismo non si può realizzare immediatamente con la semplice presa del potere, ma è un processo storico complesso che richiede appunto una lunga fase di transizione nella quale si pongono le basi per tale costruzione, nei vincoli dati – è fondamentale ricordarlo – dai rapporti di forza interni e internazionali.

Vasapollo ha sottolineato che se non si contestualizzano in questo modo i processi storici si rischia, come troppo spesso fa la sinistra anche radicale in Europa, di non cogliere la portata ad esempio degli esperimenti di fuoriuscita dal modo di produzione capitalistico e transizione al socialismo che, in rapporto dialettico con Cuba, sono nati negli ultimi vent’anni in America Latina, in particolare in Venezuela, Bolivia, Ecuador.

Che Guevara fa i conti con il fatto che non ci può essere un modello astratto da applicare alla realtà ma che la transizione al socialismo vive nella prassi concreta e nella misura in cui la soggettività rivoluzionaria è in grado di adeguarsi per rispondere alle modifiche della realtà. Socialismo martiano cubano, socialismo comunitario venezuelano, socialismo andino boliviano rappresentano così forme diverse e specifiche di transizione che non è possibile trapiantare altrove, ma che allo stesso tempo costituiscono un riferimento per le organizzazioni di classe, nella pratica della solidarietà internazionalista. In questa direzione va la dedica della serata fatta da Vasapollo al Che, a Fidel e a Chavez.

Il dirigente della Rete dei Comunisti ha chiuso il suo intervento citando alcuni passaggi di grandissima attualità dei discorsi di Che Guevara alle Nazioni Unite, nei quali il rivoluzionario analizza in modo preciso il ruolo della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale nel mantenere i paesi del terzo mondo nel sottosviluppo tramite l’imposizione di piani di aggiustamento strutturale e politiche di austerità. L’attualità dell’analisi del Che si misura anche confrontando il ruolo che oggi assumono la BCE e la Commissione europea nell’attuazione delle politiche classiste e antipopolari funzionali alla competitività del polo imperialista europeo.

Crediamo che il ragionamento, seguito con grande attenzione dai presenti, abbia offerto numerosi spunti per il lavoro politico e culturale di ricostruzione di una prospettiva comunista adeguata all’oggi che portiamo avanti. Lavoreremo affinché la nostra sede di via Oropa diventi un luogo di confronto e di elaborazione, di aggregazione e di formazione di quell’intellettuale collettivo che, consapevoli dei nostri limiti, abbiamo l’ambizione di costruire.

 

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