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La Libia non è l’Egitto e non tutte le ribellioni sono rivoluzioni!

I rivoluzionari devono essere consci e attenti nel distinguere le diverse componenti di una rivoluzione rispetto a quelle delle rivolte. Non dobbiamo mai essere troppo rapidi a schierarsi o dimenticare la nostra storia e il ruolo e gli obiettivi dell’imperialismo che vanno oltre l’interesse della masse popolari. Ciò che abbiamo visto in Egitto, in Tunisia e oggi in Libia è un riflesso del continuo sviluppo della lotta di classe in Africa.

Il presidente Kwame Nkrumah ha fornito un’analisi ricca e completa nel suo libro ‘Lotta di Classe in Africa’ e mette le fondamenta politiche per capire ciò che ha e sta accadendo oggi. Egli ha giustamente dichiarato che il proletariato in Africa, anche se relativamente piccolo sarà la base per la costruzione di una rivoluzione socialista. Egli ha anche giustamente affermato che, anche se America ed Europa sono i due poli più industrializzati del mondo, la loro classe operaia è la più imborghesita, e quindi la più socialmente e politicamente arretrata.

 

Perché l’Occidente e l’Europa è così interessato alle ribellioni che si verificano in Nord Africa e Medio Oriente oggi?

Potrebbe essere per la questione petrolifera e per gli interessi imperialisti geo politici di continuare a dominare il mondo e soprattutto per salvaguardare l’alleato  imperialista più forte quale è Israele sionista? Questo è esattamente lo scopo delle potenze imperialiste nel sostenere queste ribellioni. Le economie imperialiste globali si basano sullo sfruttamento delle risorse naturali e umane dell’Africa, del Medio Oriente e dell’America Latina e di conseguenza la possibilità che le masse operaie soprattutto africane diventino socialiste porterebbe a un crollo totale dei mercati finanziari imperialisti, con la fine del benessere che garantisce la sicurezza e il sostegno anche da parte di Israele! Nonostante le ribellioni in Nord Africa stiano compiendo notevoli passi in avanti, ed abbiano ottenuto anche un parziale successo nella rimozione di burattini filo-imperialisti come Hosni Mubarak e il presidente tunisino Ben Ali, ad oggi non viene ancora garantito il totale smantellamento dei regimi feudali e neocolonialisti che continuano a detenere il potere. Nonostante l’ideologia imperialista e i suoi mezzi di comunicazione di massa tentino di far apparire un singolo leader come il male assoluto, sappiamo benissimo che i servi degli interessi neo coloniali di USA e Europa non stanno mai nelle mani di una sola persona. Le masse di lavoratori, donne, uomini e giovani devono comunque continuare a organizzarsi in una forza permanente per la ricostruzione socialista. Una volta, l’Egitto era una delle nazioni più anti-imperialiste in Africa. “Dai primi anni 20, le aree industrializzate dell’Africa come l’Egitto, il Sud Africa, l’Algeria, il Marocco e la Tunisia videro la costituzione di un forte movimento operaio che confluì poi nella creazione dei primi partiti comunisti del continente. Nel 1962, è stato stimato che l’Africa presso un minimo di 15 milioni di lavoratori industriali e questi lavoratori organizzati ebbero un ruolo significativo nello sviluppo dei movimenti di liberazione. ‘(Lotte di classe in Africa, pg 64) In Egitto, il presidente Gamal Abdul Nasser nel 1954 rappresentava le aspirazioni degli egiziani, degli africani e delle masse oppresse del mondo. Attraverso quello che fu chiamato “il socialismo arabo”, il governo di Nasser aveva sequestrato i terreni agricoli ai ricchi e ridistribuito la terra tra la gente. Ha nazionalizzato le banche e nel 1956 ha annunciato la nazionalizzazione del Canale di Suez. Israele sionista ha risposto con un attacco militare contro l’esercito egiziano, ma con la diplomazia Nasser è stato in grado di fare appello alle Nazioni Unite e ottenere il sostegno necessario per il ritiro di Israele, ma Israele non ha fatto marcia indietro e ha lanciato un altro attacco militare che è stato l’inizio della guerra dei 6 giorni. Anche se l’Egitto ha subito una perdita significativa in termini militari, ha maturato grande rispetto del mondo e tra le masse, che gli chiesero di non dimettersi e di rimanere in carica di fatto per altri 18 anni. La presenza dell’Egitto nel gruppo di Casablanca assieme a Kwame Nkrumah del Ghana, Seku Ture della Guinea, e Modibo Keita del Mali ha significato un posto in prima linea nella lotta per un’Africa unificata e socialista. Il presidente Nasser morì per un attacco di cuore il 28 settembre 1970 e fu salutato come uno dei più rispettati leader socialisti e antimperialisti che l’Africa avesse  mai avuto. Ma dal momento che la morte del presidente Nasser, la forza imperialista guidata da America e Israele è stata implacabile nello spingere i suoi piani per la dominazione geo politica di quella regione, dalla questione palestinese agli interessi sul Canale di Suez e alle varie questioni di Somalia, Sudan, Iran, Iraq e Afghanistan. Dall’altra parte, la Libia è stata per molti anni fermamente antimperialista, dal colpo di stato rivoluzionario nel 1969, quando il colonnello Gheddafi e quadri della Repubblica popolare ha creato l’attuale stato della Libia con la Jamahiriya (“Stato delle masse”), al potere . Mentre l’Egitto sfruttava la propria classe operaia fallendo nel tentativo di sviluppo del Paese e del suo popolo, arricchendo solo la sua élite e i suoi leader militari, la Libia rivoluzionaria alla sua nascita nel 1969 aveva nazionalizzato il petrolio ed ha utilizzato questa sua risorsa per lo sviluppo del paese. Il popolo libico ha beneficiato della ricchezza della sua nazione, in termini anche di istruzione pubblica, assistenza medica, abitazione e piena partecipazione a tutti gli aspetti della vita sociale. La Libia è il paese leader dell’Africa antimperialista ed ha sostenuto molti dei movimenti in tutta l’Africa e nel mondo.

La Libia ha avuto un percorso verso uno Stato socialista attraverso la Jamahiriya. L’Egitto ha continuato a sfruttare le sue masse scoraggiando qualsiasi formazione di collettivi di opposizione al di fuori dei suoi sindacati. Ha trattato la sua popolazione contadina come schiava, rendendo ricca la forza militare e di polizia e difendendo l’imperialismo e gli interessi sionisti.

La Libia invece, impegnata a far verde come la sua bandiera l’economia nazionale, ha lavorato allo sviluppo tecnologico del Paese e il popolo ne ha beneficiato. La vera battaglia per la Libia è stata contro i suoi nemici imperialisti e contro i cospiratori che hanno sempre tentato di rovesciare la rivoluzione del popolo. Sappiamo che i sionisti e i loro partner imperialisti continuano a tramare e cospirare per controllare sia la politica che l’economia del Nord Africa e del Medio Oriente.

 

C’è qualche dubbio perché Bengasi sia stata scelta come base di rivolta poiché l’industria del petrolio libico è controllato da quella regione?

La Libia come il resto dell’Africa deve proteggere le sue risorse e il suo popolo deve difenderle anche con la vita! Dobbiamo essere vigili di fronte alle tattiche imperialiste e alle loro macchinazioni per il dominio dell’Africa! L’All African People’s Party (partito rivoluzionario di tutto il popolo africano) ha mantenuto un forte rapporto con la Libia negli ultimi 30 anni e continuerà ad essere saldamente a sostegno del popolo libico e della rivoluzione della Jamahiriya. Grazie alla posizione rivoluzionaria della Libia a sostegno delle popolazioni africane e delle lotte indigene e alla sua posizione contro l’aggressione imperialista, è stato il AAPRP che in partnership con altri partiti Pan Africani e organizzazioni progressiste come la Nation of Islam e l’American Indian Movement, ha di fatto rotto il divieto contro i viaggi in Libia dal 1985 al 1990. La Libia è stata un partner attivo nella costruzione dei rapporti i movimenti dei popoli indigeni sostenendo le nostre strategie per la liberazione, l’unità e la solidarietà. La Libia ha ospitato decine di centinaia di conferenze in tutto il mondo e iniziative per la costruzione della solidarietà internazionale a favore dei popoli indigeni e delle lotte di liberazione. Leader dall’ Africa, dal Centro e Sud America come Daniel Ortega, Fidel Castro, Evo Morales e Hugo Chavez hanno tutti dato il loro appoggio rivoluzionario al popolo della Libia e al presidente Gheddafi. E per il suo essere antimperialista e per la sua presa di posizione socialista, ha pagato un prezzo pesante. Durante l’embargo economico e politico e l’isolamento, il popolo libico ha continuato a costruire la sua nazione e a sostenere le altre forze rivoluzionarie.

Il 15 aprile 1986 sotto l’amministrazione imperialista americana di Ronald Reagan, la Libia è stata bombardata in quella che hanno chiamato El Dorado Canyon, operazione che è stata presumibilmente la risposta ai bombardamenti di alcuni agenti libici ad  una discoteca tedesca. Naturalmente questo è stato un altro sotterfugio per avviare una risposta militare contro la nazione “orgogliosa” africana. Le bombe imperialiste hanno ucciso la figlia più piccola del presidente Gheddafi e ferì molti civili. Tutto ciò era l’ennesima provocazione senza alcuna fondatezza. Negli ultimi anni la Libia ha preso le sue difese, prendendo una posizione più conservativa al fine di scongiurare l’invasione militare dell’occidente, pur continuando a sostenere la liberazione dell’Africa e l’unità delle lotte per lo sviluppo del socialismo nel mondo. E ‘stato il presidente Gheddafi, che ha preso in mano l’appello del presidente Kwame Nkrumah per la costruzione degli Stati Uniti d’Africa. E ‘stato elemento chiave per la ristrutturazione dell’Unione africana. Il popolo libico è sempre stato pronto a lottare per la verità e per i valori rivoluzionari, e perciò sempre un obiettivo per l’aggressione imperialista. Se crediamo nella rivoluzione socialista e nella dialettica del materialismo storico, sappiamo che il popolo della Libia sopravvissuto a embarghi e a divieti, ai bombardamenti e alla ridicolizzazione da parte della stampa mondiale, è un popolo che ha costruito la loro nazione mattone su mattone e con il libro verde come loro guida, ispirato agli ideali rivoluzionari ideologici e politici, sappiamo che è un popolo che non sarà spazzato via dalla storia della democrazia occidentale. Il popolo libico affronterà le contraddizioni all’interno della sua nazione e porterà avanti la rivoluzione socialista.

 

Alcune posizioni politiche contro le masse in Tunisia o in Egitto e altre posizioni relative a questioni interne al movimento africano di liberazione possono anche mettere in discussione la leadership libica ma non dobbiamo “buttare via il bambino assieme all’acqua sporca”. Il popolo è il fondamento di tutte le rivoluzioni, e quindi, dobbiamo stare con la gente per portare avanti la rivoluzione di massa necessaria per garantire la loro esistenza. In presidente Nkrumah nel libro “Lotta di classe in Africa” scrive ancora: “il fondamento della rivoluzione si crea quando la struttura organica e le condizioni di una data società hanno suscitato un consenso di massa (o la sua insoddisfazione) e il suo desiderio di azioni positive per cambiare o trasformare quella società. La rivoluzione socialista è impossibile senza l’uso della forza. La violenza rivoluzionaria è una legge fondamentale in tutte le lotte rivoluzionarie.” Il viaggio per il socialismo non è semplice e chiaro e ha per certo un costo elevato. Il nemico non si arrende a meno che non sia forzato a farlo; il processo rivoluzionario richiede l’unità dell’organizzazione e la determinazione delle masse a mettere in ginocchio i nemici del popolo. Quello a cui aspiriamo richiede molto più di una ribellione. Sarà necessaria una massa ben organizzata che sappia lottare a lungo termine per la rivoluzione. I libici devono essere consapevoli che la loro indipendenza e la libertà non è sicura soprattutto in prospettiva di una democrazia alla occidentale, e devono resistere a qualsiasi tentativo di cambiare la loro politica. Solo loro possono impartire la lezione e noi crediamo che loro abbiano abbastanza esperienza per sapere chi sono i loro nemici. I libici devono anche sapere che fino a quando il resto dell’Africa non sarà liberata, unita e socialista, nessun territorio in Africa sarà sicuro.

 

Il nostro dovere è quello di sostenere le masse e favorire la loro piena partecipazione alla rivoluzione libica.

Dobbiamo anche opporci fermamente ad ogni tentativo di sanzionare la Libia e dichiarare apertamente che le potenze imperialiste devono restare fuori dall’Africa.  Assolutamente no a qualsiasi invasione militare! Questo è ciò che distingue una rivoluzione da una ribellione in Africa, l’impegno a liberare il continente da tutte le forme di imperialismo (colonialismo, neo-colonialismo e sionismo), a liberare le risorse dell’Africa per lo sviluppo della sua gente sotto un governo unitario che si muova a favore degli africani, contro ogni sfruttamento di nazione, classe e genere. Lanciamo un appello a tutte le organizzazioni panafricane, progressiste, le organizzazioni socialiste e per l umanità intera, di esprimere la loro opposizione a qualsiasi intervento militare. Organizzare manifestazioni di massa. Inviare comunicati stampa e far sapere al mondo che noi non staremo in silenzio mentre l’imperialista e la forza sionista orchestrano un’invasione militare o di sanzioni contro la Libia sotto la maschera della democrazia! Noi stiamo con la gente di Jamahiriya libica e ci assumiamo la piena responsabilità per la difesa della loro rivoluzione. Allo stesso tempo, dobbiamo essere vigili e tenere un occhio vigile su quello che succede in Tunisia e in Egitto, dove le forze imperialiste in Occidente stanno allungando le mani con la complicità dei media che danno notizia della Libia nascondendo ciò che avviene nelle altre aree dell’Africa. Giù le mani dall’Africa! Nessun intervento militare, no alle sanzioni economiche o politiche contro il popolo libico! L’Africa deve essere libera, unita e socialista. Siamo pronti per la rivoluzione

 

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