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La “manovra”, come tutti gli anni, viene scritta a Bruxelles

Guardare le convulsioni della politica italiana da Bruxelles deve essere davvero divertente. Questa piccola folla di nanetti che fanno a gara a chi la spara più grossa per “vincere le elezioni” e insediarsi in una “stanza dei bottoni” rigorosamente vuota di bottoni significativi.

Come abbondantemente previsto, il governo giallo-blu ha ricevuto l’annunciatissima “lettera con richiesta di chiarimenti” su contenuto e cifre della legge di stabilità. In cui la Commissione – ancora quella in uscita, guidata da Juncker e con Moscovici e Dombrovskis responsabili delle materie economiche – contesta che “Il piano dell’Italia non è conforme ai parametri di riferimento per la riduzione del debito nel 2020”.

Secondo quanto concordato in precedenza il debito pubblico italiano sarebbe dovuto scendere dello 0,6%, mentre Il Documento programmatico di Bilancio, ricorda la Commissione, “prevede una modifica del saldo strutturale nel 2020 pari a un peggioramento dello 0,1% del Pil”.

Anche uno studente dei primi anni di economia sa che non esiste nessuno strumento scientifico che possa seriamente prevedere uno scostamento futuro dello 0,1% (1,8 miliardi circa), mentre la differenza rispetto al pattuito (complessivamente lo 0,7 oltre 10 miliardi) è almeno una quantità osservabile, non lillipunziana.

Bisogna in ogni caso ricordare che si tratta di previsioni fatte in base a variabili macroeconomiche che sfuggono a tutti i governi europei, e che proprio in questi giorni stanno scuotendo persino la Krande-Germania-che-non-sbaglia-mai.

Detto altrimenti, la crisi è sempre qui, peggiore che i.nl altri quadranti del mondo, non è mai passata e la colpa principale – per quanto riguarda l’Unione Europea – va addebitata proprio al “modello mercantilista”, trainato dalle esportazioni, imposto a forza di trattati europei a tutto il Continente. Oggi che il commercio mondiale risente pesantemente della Guerra dei dazi aperta da Trump, anche contro i paesi europei, quel modello presenta buchi enormi. E le economie nazionali trasformate in contoterziste delle filiere industriali tedesche risentono ora di un crollo produttivo “importato”.

Ma, su questo livello, non è certo la paccottiglia governativa (presente e passata) che può incidere minimamente. Al massimo, in modo meno zotico di quanto faceva Salvini, può come lui far finta di protestare, accapigliandosi sulle molliche del bilancio che resta disponibile per “dimostrare” al proprio elettorato che si sta facendo qualcosa per lui.

In questo Salvini resta ancora insuperato, perché si era scelto un nemico gratis – i migranti – che non impegna spese pubbliche di un qualche rilievo. E quindi poteva “fare qualcosa” contro i più deboli quasi senza spendere un euro…

Il resto – compresa la finta “quota 100” (ne hanno usufruito pochissimi) – è polvere negli occhi per i non addetti ai lavori.

A Bruxelles importa poco, ma fino ad un certo punto, di come il governo italiano attuale voglia comporre la parte di bilancio pubblico rimasta nella “disponibilità” dei governi nazionali; ma è intransigente sui saldi finali, che devono corrispondere a quanto scritto nei passaggi precedenti (l’elaborazione della “legge di stabilità”, da a, pprovare entro il 31 dicembre, comincia praticamente in aprile…).

E fanno sinceramente pena un po’ tutti i protagonisti di queste sceneggiate con l’aria da “duro” con cui hanno ammorbato la popolazione negli ultimi giorni. Alla fin fine, restano da discutere gli anni di pena massima per i grandi evasori (6 o 8? sai che gliene frega, alla UE) e l’obbligatorietà dell’uso dei Pos per i negozianti (che infatti guidano la protesta dentro e fuori il governo, e ottengono di non essere multati in caso – certezza – di inadempienza).), che dovrebbe e potrebbe ridurre un po’ di evasione fiscale. Come ha fatto, al di là delle attese, la fatturazione elettronica.

Più pena ancora fa la Lega, e gli altri cespugli di una destra con il vento in poppa nei sondaggi, ma anche dentro la testa, che continua a promettere di “cambiare tutto quando torniamo al governo” per far dimenticare di esserne uscita volontariamente – e senza alcuna “spinta” – per non trovarsi nella discussione che ora stanno affrontando Conte e Gualtieri.

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