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Cento anni dalla dichiarazione Balfour. L’inizio della tragedia per i palestinesi

Un convegno a Roma e manifestazioni alle ambasciate britanniche in tutto il mondo, ricorderanno giovedi 2 novembre il 100° anniversario della Dichiarazione Balfour: data nefasta per milioni di palestinesi. A Roma il sit in sarà dalle 12 alle 13.00 a Porta Pia nei pressi dell’ambasciata inglese. Nel pomeriggio dalle 17.00 ci sarà invece un convegno presso l’Ateneo Valdese (via Cossa 42).  Il focolare sionista concesso dall’impero britannico il 2 novembre del 1917, divenne la leva per l’escalation del colonialismo israeliano nel 1948.

Sono passati 100 anni dalla dichiarazione di sostegno al progetto sionista di una “homeland”, una patria per gli ebrei sionisti in Palestina, dichiarazione rilasciata da sir Balfour, ministro britannico degli Affari Esteri, al barone Rothschild, massimo rappresentante del sionismo inglese.
La dichiarazione non fu un grazioso quanto improprio scambio di omaggi tra due nobiluomini, ma fu preparata nei dettagli, sottoposta al controllo degli USA che ancora non erano entrati in guerra e di cui si auspicava l’intervento a favore dell’Impero britannico che rischiava di uscirne sconfitto.
Non fu neanche un regalo (di terra altrui) motivato da comprensione verso gli ebrei sparsi nel mondo che, secondo il progetto sionista dell’austriaco Theodor Herzl, desideravano avere un proprio stato.
La dichiarazione Balfour fu un compromesso tra un ministro della Corona, paradossalmente antisemita, e un rappresentante del sionismo in grado di portare finanze e aiuto statunitense per vincere la Prima guerra mondiale.
Essa fu l’incontro di due interessi entrambi di natura coloniale: per l’Impero britannico significava avere un piede ben posato verso l’Oriente e il controllo sui giacimenti petroliferi del Medio Oriente. Per il progetto sionista significava appropriarsi di una terra che – meglio di altre già prese in considerazione in altre zone del mondo – potesse richiamare, grazie alla narrazione biblica, gli ebrei sparsi nel mondo anche se questi nulla avevano da spartire con gli ebrei palestinesi ed arabi in genere, a parte il credo religioso.
Era il 2 novembre del 1917 quando, dopo vari aggiustamenti, venne stabilita la forma definitiva che la dichiarazione, di fatto “la promessa”, avrebbe avuto.
Quella dichiarazione garantì all’Impero britannico i necessari finanziamenti da parte di potenti lobbisti inglesi ed americani e, soprattutto, garantì l’intervento bellico degli Usa che avrebbe cambiato le sorti della Prima guerra mondiale a favore della Corona e avrebbe consentito agli stessi Stati Uniti – in cui le lobbies sioniste avevano avuto forte voce in capitolo – di agganciare al Medio Oriente i propri interessi.
Cominciò così l’arrivo MASSICCIO in Palestina di decine di migliaia di ebrei provenienti da tutte le parti del mondo.
La fine della Prima guerra mondiale segnò lo smembramento dell’Impero ottomano, come desiderato dall’Occidente, ma non certo in nome di una maggior libertà dei popoli che ne facevano parte. Del resto, già nel 1916, i rappresentanti delle due potenze europee, Francia e Regno Unito, avevano firmato gli accordi di appropriazione e spartizione dell’intero Medio Oriente in caso di uscita vittoriosa dalla Prima guerra mondiale, i cosiddetti accordi Spykes-Picot dal nome dei due rappresentanti delle rispettive superpotenze.
Gli accordi Spykes-Picot mettevano in chiara evidenza che la precedente promessa (1915-1916) che l’alto commissario britannico Mac Mahon aveva fatto al leader hashemita Al Hussein di consentire la nascita di una nazione panaraba in cambio di una rivolta contro l’impero ottomano era solo una chiacchiera per garantirsi l’alleanza araba contro gli ottomani. Era, insomma, un imbroglio.

Il 2 novembre 1917 pose il punto su tutta la questione rispetto al passato ed al tempo stesso aprì la porta al futuro sfacelo del Medio Oriente
e alla tragedia che il popolo palestinese sta ancora vivendo

Iniziò quindi – ben prima che i nazisti fornissero con il loro immondo crimine la giustificazione dell’olocausto – una politica coloniale che si sarebbe fatta sempre più repressiva nei confronti degli abitanti autoctoni palestinesi quale che fosse la loro religione, e a tutto vantaggio di interessi occidentali. Purtroppo con la tolleranza o l’accondiscendenza di alcuni paesi arabi.

Quando, dopo la fine della Prima guerra mondiale, la Gran Bretagna ottenne il mandato sulla Palestina, i palestinesi si ritrovarono oppressi, segregati, imprigionati dagli inglesi per trent’anni, cioè fino all’abbandono del mandato nel “48 che li vedrà ancor più oppressi, segregati, torturati, uccisi, espulsi o costretti a fuggire verso i paesi arabi limitrofi, a centinaia di migliaia grazie alla fondazione dello Stato di Israele, autoproclamatosi il 14 maggio del “48, addirittura un giorno prima della fine del mandato britannico, come a dire “noi ebrei siamo al di sopra della legalità internazionale”.

La scelta che l’impero britannico fece quel 2 novembre 1917 diede quindi inizio a una tragedia senza fine e che tuttora sembra senza soluzione a causa della cecità dell’Occidente che si ostina, per debolezza, per senso di colpa, per calcolo politico di potere e di controllo economico a non voler risolvere secondo giustizia.
Ad oggi, dopo 100 anni da quell’infausta dichiarazione, i Palestinesi sono sempre più oppressi, imprigionati, perseguitati, feriti, uccisi, espropriati delle loro terre e cacciati dalle loro case, occupate o demolite a decine di migliaia. Privati del diritto basilare di ogni umano: la libertà, e uccisi come mosche, senza neanche processo, spesso per capriccio dei soldati che li opprimono, e tutto ciò senza che Israele venga neanche sanzionato, pur essendo uno Stato che esercita quotidianamente il crimine.

Decine e decine le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite giacciono inapplicate ponendo Israele, di fatto, come dimostrato dal momento stesso della sua nascita, al di sopra della legalità internazionale la quale, schiava delle lobbies di potere, china la testa e non applica sanzioni neanche a tutela dei basilari diritti umani violati quotidianamente.

Oggi, dopo 100 anni da quel giorno che segnò l’inizio della tragedia di un intero popolo,
i palestinesi rivendicano il diritto alle scuse da parte del governo britannico
il quale, ignorando ogni pudore, si accinge a festeggiare il centenario della vergogna.

Il Regno Unito ha una macchia indelebile e lo sa ma, nell’impossibilità di tornare allo status quo ante, che almeno provi ad affievolire il peso della sua responsabilità adoperandosi per il rispetto della legalità internazionale. E’ il minimo che possa fare, invece di festeggiare invitando alla sua tavola i governanti israeliani colpevoli di crimini che vanno ben oltre quanto previsto nella stessa dichiarazione che ha dato il via alla tragedia
Il testo in italiano della dichiarazione
Foreingn Office 2 novembre 1917:
” Egregio Lord Rothschild, è mio piacere fornirle, in nome del governo di Sua Maestà, la seguente dichiarazione di simpatia per le aspirazioni dell’ebraismo sionista che sono state presentate, e approvate, dal governo. “Il governo di Sua Maestà vede con favore la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico, e si adoprerà per facilitare il raggiungimento di questo scopo, essendo chiaro che nulla deve essere fatto che pregiudichi i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche della Palestina, ne’ i diritti e lo status politico degli ebrei nelle altre nazioni”. Le sarò grato se vorrà portare questa dichiarazione a conoscenza della federazione sionista.
Con sinceri saluti
Artur James Balfour “

 

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