La sfida tra il campo della pace e quello della guerra è in corso, anche nel nostro paese. Se il governo e i guerrafondai in Parlamento pensavano di vincere facile si sono sbagliati di grosso.
Nonostante i tentativi del trasversale partito della guerra di ignorare il sentimento maggioritario della popolazione nel nostro paese, una spinta dal basso sta crescendo e prendendo iniziative a vari livelli.
Domenica prossima in tutta Italia ci sarà la Staffetta per la pace lanciata da Servizio Pubblico. Secondo Michele Santoro si tratta di una “staffetta dell’umanità da Aosta a Lampedusa per unire l’Italia contro la guerra, per riaccendere la speranza”. Un percorso fatto di una linea verticale di quattromila km, che tocca tutte le regioni italiane da nord a sud del Paese, che verranno presidiati contemporaneamente in una sorta di staffetta ideale dove scenderà in campo chiunque “senta il bisogno i fare qualcosa contro l’orrore della violenza delle armi e ha voglia di gridare basta”.
In varie città ci sono i banchetti per la raccolta delle firme per i referendum contro l’invio di armamenti in Ucraina. Per i promotori dei referendum “l’invio delle armi in Ucraina non può che alimentare la guerra e pericolosamente estenderla pertanto l’unica strada percorribile è quella diplomatica dell’ONU preceduta da un referendum popolare in ogni Stato direttamente ed indirettamente coinvolto”.
Infine l’appello Fermare la guerra, imporre la pace , di cui il nostro giornale è tra i promotori, continua a raccogliere adesioni non solo online ma anche nelle piazze di diverse città italiane.
Proprio in questi giorni il senso dell’appello ha visto confermare la pertinenza delle due proposte di negoziato sul tappeto con l’attivismo diplomatico della Cina (inclusa la nomina di un inviato speciale per il conflitto in Ucraina) e del Vaticano.
Entrambe le iniziative richiamate, si vanno facendo strada nonostante l’ostracismo della Nato e dei governi che la compongono. Questi ultimi hanno infatti risposto alla possibilità di lavorare sul cessate il fuoco e l’apertura di negoziati tra Ucraina e Russia aumentando invece l’invio di armamenti e l’impegno militare in previsione della ormai famigerata controffensiva ucraina.
La stessa Commissione europea ha scelto la strada dell’escalation imponendo al complesso militare-industriale europeo di lavorare a pieno regime per le forniture militari all’Ucraina.
Contro questo scenario che annuncia una nuova fase della carneficina in Ucraina, occorre rafforzare e sostenere le iniziative in corso e lavorare per farle convergere. Isolare i guerrafondai nel nostro paese, dare voce al sentimento maggioritario contrario al coinvolgimento dell’Italia nella guerra e sostenere le proposte di negoziato sul tappeto, sono oggi passaggi che vanno perseguiti con convinzione.
Foto di Patrizia Cortellessa
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