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La via della seta come quella di sabbia. Mercanti nel Niger

Ad ognuno il commercio che si merita. Quello della seta con l’ambizione tutta cinese di contrastare l’egemonia degli Stati Uniti e poi quella del Sahel, fatto di sabbia o poco più.

Adesso nel Niger passano proprio tutti e l’ultima in ordine di tempo è Angela Merkel, arrivata per dare soldi, consigli e confermare la politica europea nella zona. Erano tutti d’accordo con lei. Solo il lavoro e lo sviluppo potranno lottare con successo contro il terrorismo e le migrazioni. Il fatto che le due cose, ormai da tempo, vadano appaiate non fa che confermare che politica, economia e repressione della mobilità umana nel Sahel non siano separabili. In cambio di aiuti sostanziali il Niger si offre come garante della mercanzia: migranti criminalizzati e dunque bloccati ad Agadez e poi venduti in cambio di soldi e progetti di sviluppo.

Dalla via della seta, dove tutti si commercia a quella di sabbia il passo è breve. Chiedetelo alla signora Emmanuela Del Re, di visita ad Agadez il martedì 30 aprile scorso. Lei, vice-ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale, ha tenuto ad assicurare le autorità nigerine dell’azione italiana a sostegno del Paese.

L’anno scorso, in cambio della ‘comprensione’ del Niger in ambito migratorio, l’Italia ha assicurato al Paese un aiuto di 80 milioni di euro. Chi credeva che la sabbia non ha valore di scambio si trova apertamente sconfessato. La via della sabbia è altrettanto produttiva di quella della seta, parola della Merkel.

Quanto all’Oim, Organizzazione per le Migrazioni Internazionali, che si vuole come strumento per migrazioni programmate, ordinate, scelte, pulite, sicure e soprattutto ‘regolari’(per chi ha il diritto di deciderlo), da tempo recita a soggetto la sua parte.

Non soddisfatto di partecipare al finanziamento della nuova sede della Direzione di Sorveglianza del Territorio, di facilitare frontiere controllate secondo gli standart internazionali, si è investito ultimamente nella carovana di sensibilizzazione ai rischi della migrazione. Teatro, canzoni, testimonianze di migranti che raccontano le loro peripezie, film scelti ‘ad hoc’, tutto congiura per favorire la creazione di una mentalità che, delle migrazioni, mette in luce le politiche dell’Occidente. ‘Siate informati, migrate nella sicurezza’, questo il sottotitolo del tema della carovana che ha toccato le città più importanti del Niger con questo messaggio rassicurante.

Anche perché la migrazione abusivamente chiamata ‘regolare’ è a tutti gli effetti impossibile, viste le condizioni repressive imposte dallo spazio ‘Shengen’. Provare per credere. A Niamey chi assicura il servizio post vendita dei permessi di soggiorno è l’ambasciata francese. Anche chi crede nei miracoli è messo a mal partito. Fuori di Emmanuel Macron e le sue politiche, così simili a quelle di Matteo Salvini e simili sinistre figure della politica europea, non c’è salvezza.

La via della sabbia è tortuosa ma redditizia. Il G5 Sahel, insieme di militari di cinque paesi del Sahel domanda oltre 2 miliardi di euro ai reticenti donatori per agire; gli Stati Uniti hanno comunicato di voler triplicare gli aiuti militari al Burkina Faso in preda a convulsioni terroriste e poi l’operazione Barkhane, le Nazioni Unite e i Paesi europei coi propri militari sul posto. Nel Sahel la via della sabbia è armata e tutto ciò, tra sparimenti, attacchi a scuole, chiese, moschee e a tutto quanto si muove, genera sofferenza per i più e business per altri.

Senza citare quanto accade, non casualmente, accanto al lago Tchad, con l’autodefinito guppo di Boko Haram, che semina profughi, rifugiati, morti, ostaggi e umanitario in cambio di soldi.

La via della seta, in questo caso, non è irrilevante. Quando due elefanti si fanno la guerra a soffrire è l’erba del prato. Difficile comprendere quanto accade se non si considera il conflitto di supremazia tra le potenze occidentali e la Cina popolare della via della seta.

Ci sono in gioco terreni, risorse, minerali più o meno strategici e le geopolitiche di influenza in questa porzione dell’Africa chiamata Sahel, che gioca a fare la sponda tra le potenze coloniali e quelle nascenti.

La via della sabbia è una sabbia mercante che solo il vento arriva a tracciare e a cancellare quando occorre.

 Niamey, maggio 019

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