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Roma 3 aprile: “La controrivoluzione preventiva”

Venerdì 3 aprile ore 18.00

via Calpurnio Fiamma 81, Roma

LA CONTRORIVOLUZIONE PREVENTIVA: strategie politiche e tattiche di resistenza nella nuova fase repressiva.

Con: Nunzio D’Erme (militante politico Corto Circuito ed ex consigliere comunale), Marco Lucentini (avvocato) e Simonetta Crisci (avvocato).

Durante iniziativa e a seguire, aperitivo popolare e cena di finanziamento per le spese legali dei compagni inquisiti per il 14 dicembre.

Questi ultimi anni hanno visto un incremento dell’azione inquirente volta a colpire determinate avanguardie sociali giudicate responsabili dell’alto livello generale di conflittualità nel paese. In particolare, la lotta contro l’Alta Velocità in val di Susa ha assunto il ruolo di laboratorio di sperimentazione non solo di precise tecniche repressive sul territorio, di fatto militarizzato oltre ogni fisiologica necessità da parte dello Stato, ma anche di un cambiamento di paradigma da parte dell’attività inquirente della magistratura locale. Tale attività repressiva si è esplicitata, da una parte, in forme preventive di disincentivazione dell’attività politica, come ad esempio la moltiplicazione delle perquisizioni, anche violente, attuate sia nei posti di blocco che nelle case dei militanti, con sequestri discrezionali degli oggetti privati quali portafogli, computer, chiavette usb, vestiti, eccetera; dall’altro, dall’aumento sproporzionato della richiesta di misure cautelari, individuate come vero e proprio strumento sostitutivo delle pene detentive quasi mai, in sede di sentenza, passibili di applicazione. Sotto questo profilo, cioè rispetto alle tecniche utilizzate dalla magistratura al fine di reprimere l’attività politica dei militanti, particolare attenzione in questi anni è stata data al pagamento di multe, ammende e soprattutto dei risarcimenti pecuniari a seguito di particolari mobilitazioni politiche. Risarcimenti che, sempre riguardo al caso della val Susa, vengono sommati alla richiesta del provvisionale, cioè del pagamento immediato della somma richiesta prima ancora del termine del normale iter giudiziario. Colpire il portafoglio sembra essere una delle direzioni chiave del nuovo corso repressivo, volto a bypassare il normale percorso dei tre gradi di giudizio per provare a punire comunque il militante.

Tale paradigma, imposto dalla magistratura torinese, da qualche tempo cerca di riprodursi anche a Roma, in particolare concentrandosi sulla lotta sociale principale della città, quella per la casa. Non solo i militanti più in vista inoltre, ma tutti i partecipanti a tale lotta vengono sottoposti a un giro di vite inquirente mai avvenuto nella città di Roma, dove la consapevolezza di tale emergenza sociale portava a tentativi di mediazione politica oggi completamente saltati. La lotta per la casa, e più in generale ogni lotta sociale cittadina, viene trattata unicamente come problema di ordine pubblico e di sicurezza, e così punita. Questione questa che si esplicita nel cambiamento di gestione della piazza, visto ad esempio nel ridimensionamento del ruolo della Digos nello stabilire trattative contingenti con i manifestanti, all’utilizzo di provvedimenti repressivi in genere richiesti e attuati per reati d’altra natura. In sostanza, quello a cui punta la magistratura romana e una parte della politica cittadina è quello di de-politicizzare il carattere di tali proteste relegandole all’ambito della delinquenza comune. Paradigmatiche, in tale senso, le richieste della magistratura romana cinque anni dopo gli eventi di piazza del Popolo del 14 dicembre 2010, richieste sproporzionate e non legate ad alcun evento specifico, nella giornata in cui nel Parlamento si consumava quella che, a detta di tutti i media liberali, costituiva una delle pagine peggiori della storia repubblicana.

Se questa è la cornice entro cui ci troviamo a fare politica oggi, è necessario avviare un ragionamento generale che da una parte chiarisca i margini dei movimenti sociali rispetto alla repressione, nonché dell’approccio che molte volte utilizzano questi nei confronti della controparte (riguardo non solo ai comportamenti “di piazza”, ma anche nell’attività quotidiana, soprattutto legata all’utilizzo dei computer, cellulari e di internet più in generale); dall’altra, definire alcune possibili battaglie volte a disarticolare questo tentativo “politico-inquirente”, magari giocando di sponda con quelle forze politiche e sociali più sensibili al tema del garantismo, nonché provando ad avviare possibili ragionamenti volti alla modifica di parti del codice penale legate a contesti storici ormai completamente superati. Per questo motivo abbiamo pensato ad un’iniziativa-dibattito introduttiva su questi temi, con l’obiettivo di saper parlare sia al caso quotidiano concreto (come comportarsi rispetto alle varie fattispecie repressive), sia più in generale al contesto giurisprudenziale di riferimento. Una “prima” iniziativa, che in caso abbia la capacità di preparare il terreno per una riflessione più larga e complessiva sul tema, oggi imposto ai movimenti quale improrogabile ordine del giorno.

Officine Resistenti Roberto Scialabba – Lottantuno

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