Il 30 Marzo Google ha varato una nuova Tecnologia Sperimentale di Controllo, la Federated Learning of Cohorts (aka FloC), attiva, a loro insaputa (o quasi), per un milione di utenti Chrome, distribuiti in Australia, Brasile, Canada, India, Indonesia, Giappone, Messico, Nuova Zelanda, Filippine e Stati Uniti.
L’annuncio è stato dato da Marshall Vale, Product Manager di Privacy Sandbox Google (blog.google). I poveri malcapitati, scelti casualmente, potranno inibire FloC solo disabilitando i cookie di terze parti.
Secondo l’Electronic Frontier Foundation (EFF), un’organizzazione di avvocati attiva sin dagli anni Novanta per la tutela dei diritti digitali, FloC è i, invasiva sino al punto da far rimpiangere il sistema dei “Cookie di terze parti” che vorrebbe sostituire.
Per più di due decenni, dicono a EFF, il sistema dei “Cookie di terze parti” (C3P) è stato il fulcro di un settore oscuro, squallido e multimiliardario di sorveglianza pubblicitaria sul Web.
I C3P, lo riassumo alla buona, sono il cuore di quel sistema che permette nel web la tenuta dello stato. Lo stato è la nostra impronta digitale, mantiene identica la nostra identità durante la navigazione sullo stesso sito e, sopratutto, su siti diversi.
È quel sistema che crea quell’effetto di déjà-vu partendo da nostre briciole di informazioni lasciate cadere per caso, anche in WhatsApp. È quel sistema che, interprete dei nostri desideri, produce quella minestra riscaldata fatta di annunci, meme e informazioni che spuntano nella casella della posta, nelle app di gioco, nei siti web, sulle pagine dei social network.
L’effetto si riproduce sia su Facebook, dove si creano bolle identitarie, con un perpetuo ritorno degli stessi contenuti, sia su Google, dove l’indirizzamento verso contenuti – la lettura – è sempre sorvegliato: leggiamo quello che ci vogliono far leggere. Il resto non è censurato, è seppellito sotto Terabyte di dati, e non è né il fantomatico Dark Web né una Waste Land.
L’identità digitale non ha nulla a che fare con l’identità dello stato civile. Dunque non serve a nulla usare nomi falsi o nomi di altri. Alla sorveglianza C3P non interessa il tuo stato civile – chi sei – e non gli interessa nemmeno ciò in cui credi – che cosa sei -; gli interessa sapere dove stai andando, gli interessa orientare il tuo cammino, deviarlo, pilotarlo, all’occorrenza, interromperlo. Quando nel web hai un effetto di déjà-vu vuol dire che ti stanno tracciando.
Apple e Firefox si sono rotti di assecondare questo sistema di controllo e sorveglianza e hanno deciso di bloccare i C3P. Ma non è servito a niente. Il sistema di sorveglianza si è evoluto, introducendo una tecnica di fingerprint (impronta digitale) che approfitta delle specifiche tecniche del dispositivo dell’utente (tipo e larghezza del display, colori e font, tipo di gestore internet, tipo di browser, marca del dispositivo, etc) per identificarlo e produrre lo stato.
Ancora una volta, non frega a nessuno chi sei e che idee hai, gli frega sapere dove vai, e dove vai glielo dicono le tue impronte.
Chissenefrega dove sono stato! E invece no. Perché le pratiche computazionali si nutrono del passato per produrre il futuro, e l’unico futuro che riescono a produrre è l’incubo del dejà-vu.
Tutto ciò che il fringerprint produce è un mondo all’altezza dei ricordi, all’altezza di ciò che è stato. Un mondo zeppo di nostalgia e tremendamente reazionario, dove non si vuole che ci sia posto per ciò che non si è mai visto – non il diverso, che è un modo alternativo di ritorno del passato.
Attenzione!, il tuo fringeprint, che oggi non vale nulla, il giorno della resa dei conti servirà per implementare il tuo futuro.
La tecnologia FloC, pensata per sostituire il C3P e il Fingerprint, integra i profili comportamentali del Fingerprint, ma produce una identità collettiva, un nome collettivo.
Il FloC, dicono a EFF, è progettato per produrre il targeting comportamentale senza cookie di terze parti. Un browser con FLoC raccoglierebbe informazioni sulle abitudini di navigazione dell’utente, quindi utilizzerebbe tali informazioni per assegnare all’utente una “coorte” o gruppo.
Data una definizione standard di assimilazione, gli utenti con abitudini di navigazione simili, verrebbero raggruppati nella stessa coorte.
Tu non sarai più il Tizio che ha un Samsung con dislpay 6.1 pollici, una connessione Vodafone, Browser Firefox, sistema operativo Android 10, etc, e a cui interessano Meteo.it la mattina, Wikipedia e Treccani alle 10, Lantidiplomatico all’una, Giallozafferano alle 18, PornHub la sera.
Il sistema FloC indirizzerà le persone su basi identitarie collettive, tutte da costruire, e che non necessariamente corrisponderanno ai classici raggruppamenti per sesso, religione, età e abitudini sessuali o capacità economica.
In ogni caso, una volta assegnati a una coorte, il sistema proporrà ostinatamente contenuti abbinati a quella stessa coorte. Se ti interessa GialloZafferano o HuffPost o Gazzetta vedrai dappertutto cibo o o politica o calcio. Come un re Mida vivrai l’incubo di essere indirizzato solo verso ciò che hai desiderato – il tuo passato sarà il tuo incubo.
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