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ACE inibitori, karkadè e olivo…

L'Hibiscus sabdariffa, pianta delle Malvaceae, ha foglie che, essiccate, si consumano sia crude che cotte, mentre i fiori – anch'essi essicati – sono dissetanti e vitaminici (vitamina C), diuretici, antisettici urinari. Dalla loro infusione si ottiene il karkadè. Numerosi studi hanno dimostrato il potenziale effetto ipotensivo dell'infuso nei soggetti con ipertensione lieve e moderata. In particolare, un lavoro pubblicato sul Journal of Nutrition (Tufts University di Boston), ha dimostrato che l' assunzione giornaliera di tre tazze di tè di Hibiscus (di circa 240 ml) abbassa i valori della pressione sistolica di circa il 7%, con punte fino al 13%, rispetto al placebo (non farmaco).

I karkadè, inoltre, può abbassare il colesterolo e l’iperlipemia nella sindrome metabolica, con fattori di rischio cardiovascolare legati a obesità e soprappeso; in tutti questi casi il karkadè (ma anche curcumina e resveratrolo) può essere una "medicina" molto importante.

Uno studio messicano pubblicato su Cardiovascular Hematological Agents Medicinal Chemistry (giugno 2012) aveva già dimostrato che queste sostanze, karkadè compreso (ricco in polifenoli), sono efficaci nella sindrome metabolica. Il karkadè, gradevolmente acidulo se infuso versando acqua calda sui petali secchi (8-10 grammi in 450 cc d'acqua, 10 minuti di infusione), usato sotto controllo medico può essere un prezioso aiuto, come già detto, nel controllo dell'ipertensione diastolica e sistolica di grado lieve e di intensità moderata.

Noi sappiamo che l'obesità è associata a molti disturbi, compresa la steatosi epatica su base non-alcolica; il karkadè (Hibiscus sabdariffa), potenzialmente, potrebbe regolare e proteggere il fegato. Uno studio cinese (Chung-Shan Medical University, Taiwan) ha esaminato clinicamente persone con obesità. Tutte quelle trattate con estratto di Karkadè presentavano una riduzione del peso corporeo, senza effetti avversi, e un miglioramento della steatosi epatica; risulta quindi essere anche un coadiuvante per la prevenzione di obesità e steatosi epatica.

L'pertensione essenziale (chiamata così perché non se ne riconoscono le cause) è una delle più frequenti cause dei problemi cardiovascolari e il sistema Renina-Angiotensina-Aldosterone (SRAA) è tra i meccanismi omeostatici che regolano la pressione arteriosa. L’Enzima di Conversione dell’Angiotensina (ACE cioè Angiotensin Converting Enzyme) fa parte del processo regolatore della pressione arteriosa, cioè del sistema Renina-Angiotensina-Aldosterone.

Gli ACE-inibitori sono farmaci utilizzati nella ipertensione arteriosa, ma vengono anche usati nel post-infarto miocardico e nella insufficienza cardiaca cronica. Questi farmaci sono ricavati dal veleno di un serpente detto “Ferro di lancia dorato” che è un crotalo velenosissimo: il Bothrops jararaca. Nel veleno di questo serpente vi è il Teprotide, un nonapeptide, che in pratica funziona come inibitore dell’Enzima di Conversione dell’Angiotensina (ACE).

Sugli antichi saperi delle popolazioni indigene del Brasile, che utilizzavano il veleno per avvelenare le loro frecce che quando colpivano una persona provocando emorragia e alla fine la morte, scienziati britannici e americani hanno studiato il veleno, ma solo il medico e farmacologo brasiliano Sérgio Henrique Ferreira, nel 1965, trovò una sostanza (un peptide) capace di agire come l’Enzima di Conversione dell’Angiotensina, o ACE.

Intuite quindi che la Fitomedicina sintetizza tutto il percorso che parte dalle Medicine tradizionali sino a quella dei nostri giorni, attraverso la Chimica, l'Etnofarmacologia e via dicendo.

E' importante sapere che la cultura dei popoli, dei guaritori tradizionali, con la loro conoscenze sulle piante medicinali, le erbe, va difesa, salvaguardata e studiata con le più moderne tecniche. Dal veleno del serpente prima citato, possiamo poi ricondurre le riflessioni sulle numerose erbe ad azione anti-emorragica che i guaritori utilizzavano e, tanto per un esempio, penso all’Hypericum brasiliense, alla Davilla elliptica, Byrsonima crassa e altre.

Ritornando al karkadè, ma anche le foglie dell’olivo, (repetita iuvant, ripetere aiuta) ha un effetto che è dovuto a un’azione inibitoria dell’Angiotensin Converting Enzyme (ACE) o Enzima di Conversione dell’Angiotensima. Ultimamente, per il Karkadè, si sta valutando anche la possibilità che nel diminuire la pressione arteriosa, vi partecipi la Funzione Endoteliale (l'endotelio è il rivestimento interno di cuore, arterie, vene, vasi linfatici), un indicatore precoce delle variazioni della pressione arteriosa.

L'olivo, in particolare l'olio, la sua corteccia, alle foglie il cui infuso veniva adoperato per lavare piaghe e facilitare la cicatrizzazione, è sempre più oggetto della ricerca scientifica. La valutazione dell'efficacia e della capacità dell'oleuropeina, uno dei suoi più importanti componenti, di agire sull'ischemia cardiaca è stata testata in Grecia.

Uno studio, condotto sperimentalmente, pubblicato dal Journal of Nutrition nel 2006 ed effettuato da Attikon General Hospital e Università di Atene, ha suggerito l'ipotesi che l'oleuropeina e altri costituenti dell'olivo potrebbero risultare utili nel trattamento dell'ischemia.

L’oleuropeina (polifenolo) è antiossidante che evita l'ossidazione delle lipoproteine a bassa densità (LDL) il “colesterolo cattivo”. Le foglie d'olivo, e l'olio infatti, sono indicati anche nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e altre importanti patologie. Da non dimenticare l'oleocantale contenuto nell'olio extravergine che ha dimostrato attività antinfiammatoria.

Su Phytomedicine, specialisti dell' università dell' Indonesia, hanno condotto uno studio per valutare le capacità anti-ipertensive dell'estratto di foglie di ulivo; l'hanno confrontato con un noto farmaco in persone con ipertensione allo stadio 1. L' estratto di olivo (Olea europea) risulta efficace, come il farmaco, a un determinato dosaggio, nel ridurre sia la pressione minima che la massima.

Tra le possibili interazioni: farmaci ipoglicemizzanti, anticoagulanti, antipertensivi, compresi gli ace-inibitori. “Si colgono le olive che si vogliono mangiare […] che delle altre se facci l'olio. Cotanto alla salute de' nostri corpi giovevole, e ognun sa a quante altre cose egli sta buono onde di questo altro non dirò”: così scriveva dell' olivo (Olea aeuropaea) – i cui estratti delle foglie hanno evidenziato attività antipertensiva, antitrombotica e diuretica – Giacomo Castelvetro, illustre letterato, nel 1614.

Gli estratti delle foglie di olivo, inoltre, hanno mostrato sperimentalmente attività antimicrobica, antifungina e antivirale; in altri studi hanno evidenziato capacità ipoglicemizzanti e ipolipemiche. Ribadisco la capacità e la tollerabilità delle foglie d' ulivo nell'ipertensione di livello 1, cioè di tipo moderato-lieve.

Uno studio indonesiano, non recente, ha mostrato come l'estratto delle foglie (dose di 500 mg per due volte al dì), sia antipertensivo per la pressione massima ma anche per la minima. Una raccomandazione validissima: affidatevi sempre al medico, dovete sapere che al 95% le tinture madri in commercio sono un bluff, infatti una tintura per essere madre deve essere fatta entro 24 ore dal raccolto delle foglie, ma questa è una altra storia che vi racconterò.

Prof Roberto Suozzi

Medico e Farmacologo Clinico

Specialista in Medicina dello Sport

Suozziroberto.altervista.org

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