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Competitività

Dobbiamo essere competitivi. Non è un’esortazione, è un ordine. Si vive così, anzi, si sopravvive solo così. Che diavolo pretendevate? Uno su mille ce la fa, lo diceva pure Gianni Morandi, no?

Nel campo della produzione di merci fisiche, per esempio, si capisce subito. Noi – io padrone e voi operai che non capite un tubo e dovete solo obbedire, e guai a voi se pensate di avere un sindacato che vi rappresenti sul serio contro di me – competiamo sul mercato delle auto. Se la nostra macchina fa schifo e costa più delle altre andiamo a carte quarantotto. Io me ne vado in America a godermi i sudati profitti (i miei manager altrettanto laute stock option) e voi andate a remengo; cassa integrazione, mobilità e poi niente.

Ma nell’informazione, come si compete? beh, direte voi, dando le notizie prima e meglio degli altri, oppure dando quelle notizie che nessun altro conosce ancora.

Fuochino. Ma cosa c’è di meglio – per competere, sia chiaro – che dare le notizie che nessun altro può avere? Meglio, le notizie che creiamo noi? Meglio ancora: le notizie che apprendiamo ascoltando in diretta la nostra vittima  – sia un attore, un padre che ha perso un figlio o un presidente del consiglio – che parla a un telefono che solo noi possiamo intercettare?

Difficile? Mica tanto. Basta avere i vertici di Scotland Yard a busta paga. Sinceramente, non costano neanche tanto. Un mese di soggiorno in centro benessere, come un Pegoraro Scanio qualsiasi.

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