Per varie ragioni l’accordo può solo considerato come un tradimento di dimensioni storiche.
In primo luogo, perché allungare l’età pensionabile in un paese con circa 5 milioni di disoccupati è un insulto a coloro che hanno alle spalle una vita di lavoro e una presa in giro per i disoccupati. Spostare l’età pensionabile ai 67 anni ed esigere 38,5 anni per accedere al 100% della pensione implica che si inizi a lavorare ai 26 anni e non si smetta di farlo neanche un solo giorno per il resto della vita lavorativa. Chi non garantisce il lavoro, chi ha trasformato il paese in una fabbrica di disoccupati esige condizioni impossibili per avere i requisiti che la nuova legge impone.
In secondo luogo, per l’enorme passo indietro sul piano delle conquiste della classe lavoratrice, da tempo sotto attacco. Il Patto va incontro, tra l’altro, a due delle esigenze del capitale finanziario e dei suoi organismi internazionali(UE e FMI): spingere l’età pensionabile a 67 anni e aumentare gli anni necessari alle pensioni da 15 a 25 anni.
Queste due misure implicano un taglio alle pensioni fra il 20% e il 25% in un paese dove l’importo delle pensioni è già insufficiente, avendo il 70% dei pensionati pensioni di miseria. L’accordo stabilisce anche dei meccanismi di revisione quinquennale che faciliteranno nuovi allungamenti dell’età pensionabile. È un impoverimento generale dei lavoratori, un accordo che da soddisfazione alle pretese del capitale finanziario di liquidare le pensioni pubbliche, assicurandosi la crescita e la speculazione sulle pensioni private.
In terzo luogo, l’accordo porta con se una “contropartita” che è una vera e propria presa per i fondelli. Parlano di un piano per creare 100.000 posti di lavoro fra i giovani e i disoccupati di lunga data, quando ci sono più di 2.100.000 disoccupati di lunga data e 900.000 giovani con una percentuale di disoccupazione che supera il 42%. Posti di lavoro che saranno come quelli che dovevano essere creati dalla riforma del lavoro. Posti di lavoro che annunciano un ampliamento dei contratti a tempo determinato, o, che in fondo è la stessa cosa, lavori con salari miserevoli e sottoposti a un aumento vergognoso della flessibilità oraria, funzionale e geografica.
In quarto luogo, l’accordo affida all’UGT e CCOO il mantenimento della pace sociale e la de-mobilitazione della classe lavoratrice nonostante la riuscita dello sciopero generale del 27 gennaio, cercando di rallentare le risposte dei lavoratori di fronte ai nuovi e duri attacchi del patronato e del governo. È significativo che i dirigenti del CCOO e UGT abbiano annunciato la firma dell’accordo lo stesso giorno in cui si svolgevano scioperi generali in Galiza, Euskal Herria e nel resto del paese un’importante giornata di lotta e manifestazioni contro la riforma delle pensioni e il patto sociale.
Siamo davanti non a un “negoziato”, ma davanti alla capitolazione su tutti i fronti per sostenere il piano del FMI e dell’Unione Europea e cercare di rinsaldare un governo ogni giorno più screditato. Un Patto in cambio di soldi perché i dirigenti del CCOO e UGT conservino i propri privilegi e mantengano i piedi in loro apparati burocratici, spingendo verso la miseria milioni di lavoratori. CCOO e UGT consumano così il proprio ruolo di gendarmi del capitale e dei governi retti dal capitale, in cambio di privilegi e denaro per finanziare l’apparato burocratico.
Il patto sociale si consuma come se non bastasse con una frode antidemocratica che spoglia e mette a nudo il regime politico. I deputati che voteranno una legge tanto vergognosa, applicano a loro stessi dei criteri diversi: per i lavoratori, 38,5 anni di lavoro per una pensione di miseria, per lor signorie saranno sufficienti 7 anni per una pensione privilegiata sommata agli stipendi di ex presidente, asesori di multinazionali, etc.
Siamo davanti a un Patto politico, di “unità nazionale”, per sostenere Zapatero e difendere la politica economica e sociale di questo governo di banchieri e con questo facilitare i durissimi piani di aggiustamento dei bilanci che viene scaricati sulla classe lavoratrice a beneficio del capitale: tagli salariali e delle prestazioni sociali, riforma del mondo del lavoro che facilita il licenziamento,… aggiustamenti che tanto il governo Zapatero quanto un eventuale governo del Partito Popolare hanno intenzione di portare avanti.
Come andiamo denunciando da Corriente Roja, i banchieri, il patronato e la destra hanno talmente chiaro il ruolo del PSOE e di Zapatero, che di fronte alle statistiche che pronosticano un’ampia vittoria del PP, non alzano la voce per chiedere elezioni anticipate. È proprio il contrario: il PSOE deve portare a termine il lavoro sporco fino alla fine, allineandosi ai desideri di UE e FMI, lasciando il terreno spianato per Rajoy. Il patto ha un profondo significato politico, ufficializza il compromesso della burocrazia sindacale e dei Partiti parlamentari con il PP in testa, per sostenere il governo.
Anche i partiti che contestano il testo firmato, come IU(Izquierda Unida) o il PCE, si impegnano nel non criticare la direzione del CCOO-UGT e nel non muovere un solo dito contro la firma, iniziando con dequalificazione delle mobilitazioni del passato 27 gennaio. In fondo nessuno di questi partiti ha un’alternativa vera di fronte alla crisi economica che il governo sta affrontando. Nessuno è disposto a portare avanti misure apertamente anticapitaliste, a esigere che la crisi la paghino i capitalisti, a esigere l’espropriazione delle banche, a non pagare il debito, a ridurre la giornata lavorativa senza abbassare i salari, a garantire reddito per i disoccupati, a rompere con l’Unione Europea e l’FMI. Sono partiti di regime e di sistema, per questo motivo come nel Patto della Moncloa del 1977, quando vedono minacciata la propria esistenza, chiudono le file in un “grande accordo nazionale”.
Col patto CCOO e UGT e tutta la corte parlamentare sono convertiti in parte attiva e garanti dell’applicazione della politica del governo. Davanti a questo, la necessità urgente è di lavorare per affrontare con fermezza i piani di aggiustamento e gli attacchi ai diritti sociali e lavorativi, opponendosi e denunciando questo vergognoso patto e mettendo i più grandi sforzi per la costruzione di uno strumento di lotta, democratica e unitaria che permetta di unire le forze e superare gli ostacoli delle organizzazioni di regime.
Da Corriente Roja salutiamo gli sforzi del sindacalismo di classe alternativo che ha opposto al patto una intensa giornata di lotta del passato 27 gennaio. È necessario approfondire il cammino del 27 gennaio, cioè organizzare giornate di mobilitazione di stampo unitario e non venir meno all’impegno convocando nuove azioni di protesta prima che la legge venga approvata in parlamento.
Per tutto il sindacalismo di classe alternativo, per la CIG, la maggior parte del sindacalismo basco, CGT, Plataforma Hay que pararles los pies e molti altri gruppi simili si stanno consultando sulla sfida di approfondire l’unità raggiunta il 27 di gennaio. Per i settori dell’opposizione che sorgono dentro i sindacati maggiori, specie nella CCOO, la sfida è di non continuare a sostenere quegli apparati. Non possono continuare a mantenere ne economicamente ne sindacalmente questi dirigenti corrotti. Bisogna unire le forze attorno alle organizzazioni sindacali di classe e costruire insieme strumenti di lotta che pongano fine alla burocrazia sindacale.
Come Corriente Roja continuiamo a sostenere che se non sono i lavoratori a buttare giù questo governo con le mobilitazioni sarà il PP a prendere il suo posto con le elezioni. Se saranno le mobilitazioni operaie a buttare giù il governo, saremo un bastone fra le ruote per i piani dei banchieri e del FMI e chi verrà dopo Zapatero ci troverà nelle strade con più forza per affrontarli e loro con meno forza e legittimità sociale per applicare quei piani. Se saranno le mobilitazioni a mandare a casa questo governo, si sarà fatto un passo sul cammino dell’unica soluzione effettiva: imporre un piano di misure operaie per uscire dalla crisi e mettere le basi perché un governo dei lavoratori e dei settori popolari affronti faccia a faccia i banchieri e prenda nelle sue mani le redini dell’economia e del paese.
Di fronte al Patto sociale e alla consegna alla miseria, i lavoratori e i popoli di Tunisia e Egitto sono oggi l’esempio di quale è il cammino per tutta la classe lavoratrice del mondo
Corriente Roja
Traduzione a cura di Contropiano Bologna
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