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Il movimento contro la guerra può essere il motore del cambiamento della politica italiana

Si sta ampliando un solco profondo tra le forze politiche che sostengono il governo Draghi e la società nel suo insieme.

Per semplificare: il paese legale vuole la guerra, quello reale la pace.

Il partito trasversale della guerra composto dalle formazioni che sostengono l’ex capo della BCE, al di là delle sfumature, si è allineato ai diktat bellicisti della NATO e della UE, costi quel che costi, anche se tale scelta contribuisce ad alienare ulteriormente il consenso della popolazione.

Una parte consistente del mondo cattolico, infatti, a cominciare dal Papa, ed un’altrettanto importante porzione dell’associazionismo laico, oltre ad alcuni esponenti della galassia intellettuale, non ci sta a “mettere l’elmetto” ed a farsi intruppare in questa avventura bellica senza sbocchi.

Gli smottamenti e le convulsioni del quadro politico costituzionale in decomposizione, già osservabili durante il romanzo Quirinale che ha preceduto la scelta del Mattarella-Bis, sono arrivate allo zenit, talvolta con notevole sprezzo del ridicolo, a cominciare dalle due forze politiche – Movimento 5 Stelle e Lega Nord – che erano state le vincitrici delle elezioni politiche nel 2018.

L’establishment crede di poter surrogare con l’ideologia le inquietudini che sempre più vanno affermandosi a livello di opinione pubblica sulle conseguenze del conflitto ucraino, trovando un capro espiatorio – Putin in questo caso – all’ennesimo fallimento gestionale davanti una questione decisamente troppo complicata rispetto alle capacità generali della nostra classe politica, al livello di improvvisati amministratori di condominio.

A chi non si allinea viene riservato un trattamento che oscilla tra la censura, il disprezzo o la denigrazione. Come effetto boomerang, tale atteggiamento sprezzante non fa che aumentare la convinzione nel volere esprimere le proprie convinzioni e fare una precisa scelta di campo, ricominciando ad affollare quelle piazze, finora patrimonio di chi una minoranza agente che aveva cercato di rompere la pace sociale e l’idillio del governo dei migliori: il sindacalismo combattivo ed il movimento studentesco.

Siamo ancora alle “prove generali” in una società dove il conflitto era sceso a livelli assai bassi, e l’azione politica collettiva era diventata una scelta piuttosto minoritaria, ma i primi segnali sono più che incoraggianti.

Due sono i principali dubbi che vengono espressi dal senso comune delle persone: la cronicizzazione di un conflitto ucraino che potrebbe portare ad una escalation bellica non governabile – l’ipotesi della guerra atomica esce dai war games degli strateghi delle grandi potenze e appare una possibilità reale -, e le conseguenze economiche di questa guerra, già empiricamente riscontrabili.

Se si fa una veloce elenco delle materie prime e dei prodotti che cominceranno a scarseggiare, e su cui quindi si concentrano già ora le manovre speculative sul prezzo, c’è davvero da preoccuparsi: grano, mais, mangimi, nickel, ghisa, titanio, semiconduttori, legname per arredo, fertilizzanti, oltre a naturalmente gas e petrolio. Ma l’elenco è incompleto e l’effetto domino dietro l’angolo.

La scarsità di idrocarburi ha mandato in soffitta le velleità di transizione ecologica rimandando sine die alcune scelte che erano state appena prefigurate dalla UE, e legherà ancora maggiormente l’Europa agli USA e a “regimi”, in diversi casi, difficilmente ascrivibili ai tanto sbandierati “valori democratici”.

Il caso più eclatante è quello dell’Arabia Saudita, governata da una tribù di satrapi responsabili di una delle peggiori catastrofi umanitarie contemporanee – la guerra in Yemen – che cerca con ogni mezzo di far saltare l’accordo sul “nucleare iraniano” e quindi dare fuoco alla polveriera medio-orientale.

Un regime che in un solo giorno ha eseguito la pena capitale per 81 persone, oltre ad aver fatto letteralmente macellare – è sempre bene ricordarlo – un giornalista dissidente, attirato con l’inganno, all’interno di una sua ambasciata; oltre ad aver finanziato per decenni la jihad globale…

Ma il Qatar non è certo da meno, in quanto maggiore sponsor della politica neo-ottomana di Erdogan, non proprio un paladino dei “valori democratici” anche all’interno del proprio paese.

La stagflazione poi – ossia l’incancrenirsi della crisi economica e l’impennata dei prezzi al consumo – è un dato che colpisce una serie differenziata di soggetti che vanno dal già martoriato tessuto produttivo di piccole-medie aziende (molto spesso legate alle catene del valore franco-tedesche già in affanno), ad una classe media impoverita che faceva di certi standard di consumo uno status symbol; oltre naturalmente una fetta consistente di persone che vengono ormai classificate come working poor, cioè gente che lavora ma non arriva a fine mese.

In questo contesto è chiaro che l’ipotesi che appare maggiormente sensata ai più è cercare di trovare una via diplomatica per la risoluzione del conflitto, senza alimentarlo ulteriormente con l’invio di armi all’Ucraina e una maggiore presenza militare della NATO ai confini con l’Ucraina stessa.

Un’escalation che moltiplica le possibilità di “incidenti bellici”  e incentiva l’evoluzione dell’Unione Europea in un Super-Stato castrense che, con l’adozione della Bussola Strategica, fa diventare la propria dottrina militare la proiezione bellica degli interessi delle oligarchie, il cui prezzo viene pagato dalle classi subalterne.

É in questo contesto che sta nascendo un movimento contro la guerra che è l’unica chance per costringere i “Doctor Strangelove” della politica, italiana e continentale, a fare una netta inversione di marcia. Accelerando così il processo di decomposizione politica dell’attuale rappresentanza istituzionale, assolutamente incapace di interpretare i bisogni della maggior parte della popolazione.

Un Politica che è veramente “il vecchio che muore” di gramsciana memoria.

Un movimento che deve divenire di massa, consapevole del fatto che il prolungarsi del conflitto avrà ricadute nefaste sulle proprie condizioni di vita, e cosciente dell’indisponibilità dell’attuale esecutivo a cedere anche solo un centimetro rispetto al desiderio di de-escalation bellica espresso dalla popolazione.

Perciò, questo movimento potrà essere un laboratorio politico per tutti coloro che credono sia necessaria un’alternativa al baratro verso cui ci stanno portando le nostre classi dirigenti.

Hic rhodus, hic salta”.

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