L’Argentina sta attraversando uno dei momenti più delicati della sua storia. L’elezione a Presidente della nazione di Javier Milei sta mettendo a serio rischio buona parte dei diritti sociali e democratici conquistati dal popolo argentino negli ultimi ottanta anni di storia.
L’agenda di governo del Presidente Milei minaccia anche di azzerare le importanti ed esemplari conquiste di trent’anni di lotta per i diritti umani, per la Memoria, la Verdad y la Justicia, riguardo ai crimini commessi dal Terrorismo di Stato durante l’ultima dittatura civico-militare tra il 1976 e il 1983 culminati con 30mila desaparecidos.
Il quarantesimo anniversario del ritorno alla democrazia nel paese non poteva avere come cornice istituzionale uno scenario peggiore.
Già dalle prime misure varate subito dopo l’assunzione ufficiale del presidente, in una cerimonia celebrata per la prima volta nella storia in piazza e voltando intenzionalmente le spalle al parlamento, il governo Milei ha mostrato la sua avversione per ogni procedimento formale costituzionale e democratico, presentando un insieme di quasi 900 leggi per mutare radicalmente l’assetto giuridico-istituzionale dello Stato argentino mediante un Decreto Nazionale di Urgenza (DNU) e una Legge Omnibus.
Si tratta di due maxi-provvedimenti emessi con procedura di urgenza in modo da bypassare i meccanismi formali tipici di ogni sistema di governo democratico. Una simile scelta appare intollerabile non solo da un punto di vista meramente formale o procedurale, ma anche sostanziale, poiché si cerca di smantellare per “decreto” buona parte dei diritti sociali e lavorali conquistati dalla classe lavoratrice argentina durante il XX secolo.
Proprio per questo, al DNU e alla Legge Omnibus il governo Milei vi ha affiancato un terzo provvedimento – il cosiddetto Protocollo Repressivo della Ministra della Sicurezza, Patricia Bullrich – che autorizza la violenza statale arbitraria e quindi la repressione poliziesca indiscriminata di ogni manifestazione pubblica di dissenso.
Già nelle prime manifestazioni di opposizione alle misure del governo abbiamo visto scene – arresti indiscriminati, attacchi feroci e intimidatori delle forze dell’ordine ai manifestanti e alla stampa – che non si vedevano dagli anni più bui della storia del paese.
L’Argentina sta vivendo un momento di emergenza democratica.
Un’emergenza voluta e decretata dallo stesso Presidente Milei tanto a livello formale e giuridico, quanto a livello discorsivo, ovvero mediante il suo quotidiano disprezzo e delegittimazione di ogni regola e istituzione della vita democratica di un paese: partiti, parlamento, sindacati, movimenti sociali, manifestazioni, scioperi.
Crediamo che l’Argentina non possa essere lasciata da sola da parte di coloro che credono nei valori democratici e nel rispetto dei diritti umani come espressioni fondamentali della libertà e della convivenza pacifica fra i popoli.
L’Italia è già stata a fianco della lotta del popolo argentino per i suoi diritti durante l’ultima dittatura civico militare.
Chiediamo che anche oggi raccolga questo grido di allarme lanciato da milioni di argentini, e che onori in questo modo il suo esemplare impegno per i diritti umani durante alcuni degli anni più terribili della storia argentina.
Chiediamo, attraverso lei, che l’Italia resti vigile perché le garanzie individuali costituzionali sancite dal moderno stato di diritto vengano rispettate da parte del presidente argentino, che ha posto l’emergenza e l’eccezione al centro del suo programma di governo.
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