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È finito il secolo di Kissinger

Se n‘è andato in nottata, all’età di cento anni – compiuti a maggio – uno dei personaggi politici più subdoli e machiavellici che la tragica storia del ‘900 abbia annoverato.

Quell’ Henry Kissinger che fu potentissimo Segretario di Stato e Consigliere per la Sicurezza Nazionale sia durante la controversa Presidenza Nixon che nel triennio di Gerald Ford.

Fautore della cosiddetta realpolitik – nel nome della quale perorò addirittura il disgelo con la Cina di Mao, in funzione anti-sovietica – Kissinger fu tra i più audaci sostenitori delle spregiudicate teorie monetariste messe a punto dalla Scuola di Chicago e dai suoi “Chicago Boys”, diretti dall’economista neoliberista Milton Friedman.

La dottrina, i cui principi innervanti sono le privatizzazioni e la deregulation durante le oscillazioni di mercato, si fonda sulla supremazia monetaria del dollaro nei confronti delle altre divise, cui fanno da imprescindibile controcanto l’interventismo militare e il saccheggio imperialista a stelle e strisce.

Mentre sul piano istituzionale l’egemonia della moneta americana è da sempre sostenuta dalle ricette del Fmi, autentica longa manus finanziaria degli Usa.

In definitiva, una struttura la cui finalità è il mantenimento del dominio economico e del modello culturale statunitense sull’intero pianeta.

Proprio questi principi dottrinari furono all’origine dei golpe imposti dagli Usa, negli anni ’70, in molti paesi dell’America Latina. A partire dal Cile e dall’Argentina.

Ma anche delle cosiddette guerre sporche condotte dalle amministrazioni Nixon e Reagan in Paraguay, Nicaragua, Venezuela, Brasile, Salvador. Nonché causa dell’ingerenza americana nelle sue colonie più lontane, tra cui certamente l’Italia.

E non si possono certo dimenticare il brutale e illegittimo bombardamento – dal punto di vista del diritto internazionale e della violazione dei diritti umani – voluto da Kissinger e Nixon sulla Cambogia. Come pure l’intervento statunitense nella Guerra del Kippur del 1973 a sostegno dello storico alleato sionista. Per non tacere delle operazioni Cia nell’Africa subsahariana.

Un’eredità insomma, quella di Henry Kissinger – che il politologo Robert Kaplan definì non a torto “il più grande statista bismarckiano del ventesimo secolo” – cui ancor oggi paghiamo un ben gravoso e sanguinoso dazio.

Un criminale e un nemico vero – al quale la borghesia, coi suoi comitati d’affari, non mancò di tributare un vergognoso Nobel “per la pace” – la cui dipartita arriva anche troppo tardi.

Non ci mancherà!

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4 Commenti


  • Mara

    C’è ne faremo una ragione


  • Gioconda

    hainoi nel nostro mondo di “premi Nobel” come costui c’è pieno


  • Alessandro Di Meo

    Certi personaggi dovrebbero morire non una, ma cento volte!


  • E Sem

    Uno degli ultimi germanici emuli delle peggiori teorie economiche e geopolitiche di stampo nazista ci ha lasciati. Sicuramente un grande, se usiamo come strumento di misura la capacità di arrivare all’ obbiettivo, per quanto marcio sia, senza remore etiche, morali, umane.

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