A domani le considerazioni politiche più articolate. Per stasera basta sapere che il governo di Michel Barnier è durato soltanto tre mesi: una mozione di sfiducia della gauche, votata anche dall’estrema destra di Marine Le Pen, è appena passata in Assemblée Nationale.
Si tratta del secondo governo della Quinta Repubblica francese rovesciato da una mozione di sfiducia, dopo quello di Georges Pompidou nel 1962.
Il presidente Emmanuel Macron, appena rientrato dall’Arabia Saudita dove era in visita di Stato, intende nominare un successore entro poche ore. Il “banchere dei ricchi”, come sempre, se ne fotte della Costituzione e delle regole democratiche. AL punto di aver confezionato il quarto governo in un solo anno (lo sarà il prossimo, visto che pretende di presentarsi davanti a Trump – nel corso della cerimonia per per la ricostruzione di Notre Dame – dotato di un “normale” governo. Messo insieme alla bell’e meglio con gli scarti degli scarti.
Di ritorno questa sera dalla visita di stato di tre giorni in Arabia Saudita, Macron intende ora nominare il successore di Michel Barnier nelle prossime ore. Secondo BFM TV, il presidente ha cominciato le consultazioni già a Ryad con i suoi fedelissimi e le ha proseguire dall’aereo presidenziale.
La sua unica priorità, dicono stretti collaboratori citati da BFM, è “non apparire senza un governo davanti a Trump, che sarà a Parigi nel weekend per la riapertura di Notre-Dame. E’ una questione di credibilità per la Francia”, aggiunge la fonte.
Che sia una pagliacciata rabberciata oppure un governo « vero », per lui fa lo stesso.
In caso di censura, prevede la Costituzione, spetta infatti al capo dello Stato (l’impresentabile Macron) nominare un nuovo primo ministro. Un cretino qualsiasi sarà anche facile da trovae, più difficile che riesca a governare.
Le elezioni anticipate dello scorso luglio hanno infatti prodotto un Parlamento diviso in tre blocchi contrapposti (sinistre, centristi, destre radicali), pressoché equivalenti come numero. Ci sono infatti voluti quasi 50 giorni per nominare Barnier (il 5 settembre) e stavolta potrebbe essere ancora più difficile.
La Costituzione francese impone che l’Assemblea possa essere sciolta non prima di 12 mesi dallo scioglimento precedente, quindi il rischio è che Parigi resti fino all’estate in una lunga instabilità politica. Se non ci fosse, contemporaneamente, anche la crisi politica tedesca (elezioni anticipate nei prossimi tre mesi), la situazione sarebbe forse ancora gestibile. Ma con il disatro a Berlino (i neozazisti dell’Afd puntano ad avere una « minoranza di blocco », per stoppare qualsiasi decisione « europea »), le speranza di normalità sono ridotte a poca cosa.
Le due mozioni di censura presentate sia dalla coalizione di sinistra del Nouveau Front populaire, con al centro Mèlenchon, sia dalla destra radicale di Rassemblement national (Rn), possono infatti contare sul sostegno di 325 deputati, un numero di gran lunga superiore ai 288 necessari per far cadere l’esecutivo.
La mozioni di sfiducia sono scaturite dalla forte opposizione al bilancio 2025 proposto da Barnier. Il primo ministro, vecchio e insopportabile tecnoburocrate per anni destinato a Bruxlles, ha messo in guardia da “una grande tempesta e da turbolenze molto gravi sui mercati finanziari” se il suo progetto di bilancio dovesse essere respinto dal Parlamento.
La Francia è in effetti sotto pressione da parte dell’Unione Europea perché riduca il suo enorme debito pubblico. Si stima che il deficit del Paese raggiungerà il 6% del prodotto interno lordo quest’anno e, secondo gli analisti, potrebbe salire al 7% l’anno prossimo senza drastici aggiustamenti.
L’instabilità politica potrebbe far salire i tassi d’interesse francesi, facendo lievitare ulteriormente l’indebitamento.
Ma il «piano Barnier» accontentava «i mercati» offrendo loro la gola nuda dei cittadini francesi (così come fanno tutti gli altri governi europei, lo sappiano i cittadini oppure no).
Ora il gioco è finito. Macron non se ne va? Fa niente… Può solo aggravare la crisi, non certo risolverla…
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