Per certi versi, il primo “discorso sullo stato dell’unione” di Donald Trump è stato sorprendente. E’ stato un intervento quasi normale: niente iperboli, niente divagazioni, nessuna gaffe, niente volgarità, addirittura una apertura ai democratici… Insomma, il buon Donald ci ha provato, a fare il bravo. Ovviamente il sospetto che sia un bluff è venuto a tutti, a partire dalla stampa USA.
Entriamo nei particolari, iniziando con alcuni dati: è stato il discorso più lungo degli ultimi anni, il più twittato, il più ricercato sui motori di ricerca. Era dunque atteso, probabilmente per verificare quanto la vicenda Russiagate stesse condizionando l’attività presidenziale.
Forse da quella storia nasce l’inedita “linea soft” scelta da Trump, l’apertura ai democratici, la richiesta di unità e condivisione… chissà.
Veniamo ai contenuti: “Questo e’ il nostro nuovo momento americano. Non c’e’ mai stato momento migliore per cominciare a vivere il sogno americano”, e già la puzza di retorica ha iniziato a diffondersi un po’ ovunque. Ma c’era da aspettarselo.
Innanzitutto mano tesa ai democratici per “mettere da parte le differenze, di cercare un terreno comune e di trovare l’unita” e, sopratutto, per ottenere il via libera ad un pesante investimento di spesa pubblica – 1,5 miliardi di dollari in infrastrutture – che sarebbe mal visto da una parte del Partito Repubblicano e che, per essere approvato, necessita del sostegno di almeno una parte dei Dem.
Poi l’elenco dei successi, conditi da qualche innocua piccola bugia: taglio delle tasse più forte di sempre (secondo alcuni analisti non è così), ripresa della crescita dei salari (che già era in atto al suo arrivo), USA paese esportatore di energia (?).
Ha parlato di immigrazione, ammorbidendo un po’ le sue posizioni: apertura verso i cosidetti “dreamers”, gli immigrati non in regola e attualmente tutelati in quanto arrivati in tenera età, ma costruzione del muro e rafforzamento delle pattuglia ai confini.
Per quel che riguarda la politica estera, poca roba: un passaggio su Daesh sull’orlo della sconfitta in Siria ed Iraq, terrorismo islamico ancora lontano dall’essere debellato, una stoccata all’Iran, una alla Corea del Nord. “Rompere con le politiche fallimentari di Obama”, un passaggio sul “momento magico” del disarmo nucleare che noi fatichiamo tantissimo a vedere, e l’unica notizia certa emersa dal lungo discorso: Guantanamo non chiude.
Come detto, niente Russiagate: sarebbe stato l’unico argomento concreto di cui parlare, ma anche l’unico che era ovvio che non fosse citato.
Ma l’apertura al Partito Democratico e la richiesta di unione e collaborazione potrebbe riferirsi anche a quella spinosa questione. Di certo, l’impressione è che il bisogno di “larghe intese” all’europea potrebbe nascere anche per questa amministrazione, sopratutto in vista delle elezioni di medio termine.
Fredda la reazione dei democratici e della stampa, che tendenzialmente non danno troppo credito a questo inedito Trump, al quale – tanto per concludere alla grande l’articolo – è comunque andata bene: poco dopo la fine del discorso è arrivata la smentita da parte di una pornodiva che aveva raccontato di una focosa relazione con lui. Si sa, l’elettorato statunitense queste cose non le digerisce bene: tra un fucile acquistato al centro commerciale e il sostegno alla prossima guerra, di pornodive e presidenti non vuole proprio sentir parlare.
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